In tanti vorrebbero cambiare lavoro.
Non passa giorno che non arrivi l’ennesimo sondaggio che racconta quanto siamo insoddisfatti del nostro lavoro, quanto sono bassi i nostri stipendi e quanto poco apprezziamo i nostri capi e la nostra azienda. Che poi i sondaggi non servono. Basta fare due chiacchiere con partner, amici e parenti per sentirsi raccontare di ore e ore perse in inutili riunioni, straordinari non pagati, stress, lavoro da remoto negato e messaggi a qualsiasi ora.
«Non vengo pagato per quanto lavoro». «Comincio a non essere più così contento di andare a lavorare la mattina». «Mi sto guardando intorno, non ne posso più». «Con due bambine chi mi prende?». E potrei andare avanti per l’intera newsletter.
E allora, poiché questa è l’ultima edizione di Forzalavoro del 2024, ecco una lista delle cose che dovremmo chiedere nei colloqui del 2025 per provare a confezionarci quel lavoro che ci faccia almeno essere «contenti» al mattino.
Superminimo. Inutile negarlo, la prima variabile da considerare resta lo stipendio, seguito dalle prospettive di carriera (e relativi scatti retributivi). Non si sceglie un lavoro in cui si guadagna poco o non si viene valorizzati. Ma, in Italia, avere un contratto nazionale collettivo non basta. I contratti si rinnovano in ritardo, i minimi tabellari sono fermi al costo della vita di parecchi anni fa e gli scatti di anzianità spesso non bastano.
Quindi, nel 2025 potremmo negoziare un superminimo, un aumento rispetto allo stipendio minimo previsto dal contratto. Ne esistono di due tipi: quello «assorbibile» viene assorbito nel caso di un incremento della paga base del contratto (se il minimo aumenta di 100 euro, il superminimo diminuisce di 100 euro); quello «non assorbibile» resta invece fisso anche se aumentano i minimi. Ovviamente, il secondo tipo è preferibile.
Meglio ancora, sarebbe negoziare pure una paga fissa più una componente variabile legata ai risultati raggiunti o integrata da forme di welfare aziendale.
Contratti e contrattini. «È incredibile come si parli ovunque di legalità, poi basta entrare nel mercato del lavoro per imbattersi in forme diffuse di illegalità», mi ha detto un’insegnante qualche mese fa. Finte partite Iva, soldi fuori busta, falsi part time, straordinari e festivi non pagati e tanto tanto altro.
Il punto è che, a meno che non ci vengano offerte forme di lavoro autonomo molto ben pagate (e magari integrate con un pizzico di welfare), il caro vecchio contratto a tempo indeterminato resta l’ultimo baluardo, anche dei più giovani. E non perché si vuole il posto fisso a tutti i costi. È perché le banche lo chiedono quando si fa richiesta del mutuo, per dirne una. È perché chi non ha un contratto stabile ha molte meno tutele di chi ce l’ha. E per le donne questo vale il doppio.
Certo, le finte partite Iva non vengono invitate alle cene aziendali di Natale (sentito anche questo nella civilissima Milano). Ma non è detto che questo sia un male, ecco.
Flessibilità. La possibilità di avere qualche giorno per lavorare da remoto ormai è un plus irrinunciabile. Meglio ancora chiedere giornate flessibili per incastrare gli impegni privati con quelli lavorativi. Concordare risultati anziché ore trascorse con i piedi sotto la scrivania dell’ufficio è il benefit che non dovrebbe mancare nel 2025. Certo, non tutti i capi sono all’altezza di tanta lungimiranza. Tenetevi forti.
Più congedi per tutti. Chiedere un congedo di paternità più lungo rispetto ai dieci miseri giorni previsti dalla legge italiana sarebbe cosa buona e giusta. Così come chiedere congedi parentali facoltativi pagati di più, anche oltre i tre mesi previsti dalla nuova legge di bilancio. Il congedo parentale pubblico oggi è pagato per la maggior parte dei mesi al 30 per cento dello stipendio, mentre addirittura la Naspi (l’indennità di disoccupazione) è pagata meglio.
Fateci studiare. Chiamiamolo upskilling o formazione aziendale, ma avere un lavoro non dovrebbe fermare le possibilità di continuare a migliorare le proprie competenze e conoscenze di materie nuove, anche lontane dal core business aziendale.
Avere un percorso formativo aziendale o qualche bonus da spendere in corsi e master sarebbe una preziosissima remunerazione da negoziare durante il colloquio.
Organizziamoci bene. Infine, prima della stretta di mano e «le faremo sapere», bisognerebbe fare domande specifiche su mansioni, responsabilità e organizzazione del luogo di lavoro. Inutile farsi abbindolare da brochure su attività di team building e iniziative vaghe sulla diversity&inclusion, se poi si lavora senza orari, in condizioni di stress e con chiamate e messaggi continui.
E voi, che richieste vorreste fare nel primo colloquio del 2025?
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