Una recente analisi pubblicata dall’Inapp offre una panoramica interessante sul lavoro mediato dalle piattaforme digitali in Italia attraverso le preziose testimonianze dei diversi attori della gig economy. Il lavoro tramite piattaforma rappresenta una forma ibrida di impiego dove l’autonomia viene limitata dal controllo che gli algoritmi esercitano sui lavoratori. Si tratta di un settore frammentato e eterogeneo al cui interno possiamo trovare esperienze molto diverse tra loro.
Come rivela lo studio, la motivazione principale che spinge le persone a cercare lavoro attraverso le piattaforme digitali è soprattutto la promessa di flessibilità che, tuttavia, si declina in maniera diversa nei diversi settori produttivi. Ad esempio, un lavoratore che svolge la sua attività nel settore delle pulizie ha affermato che «ho trovato questo lavoro che mi ha permesso di scegliere gli orari in cui lavorare, la flessibilità mi ha permesso di dedicarmi alla famiglia». Mentre un rider assunto con contratto di lavoro subordinato è meno entusiasta: «Ho i turni che mi assegnano loro e non possiamo rinunciare alla consegna».
Le organizzazioni sindacali si sono trovate costrette a dover rincorrere questo tsunami digitale. Come candidamente ammesso dai rappresentanti dei lavoratori, infatti, «il fatto che un lavoratore sia intermediato da un soggetto digitale li allontana» dal sindacato e, inoltre, «a volte ci facciamo troppo forti del nostro passato, avendo 100 anni di storia, e siamo proiettati a vedere cosa siamo stati e non cosa potremmo essere». Nonostante queste criticità, i sindacati hanno dichiarato di voler rappresentare anche i lavoratori delle piattaforme digitali per ottenere, tra l’altro, una maggiore trasparenza degli algoritmi, maggiori tutele sociali e forme innovative di contrattazione collettiva.
Le testimonianze dei lavoratori e dei sindacalisti evidenziano la necessità di conciliare flessibilità e sicurezza, con l’obiettivo di ottenere un futuro dignitoso e inclusivo per il lavoro tramite piattaforma. Il controllo da parte di un algoritmo durante l’esecuzione della prestazione lavorativa deve essere regolamentato per evitare la creazione di un mercato del lavoro opaco e alienante. D’altra parte, come ha detto un rider «ne vedi di tutti i colori, ti trattano come se fossi un automa». Una critica da tenere a mente soprattutto quando, esausti dopo giorni di bagordi natalizi, decideremo di ordinare una cena leggera da consumare davanti alla tv.
*La newsletter “Labour Weekly. Una pillola di lavoro una volta alla settimana” è prodotta dallo studio legale Laward e curata dall’avvocato Alessio Amorelli. Linkiesta ne pubblica i contenuti ogni. Qui per iscriversi