Ritrovare in Europa i luoghi degli ebrei implica un percorso geografico strettamente intrecciato con quello cronologico. Gli ebrei infatti non sono presenti ovunque nello stesso periodo storico. Se fin dal I secolo d.C. l’Italia è la culla dell’ebraismo diasporico, la Polonia, ad esempio, che nel XX secolo conterà il maggior numero di ebrei, comincia a conoscere una significativa presenza ebraica solo nel XVI secolo. A questo si aggiungono le espulsioni fra XIII e XVII secolo (Inghilterra, Francia, penisola iberica, Italia spagnola, parte della Germania) e i successivi ristabilimenti che complicano ulteriormente il quadro geografico e cronologico. È una cartina in movimento, in cui in ogni luogo alle presenze, anche fitte, possono seguire secoli e secoli di assenze.
I luoghi, regioni e città, che abbiamo scelto per ogni periodo, corrispondono al momento in cui la presenza ebraica vi è stata più importante e significativa, tanto da assumere un valore simbolico. Questo non toglie che essa non possa aver avuto già precedentemente una lunga storia, e che ne abbia avuto una altrettanto significativa nei secoli successivi, a cui faremo comunque riferimento. Per fare solo un esempio, si è scelta Toledo come sede nel XII secolo di uno straordinario incontro fra culture, ma l’origine della presenza ebraica in Spagna è molto più antica e la stessa Toledo ha avuto nel primo Medioevo, come sede di importanti concili ecclesiastici, un rilievo molto grande per tutta la storia degli ebrei.
Lo stesso si può dire, per fare un altro esempio, di Praga. Nelle pagine che seguono si parlerà della Praga magica del Cinquecento, quella in cui alla corte dell’imperatore Rodolfo II si raduna la cultura più importante, ma anche più eterodossa d’Europa, mentre poco si dice dell’importante storia di Praga sotto l’occupazione nazista. Ma si sarebbe anche potuto fare l’opposto, partire dalla Shoah a Praga per fare la lunga storia della presenza degli ebrei nella città. Di qui il focus sul periodo che abbiamo considerato più significativo, pur consapevoli che altri, altrettanto significativi, se ne sarebbero potuti scegliere.
Ci sono in tal modo di procedere intrecciando spazio e tempo dei vuoti che questo approccio rende particolarmente visibili. Ma i vuoti dipendono anche dalla mancanza di documentazione. E infatti, man mano che si procede nel tempo, i luoghi significativi si moltiplicano. I secoli fra il XVI e il XX, tanto importanti e documentati nella storia ebraica, sono più rappresentati dei secoli dell’alto Medioevo, di cui sappiamo molto di meno
Naturalmente, diverse sono le scelte che si sarebbero potute fare, tanto da rendere il libro diverso. Questo dipende, infatti, dalle opzioni storiografiche di chi lo ha scritto, dall’immagine del mondo ebraico europeo che ha voluto dare. Il mio intento non era quello di raccontare principalmente i luoghi del pensiero ebraico, ma quelli degli ebrei, della loro storia. Una storia sempre intrecciata con quella del mondo di cui facevano parte, entro cui vivevano, minoranza di volta in volta accettata o respinta e perseguitata. Questi luoghi tanto significativi della loro presenza in Europa sono così anche quelli che più ci mostrano gli incontri fra la loro presenza e la maggioranza all’interno della quale vivono, raccontandoci una storia che è anche, almeno in parte, non solo quella degli ebrei d’Europa ma quella dell’Europa tutta.
Questa storia è quella di una diaspora, una dispersione. Una diaspora vista dagli ebrei come un esilio, e più tardi dai cristiani come una punizione divina per non aver riconosciuto in Cristo il Messia. Ma quanto è ricco questo esilio, e quante ricchezze sparge nel mondo di cui entra a far parte – piccola minoranza entro una maggioranza ben più vasta e omogenea!
In questo esilio gli ebrei si sarebbero sparpagliati nei secoli per gran parte dell’Europa, creando insediamenti, culture, storia, influenzando il mondo intorno a loro ed essendone a loro volta influenzati. Parlando ora in ebraico ora nella lingua della maggioranza cristiana intorno a loro. Chiusi nei ghetti o liberi nelle più antiche giudecche, radicati o in costante movimento, esiliati da molti paesi, o spinti con la forza alla conversione in altri. Perseguitati in tanti casi, in tranquilla convivenza in altri. E se Gerusalemme, ancor prima di quel 70 d.C. e della distruzione del suo Tempio, ne è il punto di partenza simbolico, nel corso dei secoli la diaspora si estenderà ovunque, tra insediamenti ed espulsioni, persecuzioni, radicamenti, integrazioni. E quando, duemila anni dopo, gli ebrei ritornano in quella terra da cui erano partiti, non sono tutti quelli che l’avevano lasciata. La diaspora non muore, nonostante la distruzione nazista, nonostante la nascita di uno Stato degli ebrei. Ma resta viva, come viva resta la storia della sua presenza in Europa, parte integrante della storia europea come della sua cultura.
Tratto da “Le vie degli ebrei”, di Anna Foa, il Mulino, pagine 184, 15 euro