La sera di Natale, subito dopo la morte di Giorgio Bocca, ho scritto un post sulla scomparsa del noto giornalista: “Se Giorgio Bocca era antimeridionalista lo sono anche io”. In meno di due ore sono arrivati molti commenti, li ho approvati quasi tutti, altri li ho dovuti eliminare per via del linguaggio e delle offese personali del tutto gratuite e fuori luogo. Mi hanno dato del nazista, fascista, antimeridionale, razzista e qualcuno mi ha anche augurato di morire, il tutto ampiamente documentato nei commenti che si possono ancora leggere e dei quali farò tesoro.
Solitamente non mi piace scrivere post “seriali” o riprendere vecchie polemiche ma, al di là del cordoglio morale per Bocca, dal post sono uscite diverse verità e alcuni curiosi fenomeni che ormai caratterizzano non solo il dibattito in Rete – e in particolare sui SN – ma anche il linguaggio politico nelle sue caratteristiche generali.
Al di là delle argomentazioni usate, come ad esempio che la Camorra nel meridione è stata innestata da Garibaldi, o che secondo Bocca il meridione è antropologicamente criminale per colpa dei Borbone, ciò che più mi ha incuriosito è stata la facilità attraverso la quale si giudicano le opinioni, le idee di chi – come me – ha provocatoriamente difeso il pensiero di Bocca. Il quale, come è noto, ha espresso con acume e freddezza le proprie perplessità su un sistema culturale, sociale e politico – come quello del meridione d’Italia – precario, decomposto, destabilizzato e fortemente in crisi da oltre mezzo secolo. E lo ha fatto senza grossi giri di parole e con lo sguardo di chi va al di là delle sovrastrutture culturali, ideologiche, territoriali o normative.
Il modo in cui molti lettori si sono affrettati a darmi del razzista e a donarmi la tessera della Lega Nord mi fanno riflettere su quanto la sfera pubblica, e di conseguenza i processi di formazione delle opinioni, siano ormai irrimediabilmente mutati nelle loro caratteristiche peggiori.
Populismo, qualunquismo, infondatezza delle informazioni, autoreferenzialità, difesa del territorio – che ricordano molto da vicino alcune teoria dello spazio vitale – sono alcuni piccoli aspetti emersi dal linguaggio usato sul caso Bocca, e non solo su questo blog.
La morte di Bocca, a partire dal mio piccolissimo spazio, ha evidenziato un dato che da circa vent’anni aleggia sulle nostre teste, e che ha forzatamente portato l’Italia su un pericoloso crinale culturale ed intellettuale: in difesa della propria idea e della propria opinione si augura la morte (anche fisica) di quella altrui.
Da domani questo piccolo lemma lo definirò Effetto Giorgio Bocca.