L’agente MormoraNichi apre il becco, ora tocca a Saviano

«Mi ispirerò alla poesia alessandrina. Brevità ma intensità». Nonostante l'insormontabile scoglio dell'essenzialità coatta, Nichi Vendola salpa - anzi: “vuole tuffarsi senza affogare” - nel gran ma...

«Mi ispirerò alla poesia alessandrina. Brevità ma intensità». Nonostante l’insormontabile scoglio dell’essenzialità coatta, Nichi Vendola salpa – anzi: “vuole tuffarsi senza affogare” – nel gran mar dei tweet. Da ieri pomeriggio alle 16 il suo account ha preso a cinguettare in proprio con tanto di “batticuore” e ammiccamenti ai tanti follower (quasi 118.000, per la cronaca). C’è da dire che il profilo di Nichi «da mo’» che esiste, come direbbero nei pressi della Presidenza regionale sul lungomare barese Nazario Sauro. Dal 4 maggio 2009, l’on. di Terlizzi è presente sul social network epigrammatico, ma i suoi messaggi fino a ieri consistevano in meri rilanci degli status e dei link pubblicati sulla bacheca della sua fan page facebook. Una presenza di risulta, insomma, che gli esperti definirebbero “asocial”. Una sorta di «vengo ma non bevo» crossmediale: migliaia di seguaci dei tweet vendoliani, milioni di mentions (le citazioni “@nichivendola”), tantissimi retweet: ma zero interazione, infine. I comunicatori hanno deciso al volo, obiettivo: ripartenza.

La campagna elettorale è cominciata, se il quarantenne segretario del PdL Angelino Alfano si fa sorprendere con tanto di tavoletta concepita in quel di Cupertino a smanettare sul suo profilo facebook in diretta a Ballarò da Floris e si bea lui stesso del successo: «Sto seguendo i vostri commenti in diretta durante sul mio iPad. Grazie!» (da martedì, ha scritto sul blog de Il Fatto l’esperto di media Dino Amenduni: «se non avrai l’iPad in studio, da domani, apparirai vecchio»), il Governatore pugliese mica poteva stare a guardare. I ragazzi di proforma, la fortunata agenzia di comunicazione che – dalle regionali del 2000 – segue le campagne del presidente con l’orecchino, ne ha rilanciato la presenza virtuale. In rimonta nei sondaggi con la sua ‘Sinistra e Libertà’, ma appannato quanto a webgenia nelle ultime settimane: Nichi, proprio nelle ore del varo del nuovo esecutivo targato Monti era infatti in trasferta in Estremo Oriente ed i «media tradizionali» seppero fare a meno delle sue audaci declamazioni, poi un piccolo scazzo a inizio settimana coi cronisti politici che avrebbero voluto fargli qualche domanda a margine di una ingessatissima conferenza stanca ha minato il suo rapporto con la stampa e lo ha costretto a chiarire la buona fede dell’incontro.

Per una volta dunque Nikita insegue l’attivismo digitale della destra ma, al solito, osa e rilancia. Ad @AbbateAnnamaria giura: «Sono io, non potrò esserci sempre, ma quando vedrete “nichi” sarò io» – tecnica solita per i vip della websfera: autografare i messaggi autentici e lasciare il lavoro sporco allo staff. Intanto in rete ieri si sono sprecate le ironie a proposito della logorrea melliflua del poeta cattocomunista, a dozzine si son chiesti se mai sarebbe riuscito a far dichiarazioni più brevi di un sms. Bell’esercizio, a dire il vero. Esperienza catartica, quasi biblica: il tuo tweetare sia sì, sì; no, no – il resto è del maligno. Nichi sta pure al gioco e scommette sull’autoironia, retweetando @machediscorsi ed il suo «non scrive tweet (ma pubblica solo link di Fb) perchè lui usa parole di 140 caratteri ciascuna». Edcreativi di Quink.it ci scherzano sopra, con la solita bravura: «Sarebbe un errore sesquipedale genuflettersi davanti al pantagruelico banchetto della politica machista che brama manovre trasudanti di sud».

Riflessione a margine della traversata del mar Twitter (piattaforma nettamente in ascesa rispetto al polveroso facebook, ormai una finestra sul passato della comunità social tricolore). Quanto sia necessario e giovevole occupare gli ampi spazi della rete per comunicare comunicare comunicare non serve esplicitarlo. Conta non tanto l’an, quanto il quomodo. Per questo il Presidente della Giunta pugliese ha trasferito la sua zeppola aforistica sul mezzo più in voga tra gli internauti e non ha rinunciato alla consueta figaggine digitale tweetando direttamente dall’iPhone – una sorta di messaggio subliminale agli intenditori, ché badano a certi dettagli: ieri Nichi ha usato il social network dal computer eppoi dal melafonino che è un po’ come dire: «non spreco del tempo prezioso, eppure vi penso spesso, compagne e compagni di tastiera, amiche ed amici di smartphone». Ciò che conta, infine, è non tanto l’esserci quanto lo starci – perdonate il calembour – Nichi era su Twitter da anni, ma da ieri ci sta per davvero.

Polemica in conclusione, un flame di tutto rispetto: la svolta nichilista dovrebbe essere un monito per lo stimatissimo e coraggioso autore di Gomorra. Roberto Saviano è una delle pochissime webstar a non avere alcun following su Twitter. Un’autoreferenzialità da fare invidia: Roberto legge se stesso, linka suoi pezzi, cita suoi discorsi, rilancia suoi appelli, esorta il suo popolo. A volte pare twitti lui stesso, lo ha fatto nel corso della sua patinata esperienza a stelle e strisce delle scorse settimane, più spesso si tratta del classico riproporre contenuti generati altrove. Un autogol analogico: zero following è l’apoteosi della desolazione digitale, “apro un account e mi leggo”. La solitudine di Roberto può essere raccontata in cifre: 62000 lettori e zero letti: e non è che sia un vanto. Ovvio: curare la sua comunicazione sarà premura dei ragazzi dello staff che cura il sito, epperò così non vale (a propostito: si segnala l’encomiabile iniziativa promossa da @insopportabile: un appello a tutti gli stagisti, usare l’hashtag #ù per sbugiardare i propri dominus digiuni di web ma presenti in rete a tutti i costi).

Tweetta, Roberto, tweetta: occupa la rete, stringi i nodi e lasciati andare. Proprio tu, intellettuale caparbio e capatosta, tu che hai tanto da dire: comincia ad ascoltare. Ne vale la pena, internet è una platea sagace e cocciuta, sa essere utile e pericolosa. Hai saputo sfondare tante omertà – e te ne siamo sinceramente grati – ora sfida l’autismo digitale: saranno pure cinguettii, ma forse servono a fare ancora più rumore.