Così è…se traspare. Storie di finanza e (mancanza di) trasparenzaMa come devono essere fatti i conti della TAV?

Harsanyi, premio Nobel nel 1994 per i suoi studi sull'utilità sociale, starebbe con i NO-TAV? Non sappiamo. Senz’altro, vorrebbe vedere dati che al momento non abbiamo visto. Se prendere una scelt...

Harsanyi, premio Nobel nel 1994 per i suoi studi sull’utilità sociale, starebbe con i NO-TAV? Non sappiamo. Senz’altro, vorrebbe vedere dati che al momento non abbiamo visto.

Se prendere una scelta per se stessi è già difficile, figuriamoci quanto può esserlo scegliere per una comunità, o per l’intera società di un paese. Il risultato è che a chi fa presente il proprio interesse, privato e legittimo, viene opposto l’argomento della scarsa coscienza sociale. Viene trattato da villano, dicendo che non può usare l’argomento: “non nel mio giardino”, che è un concetto da orsi e da ignoranti. E allora il conflitto è inevitabile. E il conflitto è tanto più duro quanto più piccola è la comunità degli interessi che sono attaccati, e alla fine i cittadini di quella comunità vedranno sacrificati i propri interessi e potranno solo dire “a chi la tocca la tocca”, come un personaggio dei Promessi Sposi dopo il passaggio della peste.

Allora voglio rileggere Harsanyi e usare un paio di suoi principi per capire almeno se ci sono i dati per valutare la questione. II principio di base è l’efficienza paretiana, una cosa che significa che nessuno deve essere svantaggiato da una scelta sociale. Un altro modo di dirlo è “non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te”, ma siccome chi l’ha detto non era uno scienziato (aveva una sola pubblicazione, e per giunta in aramaico), il concetto non gli è mai stato accreditato. Vuol dire che non si può fare nulla? Assolutamente no. In primo luogo, si possono spendere i soldi in iniziative che davvero non danneggiano nessuno. In secondo luogo, si può fare una scelta che danneggia qualcuno risarcendolo, e giustificando il’equità del risarcimento. Connesso a questo concetto di efficienza, il principio proposto da Harsanyi per prendere decisioni è: estrai da un urna una identità all’interno della comunità, e chiediti quale sarebbe la tua scelta in quel caso, e ripeti l’esperimento altre mille volte. Pensate quanto può essere dirompente questo principio, e quanto è disatteso nella politica italiana: pensate se per fare la riforma della giustizia, Berlusconi avesse estratto una carta su cui era scritto “Bocassini”.

Ebbene, eccomi seduto al gioco di società di Harsanyi e assumo che mi venga consegnata la carta: abiti in Val di Susa. Quali dati chiederei per scegliere tra TAV e no TAV? Ecco la mia lista, ripartita tra costi e benefici

Costi:
• Quanto farebbe pagare un’assicurazione sulla vita a un cinquantenne che vive nella Val di Susa, rispetto a un cinquantenne che vive a Firenze? Questo misura l’impatto della TAV sulla salute della popolazione. Lavoro per gli attuari.
• Quanto sarà il valore attuale dei redditi persi sui cespiti che dovranno essere confiscati per fare l’opera? Lavoro per gli esperti di estimo e di valutazioni immobiliari.
• Quanto sarà il costo di riconversione del capitale umano e fisico? Quale terreno potranno coltivare i contadini della Val di Susa o quale nuovo lavoro potranno scegliere? Lavoro per economisti del lavoro. E’ chiaro che fare l’opera in un momento in cui il lavoro è ancora rigido e precario, non è la scelta migliore.
• Quanto costa fare l’opera? Lavoro per ingegneri ed economisti industriali.
• Quanto costerà la manutenzione? Lavoro per esperti di treni. Un mio amico a cena mi ha spiegato problemi tecnici di un treno merci su una linea di alta velocità. Non mi ricordo un tubo, se però lo vuole spiegare gli presto volentieri il mio blog (visto che abbiamo scritto tante cose insieme).

Benefici
• Aumento di reddito da lavoro e da capitale dall’indotto dell’opera. Ancora lavoro da economisti industriali.
• Impatto macroeconomico e riverbero sui conti degli abitanti della valle. Lavoro da macroeconomisti.

Il dibattito cui assistiamo, sulle tonnellate di merci che oggi non passano sulla rete già esistente, ci fa intuire che il saldo tra i ricavi e i costi della costruzione e manutenzione dell’opera sia negativo. Non mi risultano dati sui costi di tipo attuariale e estimo/immobiliare, chiedo informazioni alla rete.

Quali conclusioni trarre? Una, diretta a due miei colleghi del gruppo di ricerca di Bologna, è che la nostra ricerca di ringiovanimento di Harsanyi è estremamente importante, a giudicare da come vengono prese e motivate le decisioni, e batte troppo la fiacca. Un’altra è che questi dati saranno tutti verificabili ex-post, dopo la realizzazione dell’opera, e resteranno testimonianza della competenza (o meno) del governo tecnico su questo punto.

E se al gioco di ruolo di Harsanyi si contrapponesse l’argomento che la probabilità di estrarre la carta “abiti in val di Susa” è molto bassa? In tal caso sarebbe immediato opporre che la probabilità di estrarre quella: “azionista di società con appalto in val di Susa” sarebbe sicuramente inferiore. Un governo di economisti dovrebbe dare la massima attenzione a questo punto.

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