Regime changeLa dottrina irachena di Trump è una minaccia anche per l’Ue

In un’intervista del 2021, l’attuale vicepresidente J. D. Vance invocò apertamente, per gli Stati Uniti, epurazioni simili a quelle del dopo Saddam. Ora sono realtà, scrive Francesco Cundari nella newsletter “La Linea”. Arriva tutte le mattine dal lunedì al venerdì più o meno alle sette

(La Presse)

Si discute molto del rischio che Donald Trump faccia all’Unione europea, come promesso, quello che ha già cominciato a fare ad altri storici alleati degli Stati Uniti. A pensarci bene, c’è però un’ipotesi peggiore: che voglia fare all’Europa quello che ha già cominciato a fare all’America.

Si capisce la generale preoccupazione dinanzi a un presidente che non sembra riconoscere alcun vincolo morale, politico o giuridico che possa limitarne la libertà d’azione nei confronti di amici e avversari – ammesso che una simile distinzione abbia ancora un senso, nell’America di Trump – obbligandolo al rispetto di trattati, alleanze o anche solo della sua stessa parola. Un presidente deciso a utilizzare la minaccia dei dazi per estorcere concessioni e imporre atti di sottomissione, come sta tentando di fare con Messico e Canada, per non parlare di casi ancora più estremi come quelli della Groenlandia e del canale di Panama. Tutto questo è senza dubbio molto preoccupante, per l’Unione europea. Ma resta comunque la migliore delle ipotesi (o la meno peggiore).

In un’intervista del 2021, come ha ricordato due giorni fa Michelle Goldberg sul New York Times, l’attuale vicepresidente J.D. Vance disse infatti che negli Stati Uniti c’era bisogno di un programma di de-wokizzazione simile al programma di de-baathificazione applicato in Iraq dopo l’invasione del 2003. Vale a dire la cacciata di tutti i funzionari legati al Baath, il partito-stato di Saddam Hussein, cioè l’intera classe dirigente locale. Se e quando fosse tornato alla Casa Bianca, secondo il suo futuro vicepresidente, Trump avrebbe dovuto insomma «licenziare ogni singolo burocrate di medio livello, ogni dipendente pubblico nell’apparato amministrativo, e sostituirli con i nostri». Evviva la sincerità.

Purtroppo, Vance non era stato solo sincero, ma anche profetico. Infatti è esattamente quello che sta accadendo ora negli Stati Uniti, dove i primi giorni del secondo mandato di Trump, scrive Goldberg, sono stati segnati da «una tipica atmosfera da Autorità provvisoria della coalizione», come si chiamava l’amministrazione messa in piedi dagli americani, «piena di burocrati di destra, alcuni dei quali appena usciti dall’università, ai quali erano state affidate enormi responsabilità», mentre tra i 50 e i 100mila funzionari pubblici iracheni, molti dei quali iscritti al Baath solo per poter lavorare, venivano licenziati. Non per niente la de-baathificazione è ormai generalmente considerata come una delle prime cause del fallimento della missione americana in Iraq.

Ora tocca – ma è solo uno dei tanti esempi che si potrebbero fare – a magistrati e funzionari dell’Fbi colpevoli di avere indagato su Trump e sugli assaltatori del parlamento, da lui appena graziati. E se vi state domandando cosa c’entri tutto questo l’Europa, e magari anche con l’Italia, ebbene, vi invito a riconsiderare la l’impegno di Elon Musk a favore dell’estrema destra (antieuropeista) in Germania, e presto, state tranquilli, in ogni altro paese dell’Unione (Make Europe Great Again), ma pure la campagna forsennata condotta dalla destra contro qualunque magistrato, corte di giustizia o singolo funzionario si sia permesso di prendere decisioni sgradite, in particolare in tema di immigrazione. O peggio, e a riprova della qualità del loro garantismo, nel caso contrario, come nella valanga di festose dichiarazioni, post e tweet partiti ieri dai vertici del governo, dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, come dal suo vice, Matteo Salvini, a proposito dell’inchiesta di Salerno sui flussi migratori, per cui è stato arrestato un esponente locale del Pd.

Questo è un estratto di “La Linea” la newsletter de Linkiesta curata da Francesco Cundari per orientarsi nel gran guazzabuglio della politica e della vita, tutte le mattine – dal lunedì al venerdì – alle sette. Più o meno. Qui per iscriversi.

 

X