Quando arriva, arrivaLa vera storia del panettone moderno spiegata agli innamorati delle fette alveolate

È di nuovo quel periodo dell’anno in cui assaggiamo più panettoni possibili per raccontarvi come è cambiato nel tempo questo lievitato, che negli ultimi anni ha avuto un’evoluzione clamorosa

Il panettone di Andrea Tortora

Una volta c’erano solo i grandi maestri del lievitato, erano un paio, e si dividevano la corona con le loro creazioni ma soprattutto con una sorta di “scuola” di lievitazione, che portavano avanti negli anni e dava vita a una serie di allievi eletti, in grado di produrre una discreta quantità di panettoni artigianali, in vendita normalmente nelle loro pasticcerie. Era quel giusto mezzo tra industria e artigianato, con numeri piccoli e prodotti da pasticceria, curati e buoni, a prezzi alti ma abbordabili. Poi qualcosa ci è sfuggito di mano, e negli ultimi dieci anni i venerati maestri si sono moltiplicati, i lieviti madre hanno creato un’accademia (sic!) e il concorso del miglior panettone nell’universo ha figliato, costringendoci a fare slalom tra le decine di vincitori a qualsiasi latitudine.

Il panettone che prima era affare squisitamente milanese è diventato patrimonio dell’umanità, e oggi non c’è pasticceria che non si cimenta nell’impresa, e persino tanti chef hanno capito che sul lievitato c’è da fare bene, sottovalutando totalmente la complessità della produzione, gli spazi immensi che richiede e la gestione del tempo, che non è esattamente una banalità.

Questa invasione di prodotti artigianali ha modificato il mercato, ha reso desiderabile il panettone di “nome” e ha portato i prezzi a livelli impensabili fino a pochi anni fa, costruendo un indotto di corsi, di concorsi, di eventi, di premi, di ingredienti che hanno reso questo settore un nuovo comparto per le aziende dedicate: molini, aziende di canditi, ma anche aziende di burro e di uova hanno adeguato la produzione, aumentando sensibilmente la loro quota di mercato con prodotti sempre più ad hoc. Nel frattempo, alcuni dei grandi hanno capito che serviva una mossa di marketing significativa per far comprendere ai clienti la differenza tra un lievitato d’autore e uno normale, soprattutto per giustificare i prezzi al chilo che stavano esplodendo. Ecco che, all’interno di una manifestazione dedicata, spunta il disciplinare dei “Maestri” che demonizza qualunque conservante (anche quelli assolutamente innocui) e definisce a suo modo gli standard artigianali.

Il panettone dovrebbe quindi essere preparato, insacchettato e mangiato nel giro di un mese, perché di più non durerebbe senza i mono e digliceridi. Molti si adeguano, molti fingono, e molti sbagliano, perché questa è una diatriba senza grande senso ma nella sua semplicità – “senza” è sempre meglio, anche se non sappiamo cosa stiamo togliendo e perché – ha tanta presa sui consumatori.

Ma, al netto delle fazioni in lotta, ci sono dei pasticceri che hanno segnato la storia degli ultimi anni. Emmanuele Forcone, campione del mondo di pasticceria, più volte campione italiano e oggi formatore e consulente, è stato il primo a capire che questo lievitato aveva bisogno di essere svecchiato, che serviva una nuova ricetta e un nuovo modello, sistematizzando di fatto quel panettone “moderno” che oggi conosciamo, molto più alto, molto più alveolato, molto più morbido e burroso del dolce di tradizione che nasce invece basso, “panoso” e compatto.

Un altro tra i primi a rivoluzionare questo grande lievitato da festa è stato per certo Andrea Tortora: e se questo nome non vi dice nulla, è perché non frequentate l’ambiente dei pasticceri, nel quale invece questo ragazzo schivo e difficile da scalfire è un guru. Perché da quando ha iniziato a lavorare sul panettone, è diventato un riferimento assoluto per i colleghi, con produzioni che hanno di fatto cambiato i parametri classici, e hanno dato nuovi standard tecnici ma anche di gusto. Tantissima vaniglia, un po’ il suo marchio di fabbrica, tanta altezza, con una alveolatura (i “buchi” nell’impasto, sinonimo di lievitazione massiccia e di alta idratazione) importante e un sapore inconfondibile di burro. Tortora ha addirittura firmato una sua farina per panettone, con un’azienda molitoria mantovana.

Ma anche i laboratori medio grandi hanno contribuito a fare la differenza: e sicuramente il primo a capire che il panettone poteva essere un affare intrigante è stato Dario Loison, istrionico patron di un’azienda ormai solida che esporta in tutto il mondo, è stato pioniere dei panettoni con ingredienti ricercati, abbinamenti inconsueti, e grandissima attenzione al packaging, che è stato un riferimento per anni con i suoi incarti color pastello e le latte che diventano un regalo in sé, una volta finito il lievitato.

Poi sono arrivate le manifestazioni per il pubblico, da Re Panettone ai Maestri del Panettone, agli Artisti del Panettone e via così, ognuna con il suo concorso, ognuna in grado di muovere le persone, per scoprire ogni anno sempre più artigiani alle prese con questo lievitato natalizio. E per completare il quadro è arrivata anche l’accademia dei maestri del lievito madre, un’associazione che ha l’obiettivo di difendere, valorizzare, divulgare la produzione artigianale dei lievitati con il lievito madre, appunto, diventato nel tempo un must imprescindibile. Poi sono nate le tante varianti regionali, cittadine, che nelle settimane di Dicembre costellano ormai tutta l’Italia e portano alla ribalta tante realtà locali che hanno capito quanto fare un panettone cambi i conti, e sia occasione di visibilità.

E domani? Che ne sarà del panettone nei prossimi anni? Riusciremo a mantenere l’hype su questo prodotto di tradizione che dopo aver vissuto una rivoluzione ha assolutamente bisogno di stabilità e di disciplina? Dipenderà tutto dall’industria, che – quest’anno più che mai – ha cavalcato l’onda e ha scelto di cedere alle lusinghe del lievitato d’autore, di fatto deponendo le armi del proprio brand per decretare la superiorità, in termini di posizionamento, di uno chef con un grande seguito televisivo. Non basta più il marchio di fabbrica, serve il sigillo dello chef, e servono le sue ricette, che renderanno anche il panettone industriale qualcosa di cui vantarsi sulla tavola di Natale. E quando qualcosa che prima era nicchia, poi è diventato moda, diventa mainstream, è la fine della fase ascendente. Noi gourmet, nerd della pasticceria, dovremo trovare un nuovo dolce con cui baloccarci prima che diventi famoso.

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