Gorky ParkHillary, la Baronessa e il gas turkmeno

Dispersi. Non pervenuti. O comunque un po‘ afoni. Dipartimento di Stato e Commissione Europea, sempre pronti a bacchettare il dittatore (o presunto tale) di turno, non hanno commentato fin’ora il b...

Dispersi. Non pervenuti. O comunque un po‘ afoni. Dipartimento di Stato e Commissione Europea, sempre pronti a bacchettare il dittatore (o presunto tale) di turno, non hanno commentato fin’ora il bell’esempio di elezioni democratiche che si è tenuto in Turkmenistan. Nell’ex repubblica sovietica il presidente Gurbanguly Berdimukhamedov è stato eletto per la seconda volta, dopo che nel 2007, succeduto con una manovra dietro le quinte all’improvvisamente defunto Saparmurat Nyiazov (il Turkmenbashi, cioè Padre di tutti i turkmeni), aveva stravinto con un plebiscito pilotato.

Questa volta ha ottenuto il 97% dei voti, segno che o il popolo lo ama follemente o che qualcosa ad Ashgabat è stato truccato. Per Washington e Bruxelles non sembra però il caso di calcare la mano, visto che anche l’amico americano Misha a Tbilisi è uno che è arrivato dove sta con il suo bel 96% e il buon Ilham – piazzatosi sul trono di Baku dopo che vi era stato suo padre Heydar per un decennio (è la democrazia ereditaria che funziona sulle sponde del Caspio col benestare dei fan di Pericle che siedono in Occidente) – continua ad essere coccolato non certo per le sue virtù democratiche. Vedere alla voce Socar. Saakashvili (buono per la Btc) e la famiglia Aliyev (dai tempi del “contratto del secolo” con l’Aioc) hanno goduto sempre di un certo bonus rispetto ad altri.

E così Hillary e la Baronessa Ashton – sempre sul piede di guerra quando si tratta di Mosca, Minsk e Kiev – lasciano in pace Berdimukhamedov (magari arriverà un breve commento da qualche mezza calzetta che non finirà certo sulle prime pagine), visto che la speranza c’è sempre: quella per l’Europa di vedere il gas turkmeno arrivare via Nabucco e degli Usa di vedere prima o poi il Tapi (Turkmenistan, Afganistan, Pakistan India), una sorta di miraggio che da trent’anni ha sempre trovato qualche ostacolo. Ashgabat ha enormi riserve di ora blu ed enormi deficit democratici. Inutile spiegare quali pesano di più.

Il punto è che la credibilità scende sottozero. Bloccare l’accordo di associazione con l’Ucraina per il caso Tymoshenko e celebrare modernizzazione e riforme in Turkmenistan come ha fatto il presidente della Commissione Barroso quando si è recato alla corte di Gurbanguly significa aver superato il limite della decenza. Stesso dicasi per chi da Oltreoceano si agita per i brogli a Mosca e tace sul resto (Freedom House classifica il Turkmenistan stato “non libero”, al pari di Somalia o Sudan). Fate voi.

I doppi standard sono un vizietto pericoloso, soprattutto di questi tempi. Ovunque.

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