Che il governo e la maggioranza facciano quadrato attorno a Matteo Salvini è ovvio. Al punto, abbastanza sgrammaticato istituzionalmente, che Giorgia Meloni ieri gli ha espresso solidarietà in pieno Parlamento, e la cosa potrebbe leggersi come una indebita pressione sui giudici palermitani alla vigilia della sentenza prevista per domani. Il vice presidente del Consiglio rischia fino a sei anni per il reato di sequestro di persona. I fatti risalgono all’agosto 2019, quando Salvini impedì per diciannove giorni lo sbarco di centoquarantasette persone, tra cui minori, soccorse dalla Ong Open Arms nel corso di tre salvataggi. Se l’allora ministro dell’Interno del governo Conte 1 verrà condannato aspettiamoci di tutto. Sarebbe una bomba.
L’impressione – come ha già scritto Linkiesta – è che il mondo politico tema gli effetti della deflagrazione, al momento non valutabili, e che alla fine sarebbe meglio un po’ per tutti se la sentenza fosse di assoluzione. In caso contrario, il Partito democratico, Alleanza Verdi e Sinistra e Movimento 5 stelle chiederebbero le dimissioni del vice presidente del Consiglio perché la sua posizione sarebbe insostenibile dal punto di vista strettamente politico, non giuridico, trattandosi di una sentenza di primo grado.
Sarebbe difficile farne una battaglia campale, anche per l’obiettiva impossibilità di vincerla: Salvini già ha fatto sapere che non mollerebbe e, come detto, la presidente del Consiglio è pronta a coprirlo magari innescando una nuova guerra ad alta intensità contro la magistratura «comunista» che si pone «contro gli italiani», come ha rudemente affermato ieri il vicesegretario della Lega Andrea Crippa: «Un’eventuale condanna sarebbe un fatto gravissimo, una condanna all’intero popolo italiano, al Parlamento e quindi al governo eletto direttamente dai cittadini. Tutto il partito è al fianco del suo leader ed è pronto alla mobilitazione in caso di condanna».
Ormai la coincidenza tra popolo e governo, tipica dei regimi, non è più solo teorizzata da Giorgia Meloni: se Palermo condanna Salvini condanna l’Italia, quindi l’Italia reagirà, e così siamo al preannuncio della sommossa anti-istituzionale aizzata dal governo, il famoso «sovversivismo delle classi dirigenti» teorizzato da Antonio Gramsci. Le opposizioni si troverebbero in mezzo a questo scontro istituzionale senza rinunciare a brandire una sentenza come una clava politica. Un film tristemente già visto e mai foriero di successo politico.
Molto dipenderà dai toni. Elly Schlein farebbe male a esasperare la sua richiesta di dimissioni se vuole evitare l’accusa di usare le sentenze come scorciatoie politiche. E probabilmente non lo farà non solo e non tanto in ossequio al fatto che si tratta di una sentenza di primo grado quanto per non inasprire i rapporti con quel Giuseppe Conte che con Salvini all’epoca dei fatti condivise la politica sull’immigrazione del suo ministro dell’Interno, era l’era gialloverde.
Come ha detto Salvini al “Giornale” «sono penosi i vuoti di memoria di Conte e Toninelli, per giudicare la cui statura umana non occorre scomodare Sciascia…». Se viceversa il vicepresidente del Consiglio sarà assolto sarà un successo per lui e la sua politica anti-immigrati. E dunque anche un po’ per Conte. Il Pd resterebbe con un palmo di naso, ma forse è il male minore.