La natura è la tavolozza delle opere di Philipp Frank, un artista il cui lavoro empatico basato sul senso di meraviglia ha incantato il pubblico di tutto il mondo. Tedesco di nascita ma cresciuto tra Parigi e Monaco, la sua arte nasce dalla strada e dal disegno, e mantiene quel gusto sfacciatamente pop non sempre apprezzato dalla critica contemporanea: eppure i graffiti giovanili si sono evoluti in una prassi artistica per cui l’uso della luce diventa vera land-art.
I suoi lavori spesso superano i tradizionali confini artistici e sfidano gli spettatori a riconsiderare la loro comprensione di spazio e tempo. I risultati sono ambienti immersivi, sempre pronti per Instagram, che invitano il pubblico a sperimentare la luce e la natura in modi nuovi e affascinanti.
L’ossessione maniacale per l’apprezzamento del pubblico, ricercato a ogni costo, è parte di questo lavoro e della sua ricerca, che di fatto sembra – a tratti – un make-up della natura, di cui l’artista non può fare a meno. Grazie a Frank, un tronco di legno può essere visto letteralmente sotto una luce diversa, migliore. Ne abbiamo parlato direttamente con lui, scoprendo anche un approccio mistico-panteistico non così scontato.
Arte e design sono alla base della tua vita lavorativa: ci racconti com’è andata?
Ho studiato design della comunicazione e ho lavorato dal 2001 al 2018 come grafico, illustratore e muralista. Ho avuto uno studio di grafica dal 2008 al 2018. Ho sempre creato arte parallelamente. Nel 2018 ho deciso che era ora di fare il prossimo grande passo, ho chiuso il mio studio e da allora lavoro come artista a tempo pieno. Ora essere un artista è la mia professione. Negli ultimi anni ho venduto alcuni progetti e installazioni, creato anche spettacoli audiovisivi per mostre, musei e eventi pubblici. Ora inizierò a pubblicare video e stampe in edizione limitata dei miei lavori. Però ho capito che il design non è una negazione dell’arte: durante la Pandemia mi è stato commissionato un progetto per cui ho sviluppato la mia prima serie di installazioni permanenti al chiuso: si tratta di grandi lampade interamente in rame (145 cm ndr), create utilizzando la tecnica a LED per illuminarle. In fondo da sempre mi piace sperimentare molto e seguire il mio istinto su cosa fare dopo. Per esempio, l’anno prossimo collaborerò con l’orchestra filarmonica di Bruxelles e organizzerò alcuni spettacoli con loro per un pubblico giovane. Nuove sfide, nuove emozioni.
Guardando il tuo lavoro, mi ricorda l’arte di strada e Keith Haring. Mi sbaglio? Quali sono i tuoi riferimenti?
Hai ragione: ho cominciato a fare graffiti in strada e nei treni all’età di 10 anni. “Subway Art” e “Style Wars” e tutti quegli artisti di graffiti precoci sono stati la mia principale fonte d’ispirazione per molti anni.
Come fai coesistere questo amore per il disegno con la luce?
È stato un lungo percorso: sono una persona spirituale, da sempre attratta dalla natura e dalla luce. Ho iniziato a disegnare da bambino a scuola. Con mio fratello ho cominciato a fare graffiti all’età di undici anni e questa è stata, come ti dicevo, una costante nella mia vita artistica. Amo la street art e in generale tutta l’arte pubblica perché è gratuita e accessibile a tutti. Attraverso i graffiti ho imparato anche a fare foto e video per catturare le nostre opere prima che venissero definitivamente cancellate. Le prime opere di proiezione in natura sono nate da dipinti. Nel 2014 ho iniziato a dipingere su tronchi d’albero morti nella foresta: usavo solo il colore bianco e video-registravo questi eventi, creando video in time-lapse. Fotografavo molto la natura, studiando forme, colori e il linguaggio formale. Quando ho scoperto la proiezione mapping, ho capito che era qualcosa che volevo padroneggiare. Amo quella libertà creativa che mi dà rispetto alla pittura. Non solo, ancora più importante, quello che faccio non lascia tracce nella natura. In un certo senso, questa sensazione mi era familiare, venendo dallo sfondo dei graffiti, dove quasi tutto ciò che dipingevo era visibile solo temporaneamente per alcune ore o giorni prima di essere cancellato. È come la vita stessa: nasci, vivi e muori.
Dipingi quindi con la luce? Che rapporto hai oggi con il colore?
