La storia è ricca di faccende simili. Gente pronta a scommettere tutto sul favorito di turno, roba che se fossero titoli quotati in borsa, verrebbero sospesi per eccessivo rialzo. E poi, invece, c’è quell’altro che mette il bastone tra le ruote, che trasforma quella che dovrebbe essere una piacevole passeggiata gustandosi un gelato in una serata d’inferno (il funambolico Vittorio Munari dixit).
È l’underdog, lo sconfitto in partenza che tanto perdente non è. Si sono visti i canadesi, ad esempio, superare i tongani, giocatori grossi quanto la loro isola, in uno dei match più emozionanti di questo inizio di Rugby World Cup (nella foto, via planetrugby). Che poi i canadesi proprio underdog non erano, presentandosi al Mondiale addirittura con lo scalpo dell’Italia A ottenuto in Churchill Cup a giugno. Però a questi ragazzoni l’appellativo stava bene al punto che hanno mantenuto la premessa e hanno vinto.
È come quando ci si ritrova in una stanza piena di persone assetate di mettersi in mostra e in un angolo c’è quello tranquillo, così low profile che manco lo si prende in considerazione. Che se ne sta sulle sue e non disturba. Non sta progettando qualche piano diabolico, semplicemente attende il momento giusto per far abbassare la cresta agli altri.
Nella vulgata comune apparirebbe come il tale senza aspirazioni, dedito alla noia del rituale quotidiano, incapace di darsi un tono. Finché non si infila nello spazio e ora che si tenta di riacciuffarlo, è là in fondo al campo che festeggia la meta. Tiene botta, resiste agli urti, non fiata – o se lo fa, non provoca clamori e favore di occhi indiscreti -, costringe l’avversario a provarle tutte per aggirarlo, per dimostrare che è lui effettivamente il più forte tra i due, attirandolo nella trappola del nervosismo a proprio vantaggio.
Non tutti possono permettersi di passare per underdog, almeno per un paio di motivi. Perché sono davvero i più forti e non potrebbero nemmeno fingere il contrario. Perché non hanno la spina dorsale e manco ad aprirgli un portone, oserebbero compiere il passo. Oppure perché non hanno la tempra per accaparrarsene i diritti d’immagine: sono i presuntuosi ovviamente, quelli che forti di qualche qualifica prodotta direttamente nel tinello di casa e senza certificazione di garanzia, ordinano e dispongono. Prima di investire su di loro, conviene valutare attentamente la controparte. Se si va a rompere le scatole a quello che ciancia, si sta sicuri che al momento dovuto si tirerà indietro. Se al contrario si danna l’anima al tipo quieto e sulle sue, ci si ritroverà con il muso pesto.
Can che abbia non morde, dopotutto.