Dalla leggendaria Saltafoss alle gravel moderne per il bikepacking; dalla Graziella Carnielli pieghevole alla Stelbel SB/04 realizzata tramite la stampa in 3D. La bicicletta è sempre riuscita a reinventarsi e a scegliere – senza forzature – la sua modernità, connettendo design e mobilità. A confermarlo è la mostra Bicyclette: Un altro Giro tra Francia e Italia (ADI Design Museum di Milano, fino all’8 dicembre), che vuole riflettere attorno al mezzo ecosostenibile per eccellenza puntando su un approccio storico, ma non slegato dall’attualità.
«Il nostro museo vuole prendere posizione, e questa mostra punta a dare un segnale alla politica», ha detto Luciano Galimberti, presidente dell’ADI, durante l’opening di martedì 5 novembre. Il riferimento è anche ai grandi temi della mobilità, che hanno spinto Francesco Franchi, curatore del progetto grafico, a inserire una strada ciclabile all’interno del poster della mostra.
«Ho giocato con le lettere della parola “bicicletta”, tanto da trasformarla in un ciclista che indica una strada ciclabile. Volevo dare alla bici un senso di progresso, che significa togliere spazio alle auto in città e darlo alle ciclabili. Il riferimento è Parigi, che sta investendo tantissimo per la ciclabilità e gli spazi pedonali. C’è il desiderio di vedere tutto ciò a Milano, che ci sta arrivando, ma la strada è ancora lunga», ha spiegato il designer e giornalista, Deputy Creative Director di Repubblica.
Restando sul poster, il rosa e il giallo indicano rispettivamente La Gazzetta dello Sport e L’Auto-Vélo (poi diventato L’Équipe), ossia le due testate giornalistiche che hanno ideato le principali corse ciclistiche del pianeta: il Tour de France e il Giro d’Italia. C’è un filo rosso indissolubile tra questi due Paesi, anche quando parliamo di mobilità a pedali: la bicicletta è stata inventata in Francia, ma la sua evoluzione tecnica – anche in termini di design – si è sviluppata all’interno dei nostri confini.
I circa venti modelli esposti all’ADI sono stati scelti per evidenziare i punti di contatto tra due scuole di design diverse, ma non così lontane. In fondo alla seconda sala della mostra c’è anche una cyclette utilizzabile, che – come spiega Matteo Ragni, co-curatore dell’esposizione assieme a Nodesign.net di Jean-Louis Frechin, Angelo Chiacchio e Loïc Le Guen – «rappresenta un’esperienza fisica molto poetica all’interno del contesto museale». L’obiettivo dell’allestimento, continua Ragni, è quello di «far sembrare nude le biciclette, essendo scheletri in grado di raccontare grandi storie».
In pochi passi si può passare da una Cinelli Supercorsa color giallo curry alla Bianchi Oltre Rc, costruita con fibre di carbonio avanzate. Ci sono bici elettriche di ultima generazione (come il modello Snow di Moutache Bikes, perfetto per i terreni innevati), cargo bike e pezzi che hanno scritto pagine di storia. Bicyclette è quindi una mostra che intrattiene sia i neofiti, sia gli appassionati di vecchia data. Puoi essere, come Matteo Ragni, un adulto «con il cuore tenero di un bambino con la Saltafoss (esposta in una versione in giallo scintillante, ndr)», oppure uno studente fuorisede che ha scoperto una grande verità: la bici è il mezzo più veloce ed ecologico per spostarsi in città, nonostante tutto.
Purtroppo, però, non è ancora quello più sicuro. Ed è qui che il design e la progettazione urbana possono fare la differenza. Ne ha parlato all’opening Barbara Bonori, co-fondatrice di Upcycle, il primo bike café bistrot d’Italia, in via Ampère 59 a Milano: «In città è pieno di condomini senza rastrelliere, ma idealmente dovrebbero essere diffuse come il locale spazzatura che permette di fare la differenziata. Anche in questo senso, il design deve progettare luoghi accoglienti per le bici».