Camillo di Christian RoccaWright or wrong, my country

New York. “Arrabbiato”, “indignato”, “intristito”, “allibito”, Barack Obama ha convocato in fretta e furia una conferenza stampa trasmessa in diretta televisiva per provare a fermare la valanga Jeremiah Wright, il suo pastore e consigliere spirituale che gli sta rovinando in modo irreversibile la fin qui formidabile campagna elettorale. Tra venerdì e lunedì, il reverendo Wright – parole di Obama – “ha amplificato la ridicola idea” che il governo americano abbia creato l’Aids per sterminare i neri, che Washington conduca una politica estera “terrorista” e che, per questo, come insegnerebbero “le parole di Gesù”, si sia meritato gli attacchi dell’11 settembre.
Il pastore di Obama, dal quale il candidato democratico ha preso in prestito il titolo del suo libro “L’audacia della speranza”, aveva anche detto che Louis Farrakhan, il leader antisemita della Nazione dell’islam, è una delle più importanti voci del secolo. “Queste cose offendono me e gli americani”, ha detto Obama, il quale però si è dimenticato di ricordare di aver partecipato alla famigerata marcia del milione di persone del 1995 organizzata a Washington da Farrakhan.
“Il reverendo Jeremiah Wright – ha detto Obama – non è più la persona che ho conosciuto, l’ho sentito alla conferenza che ha fatto lunedì al National Press Club e non lo riconosco più”. Le cose che dice, ha sottolineato Obama, “contraddicono tutta la mia vita, la mia campagna, le cose in cui credo”. Lunedì, a Washington, Wright aveva detto che la tiepida presa di distanza di Obama di un mese fa era soltanto una mossa politica, lasciando intendere, forte del suo rapporto ventennale con il candidato, che Obama in realtà la pensasse come lui.
“Non mi conosce”, ha replicato ieri Obama: le parole del reverendo sono inaccettabili, “io gli avevo dato il beneficio del dubbio”, ma ora è venuto il momento di “denunciare chiaramente e in modo non equivoco che le sue teorie del complotto mi offendono, sono antitetiche a me, alla mia campagna, a tutto ciò in cui credo”.
Il rapporto tra Obama e Wright è finito per sempre, ha detto il senatore, right or wrong l’America è il suo country, il suo paese. E’ difficile, però, che il caso Wright scompaia da questa campagna elettorale. I Clinton proveranno a girare il coltello nella ferita, per convincere i superdelegati democratici che Obama, con questa sua ventennale associazione con Wright, sommata a quella col terrorista dei Weathermen Bill Ayers, a novembre non avrà alcuna possibilità di essere eletto. I repubblicani per ora aspettano che i democratici si facciano male da soli, ma a novembre sapranno come utilizzare tutta la vicenda.
Il problema di Obama è che non è mai stato pienamente sincero sul suo pastore. Ieri ha detto che Wright è stato soltanto il suo reverendo, ma fino a un mese fa Wright risultava tra i suoi advisor, ancora due settimane fa le sue parole sono state usate in un volantino distribuito in Pennsylvania e nel mondo politico sanno tutti che il giorno del lancio della candidatura alla presidenza, Wright avrebbe dovuto introdurre il discorso di Obama a Springfield e che fu fermato all’ultimo secondo da un saggio consigliere. Quando un mese fa il caso Wright è scoppiato, Obama si era rifiutato di “ripudiare” il suo pastore, perché il reverendo faceva parte della sua “famiglia” e, pur prendendo le distanze dalle cose che gli attribuivano, l’aveva addirittura paragonato a sua nonna, una donna buona che talvolta si lasciava andare a commenti razzisti. Quel discorso sulla razza del 18 marzo, pronunciato da Obama a Filadelfia, aveva l’obiettivo di mettere un punto fermo sulla questione Wright. Ma il reverendo tra venerdì e lunedì si è regalato un tour televisivo e giornalistico per ribadire e rilanciare le sue strambe idee. A caldo, Obama è rimasto fermo, non ha denunciato Wright e si è limitato a dire che il reverendo non parlava a suo nome e che le sue apparizioni televisive non erano coordinate con la sua campagna. I suoi imbarazzati consiglieri politici hanno ammesso che le parole di Wright stavano danneggiando Obama e hanno convinto candidato e staff a denunciare in modo netto il reverendo. L’idea che, in tutti questi anni di rapporto stretto col reverendo, Obama non si sia mai accorto delle posizioni estremiste di Wright ha però fatto sorgere vari dubbi sulla sincerità del senatore dell’Illinois, fino a far pensare che dietro il candidato che si presenta come nuovo, unitario e post razziale ci sia un fondo di radicalità mai sopita.

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