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A Brescia, tra le vie del centro storico, un palazzo del Duecento parla il linguaggio della contemporaneità. È Palazzo Monti, centro culturale voluto dal collezionista e curatore Edoardo Monti. Qui, dove si inanellano storie di famiglia e affreschi neoclassici riempiono i saloni, c’è spazio per la pittura, la fotografia, la scultura, il design e molto altro. Con più di 250 creativi accolti tra le sue mura, il Palazzo, “rinato” nel 2017 come residenza d’artista, è oggi un incubatore di talenti, un laboratorio dinamico che ha visto succedersi uno dopo l’altro progetti e riflessioni. Tra questi un posto speciale lo occupa Design Gap. Il suo ideatore, Luca Cremona, già design advisor di Palazzo Monti, racconta che il progetto ha avuto inizio lo scorso aprile, ma era da un po’ che se ne parlava all’interno del Palazzo. «Con Design Gap si voleva ragionare sull’impatto del design contemporaneo, su cosa questo crea oggi e sulla possibilità che i giovani creativi possano farne parte», ricorda. L’intento è «creare uno spazio di dialogo e sperimentazione», dando a quei creativi – che spesso faticano a interfacciarsi con realtà imprenditoriali – l’opportunità di entrare in contatto e lavorare con un’azienda del territorio.
Frutto di questa ricerca è la collaborazione tra il designer Guglielmo Brambilla e Almag, azienda bresciana di barre in ottone con una collezione d’arte pubblica al suo interno. Selezionato per quella sorta di affinità elettiva al processo che si voleva innescare, Brambilla ha esperienza nel campo degli arredi, dei complementi, dell’illuminazione e delle installazioni, avendo lavorato per designer come Nicholai Wiig-Hansen, Philippe Malouin e Bethan Laura Wood. Non solo: Brambilla è affascinato dalla cultura materiale, dal potere narrativo degli oggetti e dai rituali a essi collegati. Crede nell’importanza delle tradizioni, ma anche nella necessità di ricontestualizzarle attraverso l’introduzione di nuovi artefatti e abitudini. Questo approccio ben si sposa, secondo Cremona, con la finalità del progetto, che è quella di «generare una macchina più che un oggetto finito, ovvero una serie di dialoghi per ragionare su cos’è e cosa potrebbe diventare il design».
La sostenibilità, corre a precisare, riguarda soprattutto le relazioni e la possibilità di «rigenerare il territorio bresciano, fatto da grandi artigiani e grandissime aziende, attraverso il confronto con giovani creativi in grado di apportare cambiamento nel processo produttivo». L’utilizzo di materiali di scarto gioca qui un ruolo fondamentale insieme al coinvolgimento degli stessi dipendenti dell’azienda. «Spesso si tende a non renderli partecipi del processo», spiega Cremona. «Ecco perché con Guglielmo è nata l’idea di creare un manuale per i dipendenti, ovvero uno strumento che permetta loro di creare degli oggetti partendo dal materiale archiviato in azienda».
C’è, alla base dell’iniziativa, la consapevolezza che il design affronta oggi delle sfide cruciali riguardo al futuro della produzione. Per rispondere a queste sfide, Design Gap vuole promuovere una cultura del progetto più collaborativa e responsabile che, anziché concentrarsi sul prodotto finale e sulle tendenze del momento, coinvolga artigiani, aziende e comunità locali, stabilendo tra loro un dialogo aperto e accessibile. «Dalla progettazione partecipata sono nati alcuni vasi, e altri sono in produzione in questo momento», racconta Cremona. «I dipendenti ci hanno fornito i loro materiali di scarto e noi abbiamo assemblato e progettato i vasi insieme».
Dalla collaborazione tra Guglielmo Brambilla e Almag sono nati così degli spunti su come utilizzare le risorse presenti in azienda, un abbecedario di possibili oggetti che potrebbero un giorno formare una collezione. «È un processo iniziato con Guglielmo, poi nei prossimi mesi avremo altri designer in residenza che potranno inserirsi in questo grande tavolo di dialogo», continua Cremona. L’obiettivo è innescare un cambiamento nella mentalità, cominciando con il produrre interesse per quello che l’azienda e lo stesso design potrebbero fare. «Un po’ come facevano i maestri di design con le aziende-icona: sperimentavano, con la possibilità di sfruttare le risorse a loro disposizione». L’idea è anche di lavorare con designer italiani e aziende non ancora inserite in un preciso settore, per creare vie di produzione alternative. Del resto, dalla sua fondazione, Palazzo Monti ha aperto nuove strade, dal lavorare con i bambini e l’università fino a quest’ultimo progetto, Design Gap, che promuove innovazione e crea valore aggiunto per l’azienda, i dipendenti e il territorio.