Così è…se traspare. Storie di finanza e (mancanza di) trasparenzaL’Argentina mente sull’inflazione e ora minaccia chi fa statistiche

Come reagire a un’inflazione sopra il 20%? Per il governo argentino è semplice: dichiarare che è sotto il 10%. L’Economist denuncia l’affidabilità delle fonti statistiche ufficiali e rifiuta di pub...

Come reagire a un’inflazione sopra il 20%? Per il governo argentino è semplice: dichiarare che è sotto il 10%. L’Economist denuncia l’affidabilità delle fonti statistiche ufficiali e rifiuta di pubblicarne i dati. La statistica, che trae il suo nome dall’analisi dei dati per il governo dello stato, si rivolta contro il suo nome.

La storia riportata dall’Economist sottolinea come meglio non sarebbe possibile l’importanza della trasparenza nel secolo dell’informazione e della globalizzazione. Globalizzazione e informazione hanno consentito di rivelare e diffondere al mondo la truffa (per usare il termine dell’Economist) delle statistiche argentine. A fronte della statistica dello stato, che mette l’inflazione al 9,7%, la statistica di PriceStats, un fornitore privato che usa le transazioni su rete telematica, riporta un dato del 24,4%. E numeri provenienti da altre fonti, tutte non governative, confermano comunque valori superiori al 20%.

C’è di più. Nella polemica contro il resto del mondo, il governo argentino non sembra aver dimenticato vecchi metodi e vizi. Al di là della facile, e un po’ macabra, battuta che si può fare sull’inflazione “desaparecida”, c’è la realtà di pressioni e minacce operate su statistici ed economisti argentini affinché non riportino i veri valori. L’ASA (American Statistical Association) ha elevato una protesta ufficiale contro la persecuzione degli statistici argentini, e anche l’Economist rivela di non aver scelto fonti diverse (privati e uffici statistici provinciali), per paura che “sarebbero finiti sotto pressione da parte del governo”. Oltre al metodo della forza, anche il populismo dell’era di Peron sembra essere ancora vivo. L’INDEC, l’istituto di statistica argentino, spiega che l’inflazione riportata è bassa perché riflette il consumo della parte povera della popolazione. Come dire: l’inflazione riguarda il caviale, e non il pane. Ma da qui a togliere dal paniere di inflazione un prodotto ogni volta che il suo prezzo aumenta ce ne corre. Sembra che un nuovo paniere di inflazione sarà pronto nel 2014. Intanto l’inflazione continua a lavorare ai fianchi l’economia argentina, togliendo fiato all’offerta di risparmio e incoraggiando la fuga dal peso.

Un’ultima lezione è riservata alle sirene che in passato ci hanno indicato l’Argentina come soluzione. L’Argentina ci insegna che ripudiare il debito può dare l’illusione che si possano ripudiare anche i numeri, e si possa alla fine ripudiare la realtà. Il repudio del debito, se mai, è il momento in cui un paese deve rimboccarsi le maniche, piuttosto che l’inizio del bengodi.

Infine, l’unica buona notizia è che se la statistica dello stato può far cilecca, lo stato della statistica è buono. In più, la statistica come disciplina trae enorme forza da casi come questo. La statistica non è serva dello stato, la statistica è democratica e può significare resistenza. Da qui l’orgoglio per far parte di un dipartimento e di una facoltà di statistica. Ne siano orgogliosi anche gli studenti che hanno scelto una disciplina così “di nicchia”: ci sono parti del mondo in cui svolgere questa professione è tutt’altro che facile.

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