Il servizio che pubblichiamo è comparso sulla Voce.info. L’autore usa toni morbidi ma se si guarda la sostanza si tratta di un vero e proprio tradimento della tanto annunciata campagna di liberalizzazioni. Certo, non saranno questi provvedimenti a promuovere la crescita.
COSA RESTA E COSA CAMBIA
Rimane l’abolizione delle tariffe, forse l’elemento più importante dell’intero provvedimento. Non si tratta di una novità assoluta perché già le famose “lenzuolate” di Bersani nel 2006 andavano in questa direzione. Tuttavia, proprio l’esperienza del 2006 ci insegna che, in assenza di cambiamenti più incisivi e strutturali sulle forme di autoregolamentazione, gli ordini professionali possono facilmente neutralizzare l’abolizione dei minimi, considerando l’abbassamento dei prezzi al di sotto del minimo una pratica lesiva del “decoro” della professione. Nel settembre 2006, il Consiglio nazionale forense pubblicò un documento interpretativo del decreto Bersani in cui si diceva che “nel caso in cui l’avvocato concluda patti che prevedano un compenso inferiore al minimo tariffario, pur essendo il patto legittimo civilisticamente, esso può risultare in contrasto con gli articoli 5 e 43 c. II del codice deontologico in quanto il compenso irrisorio, non adeguato, al di sotto della soglia ritenuta minima, lede la dignità dell’avvocato e si discosta dall’art. 36 Cost.”. Vedremo come gli ordini professionali modificheranno i propri codici deontologici per adeguarsi alle nuove norme. Intanto gli ordini sembrano aver già trovato un grimaldello per aggirare l’abolizione delle tariffe. All’articolo 9 comma 2 del provvedimento si stabilisce che “nel caso di liquidazione di un organo giurisdizionale, il compenso del professionista è determinato con riferimento a parametri stabiliti con decreto dal ministro vigilante”. (1) “Che altro sono questi parametri se non dei “tariffari”?” – si è chiesta in una intervista al Sole-24Ore Marina Calderone, presidente dei Consulenti del lavoro e del Cup – “I parametri per un giudice devono essere inequivocabili, semplici da capire e applicare. Non potranno che essere dei riferimenti che ricalcano le attuali tariffe”. (2) Più chiaro di così.
Viene cancellata la norma che imponeva al professionista di fornire obbligatoriamente un preventivo al cliente. Al suo posto appare un comma molto confuso in cui si dice che il compenso professionale “è pattuito […] al momento del conferimento dell’incarico […]” e che “[…] la misura del compenso è preventivamente resa nota al cliente con un preventivo di massima […]”. A noi sembra una norma scritta apposta per non generare alcun cambiamento.
Confermata poi la cancellazione dell’obbligo di retribuire i praticanti, introdotto soltanto l’estate scorsa da Giulio Tremonti. La norma contenuta nella legge n. 148 del 2011, con cui si stabiliva che “al tirocinante dovrà essere corrisposto un equo compenso di natura indennitaria, commisurato al suo concreto apporto”, viene cancellata. Il testo licenziato dal Senato prevede invece che i praticanti percepiranno soltanto un “rimborso spese forfettariamente concordato dopo i primi sei mesi di tirocinio”. Un modo semplice per mantenere alte le barriere all’ingresso.
Piccola concessione ai farmacisti con l’abbassamento da 3.500 a 3.300 abitanti della soglia per la determinazione del numero di autorizzazioni. Nei giorni scorsi le organizzazioni di categoria avevano sostenuto, attraverso una simpatica campagna pubblicitaria, che l’aumento delle autorizzazioni avrebbe “messo in mutande il servizio farmaceutico”. Facciamo solo notare che aumentare le licenze non significa obbligare l’apertura di nuove farmacie. Delle due l’una: o i farmacisti pensano che non ci sia spazio di mercato per 5mila nuovi punti vendita, e allora stiano certi che se ne apriranno di meno, oppure temono che tutte le autorizzazioni saranno utilizzate, a significare che i loro negozi fanno profitti più che sufficienti.
Infine, concessione non tanto piccola ai notai. Nella versione originale del decreto, oltre all’aumento delle sedi notarili, si prevedeva che a partire dal 2015 i concorsi annuali mettessero a bando tutti i posti disponibili. Infatti, i concorsi notarili hanno sempre messo a bando un numero di posti largamente inferiore al totale delle sedi vacanti, col risultato che ancora oggi mancano oltre mille notai. Nella nuova versione del decreto si prevede soltanto che il concorso notarile si svolga con cadenza annuale senza indicazione del numero di posti da mettere a bando.
LE COSE DA FARE
Ma che cosa si sarebbe dovuto fare per rendere il sistema più concorrenziale ed efficiente senza rinunciare al ruolo di tutela del consumatore che gli ordini dovrebbero svolgere? A nostro parere due interventi sarebbero auspicabili. In primo luogo, rinunciare una volta per tutte al principio di autoregolamentazione e prevedere che i consigli degli ordini siano composti non solo di professionisti ma anche di rappresentanti delle istituzioni (per esempio, l’Autorità per la concorrenza) dei consumatori (privati e imprese), dei tirocinanti e potenzialmente anche degli studenti universitari delle materie collegate. Probabilmente, ordini siffatti sarebbero meno timidi nell’esercitare l’attività sanzionatoria e meno solerti nell’attività di tutela degli interessi della categoria. In secondo luogo, limitare al minimo il ruolo dei professionisti nella gestione degli esami di abilitazione, per esempio estendendo anche agli esami orali e ad altre professioni il principio dell’accoppiamento casuale delle sedi d’esame introdotto nel 2004 per gli avvocati dell’allora ministro Castelli.