La via di Damasco è un’autostrada che corre sul lato occidentale della Siria. Lungo il percorso si trova Hama, la città che gli insorti islamici guidati dal gruppo Hayat Tahrir al-Sham (HTS) hanno conquistato nella notte. Cinque giorni d’assedio culminati in una battaglia per un avamposto cruciale, una sfida potente al controllo del paese del leader Bashar al-Assad.
Le forze fedeli al presidente hanno quindi ceduto dopo giorni di aspri combattimenti, consentendo così l’ingresso nella città da Est. E nella notte, i rappresentanti delle milizie hanno dichiarato di aver «assunto il pieno controllo sulla città di Hama» e hanno invitato la polizia e le truppe governative presenti in città a disertare.
«Questa vittoria non porterà vendette, sarà, al contrario, una vittoria misericordiosa»: sono state queste le prime parole pronunciate dal leader di HTS, Abu Mohammed al-Jolani, in un messaggio alla popolazione di Hama.
Ostentando un controllo della situazione che non ha mai avuto, il ministero della difesa siriano Ali Abd Allah Ayyub ha negato che gli insorti fossero entrati ad Hama, definendo la barriera difensiva “inespugnabile”. Poi però, con i ribelli in marcia verso il centro della città i capi dell’esercito siriano hanno ammesso di aver ritirato i propri militari e redistribuito le forze armate «per preservare la vita dei civili e non coinvolgere la popolazione della città di Hama nei combattimenti sempre più diffusi».
Hama è già stata bersaglio di rivolte contro Assad nel 2011, oltre che di feroci battaglie quando le forze dell’opposizione avevano provato a prendere il controllo della città durante la guerra civile.
Ma questo centro nevralgico è anche il luogo del tristemente famoso massacro del 1982 , quando le forze fedeli all’ex presidente Hafez al-Assad avevano assediato la città per impedire una rivolta guidata dalle fazioni sunnite del suo stesso governo.
Questa volta l’attacco lanciato da HTS ha già portato Assad a perdere il controllo della seconda città più grande della Siria, Aleppo, unitamente a fasce del nord-ovest del territorio nazionale. E l’escalation è particolarmente preoccupante anche per un paese abituato a turbolenze come la Siria.
Le Nazioni Unite prospettano una nuova emergenza nello scacchiere mediorientale, dato che sono già più di 280.000 gli sfollati. E a questo punto si teme una forte crisi degli aiuti, con il segretario generale Antonio Guterres che ha ribadito l’urgente necessità di accesso dei civili a un sostegno umanitario immediato che allontani lo spettro della fame, dopo l’impennata dei prodotti alimentari nei supermercati.
Guterres ha sollecitato l’avvio di un dialogo politico sotto il monitoraggio delle Nazioni Unite per porre fine subito allo spargimento di sangue, e ha evidenziato come tutte le parti in conflitto sono tenuti a rispettare l’obbligo di proteggere i civili.