Bella domanda: sono partito dal colore bianco dato sugli alberi, per approdare alla luce colorata e tornare infine recentemente alla luce bianca, che esalta il colore naturale della superficie, spesso portando a tonalità giallastre o dorate, specialmente sulle strutture rocciose. Mi piace molto la semplicità. Ma è vero che negli anni precedenti ho usato più colori per intensificare l’impatto visivo. Ancora oggi il colore per me ha questo senso di catalizzare l’attenzione su un aspetto e/o veicolare un messaggio: ad esempio, di recente ho creato alcuni spettacoli sul tema dell’ “acqua/liquidi” utilizzando solo il colore blu. Oppure l’estate scorsa negli Himalaya ho lavorato con lo spettro completo dei colori/arcobaleno, ispirato dai vestiti e dalle bandiere locali, indossati ovunque dalle persone.
Come nella street art nel tuo lavoro sembra esserci anche qualcosa di estremamente processuale, quasi performativo: non sei solo il regista della luce, ma entri nel lavoro. Sbaglio?
Hai perfettamente ragione la mia è una sorta di performance, anche faticosa, e il pubblico, ovunque nel mondo ha un ruolo fondamentale. Ti racconto un episodio specifico per spiegarmi: l’anno scorso a Formentera era una giornata di tempesta folle, con onde enormi che si infrangevano sulla costa. Ho dovuto arrampicarmi quasi fino al livello dell’acqua per ottenere lo scatto che volevo. Il mio assistente teneva e gestiva il proiettore sulla costa. Sono riuscito a girare per circa sette minuti, fino a quando la mia macchina fotografica non si è completamente allagata con acqua salata. Ho veramente avuto paura di essere travolto dall’oceano, ma il risultato è valso tutta la mia fatica: ho caricato una breve sequenza che è diventata virale su Instagram. Adoro il fatto di poter condividere il “mio Momento” con milioni di persone in tutto il mondo, che sembrano amare e riuscire a connettersi con ciò che ho creato quel giorno. Non è fantastico che oggi possiamo comunicare e condividere così facilmente con persone di tutto il pianeta? Tutto è collegato, noi siamo la stessa cosa come e nella natura stessa.
Quindi al tuo pubblico vuoi raccontare qualcosa: un messaggio ambientalista o un panteismo universale?
Sicuramente entrambi: nel mio lavoro il messaggio ambientalista si sposa con una visione panteistica dell’esistenza. Sento che la natura stessa è molto mistica e con il mio lavoro voglio esprimere le mie visioni e i miei sentimenti in modo comprensibile e visibile per tutta l’umanità. Per me il mio lavoro è molto intimo perché creo principalmente in modo intuitivo, guidato direttamente dal mio cuore. Ma è anche un lavoro pubblico: mi dono e dono una visione della natura a chiunque voglia ascoltare la mia arte. Voglio rendere visibile l’energia e gli spiriti della natura. Tutto è vivo, anche materiali apparentemente morti e inerti come pietre, massi, tronchi d’albero morti sono pieni di vita e parte essenziale del ciclo della natura. Sono molto rispettoso della natura e cerco di trovare un linguaggio visivo che si adatti bene a ogni oggetto, migliorando con un semplice strato di luce ciò che già c’è.
Una sorta di make-up della natura?
La natura è perfetta e bella di per sé, non ha bisogno della mia arte, ma spesso sento dal profondo che è giusto fare ciò che faccio. Sono molto felice quando le mie installazioni risultano belle in foto, così posso condividerle con un pubblico globale e in questo modo diffondere un nuovo senso di rispetto e amore nei confronti della natura. Ne abbiamo bisogno! Per questo amo creare opere meditative e rilassanti perché il mondo è già troppo frenetico. Sento che è tempo di rallentare e riconnettersi con noi stessi. Molte persone, vedendo le mie opere, si sentono profondamente toccate, e questo è forse il mio risultato più grande.
Come prende vita uno dei tuoi progetti?
Nella mia vita tutto è molto intuitivo. Sono veramente un autodidatta e ci sono state molti errori e prove All’inizio andavo semplicemente nei boschi in mezzo alla natura e lavoravo con ciò che trovavo quel giorno. Molti dei miei progetti sono stati creati per puro amore per la creazione. Organizzavo e pagavo tutto da solo, senza guadagnarci nulla. Questo mi ha dato molta libertà per giocare, scoprire e creare ciò che volevo e che sentivo fosse giusto. Ho ancora una lunga lista di luoghi incredibili in tutto il mondo dove vorrei lavorare. Ho iniziato a lavorare per serie, cercando alberi specifici, massi, funghi, legno morto. Ciò mi ha permesso di approdare a lavori commissionati in cui ho mantenuto un approccio molto professionale, creando concetti, studi e persino modelli prima di iniziare a lavorare o fare uno spettacolo.