Fantasie e potereLa solidità di Giorgia Meloni e la variabile bizzosa di Capitan Salvini

L’ipotesi di una crisi di governo sembra più lontana che mai, ma a sinistra c’è chi spera in un leader leghista imbaldanzito dall’assoluzione e ingolosito dal ministero dell’Interno

Improvvisamente, nei giorni scorsi, prima Romano Prodi e poi Elly Schlein hanno evocato la possibilità di elezioni anticipate. Il Professore aveva spiegato: «Nella coalizione esistono tensioni molto forti. Meloni finora le ha gestite con abilità» ma non si può escludere che «se dovessero aggravarsi possano portare a tentazioni di elezioni anticipate».

Poi la segretaria del Pd aveva detto a Repubblica che «non è escluso» che si possa arrivare alle urne e, infatti, «il nostro obiettivo è far finire il prima possibile un governo che non fa bene al Paese».

Insomma, due personalità di questo calibro, a differenza di tutti gli osservatori, vedono la possibilità di un imprevisto showdown della legislatura, proprio in quello che pare il momento di massima forza del governo Meloni. Può trattarsi di legittima propaganda per rianimare una base della sinistra alquanto sfiduciata.

E poi è vero che potrebbero sempre pararsi sulla strada del governo inattesi ostacoli – il perdurare della stagnazione economica o il referendum che bocciasse l’autonomia differenziata – tali da mutare la scena politica. Tuttavia adesso la presidente del Consiglio, che vive una fase nella quale cresce a dismisura l’ego personale, non ha la benché minima volontà di ricorrere a elezioni anticipate magari, come ritiene qualche peone del suo partito, per accrescere ulteriormente la propria forza: ma chi si giocherebbe ai dadi una posizione di potere dominante come quella attuale di Giorgia Meloni?

Ecco perché la premier è molto cauta persino sulle ipotesi di rimpasto. Lo si è confermato quando dalla Lapponia ha escluso con un giro di parole («Sia io che Matteo Salvini siamo contenti dell’ottimo lavoro che sta facendo l’ottimo ministro dell’Interno») di consegnare il Viminale a Salvini, il quale ha scambiato l’assoluzione di Palermo per un incentivo a riprendersi la scena.

Ecco, semmai questo può essere il problema per la presidente del Consiglio: un Salvini imbaldanzito dalla sentenza su Open Arms può essere un Salvini politicamente famelico, bizzoso, esorbitante molto di più di quanto non lo sia stato negli ultimi tempi in cui aveva obiettivamente perso smalto e collezionato brutte figure su brutte figure, dai treni in ritardo alla inedita opposizione interna del senatore Massimiliano Romeo.

È probabile che da qui in avanti il capo leghista voglia fare il ministro dell’Interno ombra, dettando la linea dura sull’immigrazione e sulla sicurezza e anche assumendo, nella nuova fase internazionale che si sta per aprire, il ruolo di “putiniano d’Italia”, mentre Giorgia (che ieri in Lapponia ha usato toni duri contro la Russia) fa la rappresentante di Donald Trump.

Nei prossimi mesi dunque la partita da seguire è questa. Non diciamo troppo semplicemente Meloni contro Salvini: però è lui, il leader leghista tornato Capitano, il granello di sabbia che potrebbe far saltare l’ingranaggio del governo nero.

X