Facilmente comfortIl gastro-pub, quella giusta misura che mette d’accordo tutti

Sempre più accattivanti, con piatti elaborati e interni d’autore, questi indirizzi stanno diventando i protagonisti di una nuova socialità gastronomica

In Italia, nella stragrande maggioranza dei casi, non siamo in grado di concepire un modello di pub che sia qualcosa di diverso dal ritrovo calcistico, i pavimenti appiccicosi, l’ambiente prevalentemente maschile e l’odore della birra abbandonata. In altri Paesi, a partire da Gran Bretagna, Irlanda, Belgio, Olanda, Germania e diversi Paesi del Nord Europa, vige un vero e proprio culto del pub. Vi sarà forse capitato di ritrovarvi nella city della capitale britannica e vedere, a partire dalle 17.30 circa per le successive due ore, gruppi di impiegati in giacca e cravatta concedersi pinte di Pilsner ghiacciata.

Volentieri all’aperto, nonostante un clima spesso rigido anche nelle stagioni intermedie. Il pub è quella costruzione che nonostante un’architettura di grattacieli e palazzi di vetro, nonostante la tipologia di quartiere, la posizione o l’etnia prevalente, trova sempre e comunque una sua collocazione. Un grande bancone pieno di spine, tavoli e sedie in legno, graziose aiuole di fiori – dai gerani alle primule – e un odore intenso di fritto o di carne stufata. Questo è all’incirca lo stereotipo comunemente ritratto in fotografia del pub perfetto, annunciato in genere da un’insegna anch’essa in legno, appesa ben visibile all’ingresso.

Alle pareti si sprecano le decorazioni, dai quadretti vintage alle foto d’epoca, dall’oggettistica connessa al mondo dello sport e dei giochi da tavolo alle classiche lavagne. Qui viene scritto il menu della cucina, le birre del mese e gli special del giorno. Anche all’estero ci si rifugia nei pub per vedere partite di calcio, rugby o football americano ma senza un’auto-ghettizzazione specifica come quella che si è invece insediata in Italia. In Inghilterra, per certi versi, il pub funziona un po’ come un nostro bar con caffetteria. Un indirizzo aperto tutto il giorno, dove mangiare qualcosa di semplice, lavorare, ritrovarsi con amici senza pretese.

Il pub è il luogo conviviale per eccellenza, la cui natura si è evoluta nel corso della storia dalle antiche taverne in cui i viaggiatori trovavano ristoro per arrivare ad anni più recenti in cui l’offerta – così come il decoro – si sono progressivamente evoluti. Qui si riceve in genere un servizio discreto, senza fronzoli, dove al personale di sala non sono richieste specifiche competenze e nel complesso il rapporto qualità prezzo è favorevole.

Da almeno vent’anni – sempre all’estero, mai in Italia – alla definizione più semplice di questi indirizzi si è aggiunta una parola breve ma determinante per la loro classificazione. A partire dagli anni 2000 infatti si è iniziato a parlare di gastro-pub, un’evoluzione rispetto al modello originale dove a fare da protagonista è senza ombra di dubbio una proposta gastronomica più articolata. Senza contare quegli indirizzi che sono diventati realmente gourmet, spesso addirittura destination in quanto fuori dal centro urbano, immersi nella campagna e talvolta anche con camere in cui sostare (pensiamo a Pentonbridge Inn, al confine con la Scozia, al Nut Tree In nell’Oxfordshire o al Fordwich Arms vicino a Canterbury).

La dining room del Pentonbridge Inn

Il gastro-pub per sua definizione è anche un indirizzo più curato dal punto di vista degli interni, degli arredi e delle luci. La mise en place esiste per quanto essenziale e sono numerose le situazioni dove un unico locale si sviluppa – con due anime diverse – su due piani. Il livello strada, che in genere resta più caciarone, informale, sporadicamente goaliardico e accessibile anche ai walk-in, ovvero senza prenotazione. In alternativa,  il piano superiore offre volendo un’atmosfera più chic, riservata un’affluenza più rarefatta. La proposta gastronomica non è necessariamente diversa e anzi, a seconda della compagnia e della situazione è il contesto a fare da reale spartiacque più che una ricetta. Il gastro-pub non perde di originalità e tradizione rispetto al pub vecchio stile, tanto da creare una tensione positiva e un reale interessante per quel che riguarda la possibilità di mangiarvi per una cena qualunque, così come per un’occasione speciale.

Quasi tutti gli indirizzi che propongono una cucina che va oltre il bar snack offrono anche il Sunday Roast, ovvero il tipico menu domenicale che prevede, tra gli altri must have, l’arrosto di carne (agnello, manzo, vitello), patate arrosto, il classico Yorkshire pudding, verdure al vapore e salsa gravy. Negli anni più recenti, con l’esplosione della gastronomia mondiale, il livello di elaborazione del gastro-pub si è evoluto ulteriormente, arrivando persino a perdere vagamente il focus originario, impreziosendosi troppo e alzando di molto i prezzi. Tuttavia, rimane un modello unico per la cultura anglosassone e difficilmente replicabile con lo stesso garbo ed equilibrio in altri Paesi europei.

Courtesy – The Wells Tavern – London

Là dove questo modello è forte è chiaro come il gastro-pub stia contribuendo a riscrivere il concetto di casual (e talvolta fine) dining. Il cavolo stufato con la salsiccia di maiale alla griglia è soppiantato dal tris di salsicce di animali diversi, con differenti frollature, pur sempre grigliate e servite con un purè cremoso (mashed potatoes) e il tocco raffinato di un ristretto di vino rosso. L’hamburger tradizionale è stato sostituito con soffici e burrosi bun artigianali, carne selezionata, cheddar invecchiato e salse maison. La classica bistecca esiste ancora ma è accompagnata da produttori specifici, aree di provenienza diversificate e frollature ponderate. Arrivano selvaggina, crudi, tataki, si lasciano da parte momentaneamente gli affumicati e gli inscatolati a favore di ricette più legate alla disponibilità di mercato, al fresco stagionale e alla contaminazione culturale. Un modello che potrebbe funzionare in Italia? Come tutti i nuovi progetti, se fatto con un pensiero ben fondato, qualità tangibile e prezzi coerenti, siamo assolutamente convinti che sì, potrebbe piacere a tanti italiani.

Courtesy immagine in evidenza Lisa Baker – Unsplash

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