Si è da poco dimesso l’assessore leccese Giuseppe Ripa, l’esponente locale del PdL che aveva definito sulla sua bacheca facebook il governatore pugliese «la signorina Vendola». Aveva poi chiarito, provando a giustificarsi, come ricostruito anche dal blog de Linkiesta Vocedelsud, ma ottenendo l’effetto contrario: «in natura esistono solo due tipi di generi umani: l’uomo e la donna. Il resto viene classificato scientificamente come “turbe della psiche”». Ora la palla passa al sindaco Paolo Perrone, che – quasi sicuramente – accetterà le dimissioni del suo assessore, anche alla luce dell’imminente campagna elettorale per le comunali e della montante insofferenza verso le affermazioni del politico leccese, ormai degno suo malgrado della ribalta nazionale.
Al notiziario dell’emittente locale TeleRama ha dichiarato:
Era doveroso sottrarre il sindaco e la maggiornaza a questo vero e proprio tribunale che si era scatenato nei miei confronti. Ribadisco le mie scuse per l’espressione usata ma non c’è dubbio che sul tema si è scatenata una feroce caccia all’uomo con polemiche strumentali del centrosinistra, che hanno distorto l’attenzione dal tema che avevo posto durante quella discussione, ovvero la sanità.
Sullo sfondo le amministrative della prossima primavera. A sollevare la faccenda era stata la vice del Presidente della Regione, Loredana Capone, impegnata nelle primarie cittadine: dal suo profilo pubblico è infatti partita la campagna di indignazione. La testata 20centesimi.it aveva per prima ripreso l’accaduto, rilanciando in rete la notizia (che in breve campeggiava nelle home dei maggiori quotidiani nazionali, e finanche d’Oltralpe, Ivano Stelluto ne aveva scritto sul suo blog). Un altro dei tre candidati alle primarie del centrosinistra, Carlo Salvemini (esponente del movimento locale “la Puglia per Vendola”) aveva promosso nelle scorse ore una petizione per le dimissioni dell’assessore alla mobilità, protocollate stamane negli uffici di Palazzo Carafa, sede municipale.
Una vittoria della mobilitazione in rete, ovvio, di quella che il malcapitato definisce “la gogna mediatica”. Eppure indignarsi serve, dicono in tanti. Una perplessità di fondo resta: perchè non avviene lo stesso coi tanti casi di mala gestio della pubblica amministrazione? Molto si potrebbe imparare dalla vicenda, quasi una parabola sul ruolo decisivo dei social media. Basta forse una massima austiniana, per cavarsela in maniera brillante: “le parole fanno le cose”, citata – oltre che nei manuali univeristari di filosofia del diritto – nel testo “La manomissione delle parole” di Gianrico Carofiglio. Sulle tante storie del barocco leccese torneremo presto: meritano davvero il nostro approfondimento.