Accadde DomaniElogi e critiche sullo zio Adriano dopo il “tornado” di Sanremo.

Ha evocato il Paradiso e si è trovato ad affrontare un inferno di critiche. Quando ieri sera ho sentito per telefono lo zio Adriano, dopo l'uragano sanremese, lui mi ha detto: "Me l'aspettavo. D'al...

Ha evocato il Paradiso e si è trovato ad affrontare un inferno di critiche. Quando ieri sera ho sentito per telefono lo zio Adriano, dopo l’uragano sanremese, lui mi ha detto: “Me l’aspettavo. D’altronde quando critichi i giornalisti è sempre così”.

Per un momento ho provato a immaginare di essere nei suoi panni. Ecco alcune cose che mi sono venute in mente in ordine sparso.

Se fossi stato in lui, invece di insultarlo avrei risposto punto per punto agli attacchi di Aldo Grasso, avrei spiegato ai 14 milioni di telespettatori che il critico del Corsera diceva una cosa non vera, quando ha sostenuto che Celentano andava a Sanremo soltanto per promuovere il suo disco, visto che dell’ultimo album lo zio ha cantato una sola canzone.

Se fossi stato in lui avrei spiegato meglio a quelli in buona fede e a quelli in mala fede che la sua lunga comparsata a Sanremo gli costerà in tasse, se va bene, qualcosa come 250.000 euro, visto che i 700.000 euro sono già stati destinati a Emergency e alle famiglie povere di cinque città italiane. Sfido chiunque a trovare un’altro artista del suo calibro che ci rimette quella cifra per andare a Sanremo.

Se fossi stato in lui, a proposito di ipocrisia, mi sarei documentato sugli introiti pubblicitari che la Rai incasserà grazie all’audience che lo zio ha contribuito come sempre a fare salire in modo vertiginoso.

Se fossi stato in lui mi sarei soffermato maggiormente sulla crisi economico-sociale che dilaga in Italia.

Se fossi stato in lui mi sarei chiesto ad alta voce come mai si discute soltanto dei compensi di Celentano e non dei compensi di Fiorello, Morandi ecc.

Se fossi stato in lui avrei allungato il gioco ironico con il bravissimo Papaleo così come fece a Rockpolitik con Roberto Benigni.

Se fossi religioso come lui avrei criticato la poca evangelizzazione fatta da Avvenire e Famiglia Cristiana ma non avrei chiesto di chiuderli perché chiudere i giornali non mi piace mai neppure quando si tratta di avversari.

Se fossi stato in lui avrei criticato legittimamente la Consulta.

Se fossi stato in lui sarei andato molto più pesante sulla gestione Rai guidata dalla signora Lei, ombra lunga di Berlusconi.

Detto tutto questo, l’irruzione scenica messa in piedi dallo zio nel piccolo schermo sanremese confesso che mi è piaciuta. Ha voglia a dire Curzio Maltese che siamo tutti contro la guerra, la fame nel mondo, le caste, il consumismo. Portare tutto ciò in prima serata davanti a 14 milioni di persone è un modo per rompere con con il conformismo del Festival, per aprire uno squarcio nel potente mezzo mediatico.

Lo zio lo fece nel lontano Fantastico dell’87 e lo ha ripetuto con i suoi moduli stilistici anche oggi. E di questo bisogna dargli atto. Con il tempo la polemica con Grasso o l’attacco a Avvenire e Famiglia Cristiana verranno dimenticati, ma il terremoto celentanesco a Sanremo 2012 resterà.

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