Sono forse migliaia gli utenti imbufaliti, la sorpresa natalizia riservata dalle Ferrovie ai viaggiatori del Mezzogiorno si è rivelata un amaro calice: sempre più difficile ottenere un posto sui treni notte, niente più convogli diretti lungo l’asse Sud – Nord, prezzi rincarati sensibilmente a fronte di un servizio invariato, solito squallore nelle carrozze putride dei treni marci.
Non è chiara la strategia di Trenitalia, ammesso che ne esista una. Dopo aver fatto della stazione di Bologna un “hub” nevralgico, i viaggi dei treni partiti del Mezzogiorno hanno assunto i connotati dell’odissea: si parte a sera dalle stazioni meridionali, all’alba si scende a Bologna (stazione deserta, troppo presto perché anche i bar siano aperti) e si sale sul Freccia Rossa in direzione nord. I prezzi lievitano, ovviamente: dai vecchi sessanta euro agli attuali novanta o più. Le regioni del Sud rischiano di essere tagliate fuori, ovunque sono sorti comitati di protesta contro la decisone scellerata dell’ad Moretti eppure poco o nulla è cambiato. Tante le polemiche che in questi giorni hanno investito il monopolista italiano del trasporto su rotaia: dalla gaffe sulla famiglia di colore in quarta classe sul depliant del treno ad alta velocità fino all’isterismo dimostrato nei confronti di chi rivendica più collegamenti verso Sud dopo le recenti soppressioni.
Intanto, quando dici «Espresso del Sud» o «Freccia del Levante» dici emigrazione e fuga di cervelli. Dici viaggio senza soldi dei metalmezzadri del nuovo millennio: gli intercity notte diretti alla volta delle operose cittadine settentrionali sono treni di classe, li prendono gli studenti universitari ed i lavoratori fuorisede, gli operai nei cantieri dei cantoni svizzeri e gli stagisti nelle aziende della Padania industrializzata, le famiglie con troppi figli e troppe bollette ed i nuovi Italiani che inseguono il miraggio dell’occupazione. Costoro per garantirsi il futuro e guadagnarsi un presente «salgono» a Nord, prendono un treno notturno che è quasi un ascensore sociale. Viaggia senza sosta, a volte non porta da nessuna parte. È stracolmo, ogni volta: che sia Natale o piena estate o ancora un giorno qualunque. Ci trovi computer portatili accesi finché dura la batteria e bagagli zeppi di cibo ed olio extravergine: irresistibile poesia binaria.
“La Puglia non è un binario morto”, questo lo slogan con cui nel Tacco si avversano gli abusi di Trenitalia. La montante insoddisfazione per gli aumenti (fino al 63% sul prezzo del biglietto Lecce – Milano) hanno mobilitato istituzioni e stampa tanto da costringere le Ferrovie a confrontarsi col dissenso. «Dal 23 dicembre reintrodotte le vecchie tariffe con un supplemento “Alta Velocità” da Bologna a Milano. In sostanza se fino al 10 dicembre scorso il biglietto da Lecce – Milano costava 60 euro, con la nuova tariffa integrata si pagherà 66,80 euro». Questa la promessa, non esattamente mantenuta: come ha documentato la Gazzetta del Mezzogiorno, infatti, non esistono dati sulla promozione “Notte + AV” di cui si parla nel comunicato. Ottenere lo sconto è un terno a lotto dunque, a fronte di rincari da capogiro.
Banale la tesi della società che dovrebbe accorciare le distanze. I conti dei treni notte sono in rosso, se davvero le regioni tengono tanto a questo tipo di servizio: contribuissero coi loro denari, la nostra opera di razionalizzazione è saggia e lungimirante: sappiatevi accontentare. A sentire le testimonianze del personale a bordo dei treni, tuttavia, si scopre una verità differente: «Trenitalia ha intenzione di puntare tutto sull’Alta Velocità ed i vertici hanno messo in atto una scientifica distruzione dei servizi minori sulle tratte più trafficate». Non mentono, basterebbe contare le carrozze per rendersene conto: nonostante le centinaia di prenotazioni le vetture con la modalità “posto a sedere” sono al massimo due (eppure vengono ancora venduti i posti a sedere non garantiti, quelli dei romantici viaggi in corridoio).
Dopo che Gugliemo Minervini, assessore regionale pugliese ai Trasporti, aveva pubblicamente chiesto le dimissioni dell’amministratore delegato Moretti, incassando peraltro un consenso bipartisan alla proposta, il Governatore Nichi Vendola ha scritto una lettera di denuncia indirizzata al premier Mario Monti.
«Con l’ultimo cambio orario (dicembre 2011) Trenitalia spa ha inferto un colpo mortale al servizio notturno agendo su più fronti: ha ridotto l’ offerta, con la riduzione nel numero dei collegamenti; ha ulteriormente ridotto l’offerta, con la contrazione del percorso e ha incrementato, in maniera insopportabile, il disagio nella fruizione del servizio notturno con la limitazione “territoriale” del servizio a Bologna sulla direttrice adriatica e a Roma sulla direttrice tirrenica con la conseguente necessità di cambio del treno; ha incrementato il prezzo del servizio globale per la evidente necessità di servirsi di treni AV o comunque di treni diurni più costosi; ha spesso dilatato i tempi di percorrenza per la necessità delle attese per coincidenze; ha drasticamente ridotto l’appetibilità del servizio in relazione agli orari. (…) Quello che si esige ora dal proprietario, cioè dallo Stato, è che rimetta celermente in riga, e nelle forme dovute, il “servizio” di trasporto pretendendo dal management comportamenti uniformati ad una più sana gestione industriale in grado di mediare i rendimenti dei vari prodotti di business. Inoltre si chiede allo Stato che si riconosca, nelle forme ritenute più opportune, la diseguale, ora di fatto iniqua, distribuzione di ricchezza in infrastrutture e servizi a fronte invece di un contribuito elargito in misura eguale da Nord a Sud».
Irremovibile Trenitalia, ciononostante il “dossier disagi” pare sia sulla scrivania del ministro Passera. Attendiamo fiduciosi il fischio rassicurante del capotreno. Moretti cambi idea e provi a confrontarsi con la realtà, salga a bordo: offriamo noi. Noi terroni ferrati mettiamo la voglia di guidare il Paese verso l’ammodernamento, l’ingegnere ci dia la possibilità di raggiungerlo in treno.