La lezione di TucidideTrump non è un’anomalia, ma il sintomo del nostro tempo oscuro

Le società contemporanee in perenne crisi e incertezza cercano soluzioni semplici e leader forti. Una dinamica storica ciclica, in cui le masse spaventate da cambiamenti e sfide complesse sono disposte a sacrificare pezzi di libertà in cambio di ordine e sicurezza

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Nella nostra tendenza a catalogare gli eventi, perché la memoria faccia meno fatica a ricordare, il 2024 entrerà nella nostra storia con due nomi e due fatti. Jannik Sinner e Donald Trump, i conflitti suddivisi tra Mediterraneo ed est Europa, la crisi (irreversibile?) della democrazia.Sinner è una conferma e le conferme sono più rilevanti, perché più difficili da raggiungere, della prima volta. La prima volta può significare un giorno, un mese, un tempo circoscritto di grazia, ma confermarsi ai vertici è cosa diversa. Intanto cancelli il caso dall’orizzonte, e non è poco, infine entri di diritto nella categoria dei campioni, la differenza tra un successo pur importante e un palmarès. La strada non cambia: determinazione, costanza, fatica, capacità di vedere lontano dal presente.

Anche per Trump si tratta di una conferma. Una conferma che alza il sipario sulle sfide che ci aspettano, intanto come Europa e poi nelle relazioni internazionali, una geopolitica in formazione con l’affacciarsi di potenze regionali, ma soprattutto nel destino della democrazia così come l’abbiamo conosciuta, la democrazia intesa come partecipazione attiva, diretta, come movimento popolare interessato alle sorti della comunità. Una politica fatta di onde di opinione, come le definisce Giuseppe De Rita, non aiuta la democrazia a restare in piedi.

Più si inanellano elezioni in vari Stati, più mi convinco che la vittoria di Trump – di singoli Trump – non sia un’eccezione ma un’inclinazione delle società contemporanee. Del resto, duemila quattrocento anni fa, fu proprio uno dei massimi storici dell’antichità, Tucidide, a vaticinarlo: nei frangenti di crisi, di fronte a un pericolo, le masse sono pronte a un regime d’ordine. Traduzione: il popolo rinuncia volentieri a pezzi di libertà per affidarsi a uomini – o donne – soli al comando.

Prevale il fascino di risposte semplici a problemi complessi, si fa strada la teoria della forza, prevalgono rancore e rabbia, si ritiene il diverso una minaccia, è lui il responsabile del nostro malessere. Se a questa fotografia aggiungi la perdita di contatto diretto tra le persone – la lampante crisi della società di mezzo: partiti, sindacati – agevolata dagli strumenti messi a disposizione dalla rivoluzione tecnologica, il gioco è fatto.

Si logorano e crollano le fondamenta del confronto libero e aperto, le istituzioni parlamentari e assembleari vengono giudicate una perdita di tempo, per di più costose, inefficaci, a tal punto che il futuro si insinua con tale prepotenza dentro di noi da diventare immediatamente reale.

Il nuovo ordine sorgerà da qui, avrà questi fattori fondanti, una virata nella storia dell’umanità destinata a tracciare la rotta del XXI secolo. Non sarà Trump l’eccezione, non sarà Putin l’eccezione, la rarità saranno i Macron e i leader socialdemocratici e liberali.

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