ForzalavoroLa stanchezza del mercato italiano

Come un maratoneta vicino al muro dei trenta chilometri, appaiono grandi segni di stanchezza. Gli inattivi aumentano più degli occupati, soprattutto tra le donne. E la questione dei bassi salari rimane irrisolta, mentre aumenta la cassa integrazione

(Unsplash)

C’è una cosa che temono quelli che corrono la maratona: il cosiddetto «muro», quella sensazione di aver esaurito tutte le energie che di solito arriva dopo il trentesimo chilometro. Si sentono le gambe pesanti, ci si muove a malapena e si comincia a dubitare di riuscire ad arrivare al traguardo.

Ecco, il mercato del lavoro italiano, dopo lo sprint degli anni post pandemia, appare un po’ come un maratoneta stanco vicinissimo al «muro». Nonostante continui a guadagnare nuovi occupati (o nuovi chilometri), perde energia e lucidità a ogni passo.

L’ultimo comunicato Istat del 2024 sul lavoro, che però è riferito a ottobre, dice che gli occupati sono tornati a crescere dopo la frenata di settembre. Se ne contano 47mila in più in un mese, per un totale di 24 milioni 92mila occupati, il più alto da quando esistono le serie storiche. Diminuiscono anche i disoccupati di 58mila unità, calando di oltre mezzo milione (519mila) in un anno. Con la disoccupazione che scende al 5,8 per cento.

Non è più lo sprint da velocisti post-pandemia, certo, ma la maratona continua. Eppure ci sono almeno sei sintomi di affaticamento.

Uno. A ottobre il lavoro cresce solo tra i maschi. Gli occupati in un mese sono aumentati solo tra gli uomini (+49mila), mentre le donne perdono duemila posti di lavoro e sono stazionarie ormai da luglio 2024. Sintomo molto preoccupante in un Paese in cui il tasso di occupazione femminile, nonostante sia ai massimi, resta comunque il più basso d’Europa.

Due. Gli occupati crescono solo tra gli over 50, con sessantaseimila posti di lavoro in più tra i senior. Mentre si perdono novemila occupati tra i 25 e i 34 anni e diecimila tra 35 e 49 anni. Anche senza considerare l’invecchiamento della popolazione, gli occupati over 50 in un anno crescono del 2,2 per cento, a fronte del +0,4 per cento degli under 35 e del +0,1 per cento dei quarantenni.

Tre. L’aspetto più preoccupante, però, è che da mesi continuano a crescere gli inattivi, gli scoraggiati che un lavoro non ce l’hanno e smettono di cercarlo.

In un anno, a fronte di 363mila nuovi occupati, i nuovi inattivi sono 378mila. Gli inattivi totali, quindi, sono cresciuti più degli occupati.

E continuano ad aumentare soprattutto tra le donne: a fronte di 31mila disoccupate in meno, a ottobre ci sono 33mila inattive in più. In un anno, si contano 174mila nuove occupate e 233mila inattive in più.

Quattro. I contratti a tempo indeterminato continuano a crescere (+85mila), mentre crollano ancora i contratti a termine (-60mila). Nonostante la spinta del governo a renderli più semplici, depennando i paletti del decreto dignità, in un anno ci sono 212mila contratti a termine in meno a fronte di 449mila contratti permanenti in più.

In parallelo crescono gli autonomi: sono 21mila in più in un mese, 127mila in più in un anno, tornando vicini ai livelli pre-pandemia. Quanti di questi siano davvero autonomi e quanti siano contratti a termine non rinnovati che nascondono un lavoro da dipendenti sarebbe tutto da verificare, in un sistema che continua a favorire fiscalmente i rapporti autonomi.

Cinque. Mentre la produzione industriale cala, è tornata a crescere la cassa integrazione. Nei primi nove mesi del 2024 sono state autorizzate oltre 350milioni di ore di ammortizzatori sociali. Solo la cassa integrazione ordinaria conta un aumento del 30 per cento delle ore autorizzate.

Secondo il Report del centro studi dell’associazione Lavoro & Welfare sulla cassa integrazione, se si considerano le ore totali di Cig autorizzate equivalenti a posti di lavoro con lavoratori a zero ore, nel periodo gennaio-settembre 2024 «si può determinare un’assenza completa di attività produttiva per oltre 232mila lavoratori».

Sei. Resta poi la questione irrisolta dei bassi salari italiani, peggiorata con l’inflazione, rispetto alla quale non si muove nulla.

Mentre nella maratona di Francia e Spagna la quota dei salari reali è cresciuta rispetto al valore aggiunto totale, da noi invece è diminuita di un punto. La Francia ha alzato il salario minimo, trascinando in alto anche gli altri salari. La Spagna ha spinto i rinnovi contrattuali con accordi tra governo e parti sociali.

L’Italia non ha il salario minimo, i contratti nazionali in molti settori non tengono il passo con l’inflazione, la legge delega del governo per riformare la contrattazione sembra ormai dimenticata. E il taglio del cuneo fiscale sembra solo un palliativo che pesa sulle casse pubbliche.

Senza piano per il lavoro salariato, l’Itali «sembra essersi legata le mani», ha scritto Marco Leonardi.

Un maratoneta stanco, con le gambe pesanti come cemento e senza le scarpe buone per proseguire, che naviga a vista in mancanza di una strategia su come arrivare al traguardo in uno scenario sempre più complicato. Per giunta sempre più dopato di cassa integrazione. Prima del Covid, per ogni mille ore lavorate, le ore di cassa richieste erano dieci, ora il rapporto è di mille a quindici. Il muro è vicino.

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