Fermi tutti, che ormai siamo arrivati al momento che più conta. Il prossimo fine settimana Galles – Francia e Australia – Nuova Zelanda detteranno i tempi del rugby Mondiale nelle semifinali in programma tra sabato e domenica. Due boreali contro due australi: quattro nazionali e due soli biglietti per il gran finale del 23 ottobre tra Nord contro Sud – ok, venerdì 21 c’è quella per il terzo e il quarto posto, ma quando sei ad un passo dalla storia, sa tanto di piccola ricompensa.
I gallesi che prima fanno fuori gli irlandesi (nella foto via Telegraph, coach Warren Gatland stringe la mando al capitano Sam Warburton alla fine della partita), i francesi che poi spediscono a casa gli inglesi; gli australiani che superano i sudafricani detentori del titolo in un match segnato da un pessimo arbitraggio e neozelandesi che domano a fatica gli underdog argentini. I quarti di finale sono trascorsi così, con il gioco che si fa sempre più duro. It’s gonna be a tough match. E si fa largo la soddisfazione personale, nemmeno troppo blanda.
Da queste parti si sostiene da tempo il Galles, poche storie. I motivi sono molteplici, tra cui alcuni legami con gente di Cardiff. E poi perché i gallesi hanno qualcosa da spartire con noi italiani, al di là del tricolore che contraddistingue la bandiera, con il Red Dragon su sfondo bianco/verde. È terra di emigrati che hanno superato le Alpi e attraversato la Manica per fare fortuna tra le valli o in città – e spesso ci sono riusciti.
Ci sono i parmensi, dalla Val Ceno: Bardi e frazioni. Cognomi come Berni, Sidoli, Rabaiotti, Carpanini e Rossi che si sono fatti largo tra i Jones, Jenkins e Thomas. Spirito imprenditoriale, dettato dalla fame: sbarcavano, aprivano un’attività e poi tornavano in patria per reclutare ragazzi che avessero voglia di mettersi in mostra. Dopo il tirocinio, gli concedevano metà del ricavo e se mostravano capacità manageriale, gli lasciavano del tutto la bottega. Gente di montagna, abituata a far di necessità virtù, di lignaggio forte: ancora oggi se ne vanno che hanno spesso superato i 90 anni. Perfetti per giocare a rugby.
Poi arriva lui, Joe Calzaghe, campione del ring. The Pride of Wales, ma anche The Italian Stallion. Suo padre Enzo arriva da Sassari e dopo aver sbarcato il lunario vagando per l’Europa facendo della musica, è approdato prima a Londra poi a Cardiff, dove ha indossato i panni dell’autista di pullman. Dal matrimonio con Jackie è nato Joe, al quale ha insegnato come si spediscono i guantoni sul muso dell’avversario. The Calzaghe Team.
Dopo tutto, anche i sardi devono starci bene in Galles – fatta eccezione per il mare e il clima. Hanno in comune una lingua tutta loro, un accento che ti aiuta ad identificarli all’istante, nomi di località che a pronunciarli occorre allenamento. I gallesi abbondando di “l”, “y”, “w” e pare facciano apposta (Llanfairpwllgwyngyllgogerychwyrndrobwllllantysiliogogogoch, provare per credere). Il dialetto sardo e quello bardigiano celebrano la “u”. Non rompetegli le scatole che probabilmente loro non le romperanno a voi: stessa cosa dicasi per i montanari, tanto quelli dell’Appennino quanto quelli della Barbagia, dove neppure i romani riuscirono a mettere piede.
Infine, tra i validi motivi per cui stare dalla sua, in semifinale il Galles affronta la Francia. E insomma…