Nessuno si salva da soloIl mito tossico del “net-zero hero” alimentato dall’industria fossile

Secondo un autorevole studio australiano, le strategie comunicative delle aziende energetiche illudono i cittadini di poter fare la differenza tramite piccole azioni quotidiane. A lungo andare, però, l’assenza di un supporto istituzionale può generare impotenza, frustrazione e disimpegno nei consumatori

Il net-zero hero secondo ChatGPT

Dalla newsletter settimanale di Greenkiesta (ci si iscrive qui) – Oggi questa newsletter festeggia il suo primo anno di vita. È l’occasione giusta per dirvi grazie. Grazie per leggerla attentamente tutti i mercoledì o per aprirla sporadicamente; grazie per inoltrarla agli appassionati di questi temi o per consigliarla a chi non si è mai interessato all’ecologia, tantomeno al clima e alla mobilità urbana. La speranza è quella di aver centrato – e di continuare a centrare – l’obiettivo dichiarato nel gennaio 2024: dimostrare che l’ambiente non è giardinaggio, ma un argomento che tocca tutti gli angoli della nostra società, una lente per analizzare i grandi cambiamenti della modernità. 

Curare e scrivere una newsletter così corposa ogni settimana è un esercizio appagante, in grado di mettere a fuoco le sfide e le complessità del lavoro giornalistico. Una su tutte, per chi tratta i temi “verdi”, comunicare l’equilibrio tra responsabilità individuale e responsabilità collettiva dei “potenti”, ossia governi, grandi aziende e organizzazioni sovranazionali. Dovremmo tutti ridurre la nostra impronta carbonica e scatenare un effetto emulazione che può solo avere riscontri positivi: usare la bici o il trasporto pubblico locale, installare dei pannelli solari, mangiare meno carne (o non mangiarla proprio), non sprecare acqua, prendere un treno in più e un aereo in meno. 

Ma la mitigazione climatica e l’adattamento a questo nuovo mondo fanno parte di una sfida industriale, sociale e ambientale innescata e orchestrata dall’alto. Che ci piaccia o no, quasi tutte le nostre scelte quotidiane – soprattutto in termini di comportamenti d’acquisto – sono il risultato di errori o virtuosismi politici e industriali. Esserne consapevoli è il primo passo anche per cogliere le falle del paradigma dominante e muoversi, alternativamente, di conseguenza. 

È tutto lineare solo in superficie, anche perché le aziende del fossile – principali responsabili del cambiamento climatico (spoiler: no, non è colpa tua che non hai la borraccia e non ti sei ancora convertito al bagnoschiuma solido) – continuano ad alimentare la narrazione tossica del net-zero hero, responsabilizzando in maniera controproducente il singolo e nascondendo i passi falsi dei settori climaticamente più impattanti. A parlarne è stata una ricerca che nei Paesi anglosassoni ha avuto un gran successo ma che in Italia, guarda caso, è passata sottotraccia.

Condotto dall’università di Sydney e pubblicato sul Journal of Public Policy & Marketing, lo studio ha un titolo piuttosto emblematico: “Responsibilizing the net-zero Hero? Creation and Implications of a tragic subject position”. Gli esperti definiscono «tragica» la tendenza delle aziende energetiche di far credere, attraverso dichiarazioni pubbliche e comunicati stampa, che i singoli individui possano realmente fare la differenza attraverso piccole azioni quotidiane. E con «fare la differenza» intendiamo contribuire concretamente alla risoluzione del problema globale e pervasivo per eccellenza. 

Succedeva anche negli anni Settanta, quando le aziende produttrici di bibite zuccherate promuovevano il riciclaggio per scaricare l’onere dello smaltimento dei rifiuti sui consumatori. Oggi questa tattica è cavalcata soprattutto dagli operatori del comparto energetico, ossia il settore a cui è attribuita la fetta più grande delle emissioni di gas serra. Secondo i ricercatori, queste imprese promuovono comportamenti come «lo spegnimento degli elettrodomestici non necessari e l’aggiornamento a quelli più efficienti», definendo queste pratiche «cruciali» verso obiettivi più ampi di riduzione delle emissioni. Si tratta di una strategia comunicativa che minimizza o nasconde il ruolo significativo del settore energetico nella lotta al riscaldamento globale: senza un cambio di passo da parte di queste aziende, insomma, è difficile progredire. 

Lo studio si è concentrato sul mercato australiano, che presenta analogie e differenze rispetto a quello europeo. L’idea di partenza era semplice: analizzare report, note e articoli pubblicati online tra il 2015 e il 2022 dai quarantaquattro operatori energetici del Paese, cercando di capire l’impatto della «narrazione dominante» sulle azioni concrete dei consumatori. A capo del progetto c’era Tom van Laer, professore di Marketing all’università di Sydney e leader della classifica di SciVal – piattaforma dell’editore Elsevier – sui cento ricercatori più citati per il dominio a cui appartiene lo studio (“come la narrazione e la finzione influenzano le azioni e le decisioni delle persone”).

Secondo Tom van Laer, le aziende energetiche – volontariamente o meno – creano degli eserciti di «guerrieri del clima» che inizialmente si sentono motivati e guidati da valori solidi; a lungo andare, però, l’assenza di leggi adeguate, politiche aziendali e incentivi governativi può generare impotenza, frustrazione e disimpegno nei consumatori. Che è esattamente ciò che vuole l’industria fossile. Si crea quindi un effetto boomerang. Senza un supporto istituzionale ci si sente tutti più soli in balìa di una tempesta troppo violenta. 

Il mito del net-zero hero ricalca il modello di società individualista in cui siamo immersi; è contrario a ogni senso di comunità e si fonda sull’illusione di poter fare la differenza nel nostro orticello, senza condividere obiettivi, paure e conoscenze. Tutto il contrario dei movimenti per il clima, che negli ultimi sei-sette anni hanno spinto i temi “verdi” ai vertici del dibattito pubblico senza inondare i cittadini di responsabilità e sensi di colpa, ma puntando il dito verso chi ha il potere e i soldi per invertire la tendenza.

Se proprio vogliamo parlare di responsabilità individuale, forse dovremmo iniziare a dare un peso maggiore alle X che facciamo in cabina elettorale. Il net-zero hero è poi un modello che funziona perfettamente sui social, terreno fertile per le armi di distrazione di massa: uno studio americano pubblicato su Plos Climate ha rilevato forme simili di «ostruzione climatica» messe in campo su X, l’ex Twitter, dalle aziende statunitensi dei settori della plastica, del petrolio e dei fertilizzanti. 

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Ovviamente il senso della ricerca australiana non è disincentivare l’azione individuale, che resta rilevante e sempre apprezzabile (anche per un discorso etico), ma contestualizzare gli sforzi che facciamo quotidianamente. Nel suo Global risk report del 2024 (vedi immagine qui sopra), il World economic forum ha messo in fila i rischi più gravi per la nostra società. Nel giro di due anni, al primo posto troveremo la disinformazione, seguita dagli eventi meteorologici estremi e dalla polarizzazione sociale; nel giro di dieci anni, le quattro minacce più grandi saranno tutte di carattere ambientale. Questo è probabilmente il futuro che ci attende. Nascondere la testa sotto la sabbia, omettendo le vere cause di questa crisi, non è mai stato così pericoloso. 

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