Oggi quando si parla di turismo ci si riferisce a un settore ampio ed estremamente ramificato, che comprende esperienze anche diversissime: viaggi intorno al mondo, villeggiature famigliari, vacanze prenotate al volo e attraversate con spensieratezza, cammini intrapresi in solitaria.
Ciò che da alcuni anni accomuna sempre più i viaggiatori è l’interesse crescente per il comparto enogastronomico. Si tratta di una percezione diffusa che trova conferma nei dati diffusi lunedì 16 dicembre dal rapporto sul turismo enogastronomico in Italia, redatto, come da sette anni a questa parte, dal team di ricerca guidato da Roberta Garibaldi, docente all’Università di Bergamo e presidente dell’Associazione Italiana Turismo Enogastronomico, con il supporto di Visit Emilia e Valdichiana Living, il patrocinio di Federturismo, Fondazione Qualivita, Iter Vitis Les Chemins de la vigne en Europe, e la collaborazione dell’Università degli studi di Bergamo, Economics Living Lab e TheFork.
Il rapporto registra innanzitutto che il solo turismo enogastronomico nel 2023 ha avuto un impatto economico significativo, pari a 40,1 miliardi di euro, prodotti da fatturato diretto, indiretto e indotto. Alla base di questo fascino vi sono naturalmente i viaggiatori: quelli europei cercano innanzitutto esperienze che permettano loro di vivere a contatto con spazi naturali, ma in seconda posizione compare già l’interesse per attività connesse con l’enogastronomia, che compare al secondo posto anche per i turisti extraeuropei, per i quali in cima alla classifica si pone la curiosità verso la cultura e la storia locali. Pure tra gli italiani, che negli ultimi anni viaggiano meno, anche all’interno della penisola, cresce l’interesse per l’enogastronomia: il settanta per cento dichiara di aver svolto, negli ultimi tre anni, almeno una vacanza all’insegna della buona tavola, segnando un più dodici per cento rispetto al 2023.
E dunque dove si va? Cresce l’interesse per le mete minori, le spiagge meno battute, i paesi che compaiono di sfuggita sulle guide più sfogliate, nella speranza di trovarvi pace, serenità e magari un buon rapporto qualità-prezzo. Un’attrattiva, quella esercitata da borghi, che colpisce sia i turisti extraeuropei, in particolare gli asiatici, che gli italiani. Questi ultimi premiano soprattutto la Toscana, sia per le sue cittadine dall’estetica rinascimentale, che per fiorentina, pappa al pomodoro e lampredotto, che giustificano certamente un viaggio. Oltre che, naturalmente, un buon calice di Chianti o Brunello di Montalcino, perché i dati del rapporto sul turismo enogastronomico sottolineano che è proprio il comparto enologico a stimolare l’interesse degli italiani.
Ma cosa si intende esattamente per esperienza enogastronomica? Sicuramente una buona cena in un ristorante locale, che resta tra le attività più rappresentative, seppure in calo secondo le ricerche effettuate online dai potenziali turisti italiani nel 2024, mentre cresce l’importanza di momenti attivi, musei del gusto, tour e itinerari. L’idea generale è quella di poter scoprire i diversi territori attraverso le rispettive tipicità culinarie e vitivinicole, sperimentando dunque una conoscenza che stimoli più sensi, e in particolare gusto e olfatto. Un’idea che hanno compreso molto bene anche diversi produttori, che nel tempo hanno costruito un legame reciproco con il territorio che li circonda.
Un caso esemplificativo è quello dell’Arrogant Pub di Reggio Emilia, tra i migliori locali birrari d’Europa, fondato da Alessandro Belli e della sua compagna Elisa Migliari, che si sta impegnando nella valorizzazione dell’Appennino emiliano e di alcune sue peculiarità come i metati, casette in pietra, originariamente destinate all’essiccazione delle castagne, oggi abbandonati ma ancora ricchi di storie.
Se l’esperienza enogastronomica attira sempre più turisti è altrettanto vero che accade per ragioni molto diverse, che aiutano a identificare le diverse fasce a cui costoro appartengono. Secondo il rapporto i principali gruppi, o tribù, se vogliamo usare un linguaggio più antropologico, in cui si dividono oggi i turisti enogastronomici sono cinque: ricercatori, festaioli, intellettuali, figli dei fiori, edonisti. Potrebbero sembrare definizioni stereotipate, ma in realtà riassumono parametri molto utili agli addetti ai lavori che devono provare a riconoscere i propri target.
Ad esempio per i ricercatori, che rappresentano più del quarantadue per cento dei turisti enogastronomici, è essenziale che la scoperta alimentare coincida con l’immersione nella comunità locale, per questo prediligono agriturismi, bed and breakfast e visite ai luoghi di produzione.
Per i festaioli la musica è molto diversa. Si tratta del ventitré per cento dei viaggiatori e per loro il cibo è un’occasione per stare in compagnia e conoscere persone simili a loro, per questo scelgono esperienze in ristoranti e degustazioni.
Seguono gli intellettuali, che si aggirano intorno al diciannove per cento e trovano molti punti in comune con i ricercatori, rispetto ai quali però risultano più precisi e accurati nella ricerca di attività tradizionali e dalla forte connotazione storica. Insomma, non si muoverebbero mai privi di una guida certificata, un travel blogger di riferimento e l’abbonamento a tutti i musei del territorio.
I figli dei fiori sono ancora una minoranza, l’undici per cento, ma sono accompagnati da una buona eco mediatica, che promuove vacanze dedicate alla cura di sé, un sé che si divide equamente tra corpo e psiche. Per loro l’alimentazione è parte integrante di un percorso di rigenerazione e rinnovamento che trova massima espressione nei giorni di ferie.
Infine gli edonisti, che sono poco più del quattro per cento ma investono maggiormente rispetto ai loro compagni di viaggio in ristoranti di lusso, opportunità sperimentali ed esclusive.
In ogni caso, siano festaioli o intellettuali, buona parte dei turisti enogastronomici dichiara di essere stato influenzato nelle proprie scelte di viaggio da fonti digitali, che comprendono soprattutto social network, in primis Instagram, seguito da Facebook e YouTube, mentre per i giovanissimi TikTok è il social predominante anche in vacanza.
Il passaparola si mantiene comunque al primo posto tra le risorse a cui attingono i viaggiatori, per cui sentitevi liberi di continuare a raccontare i vostri pellegrinaggi ad amici e parenti, di collezionare i biglietti da visita dei ristorati che avete apprezzato o i souvenir gastronomici dei luoghi che vi hanno colpito. Siamo sicuri che saranno tutti più felici di venire ad assaggiare la forma di caciocavallo che avete acquistato durante l’ultimo tour, piuttosto che limitarsi a vederlo esposto nella vostra galleria online.