THE BLAIR MUM PROJECT: blog di una mamma (e figlia) a LondraAmmazza la vecchia col flit

Adesso che sono in Italia, di nuovo, capisco tante cose. Ad esempio che quando attraversi le strisce pedonali e ti lasciano passare, nel Regno Unito è segno di grande civiltà. In Italia è solo per ...

Adesso che sono in Italia, di nuovo, capisco tante cose. Ad esempio che quando attraversi le strisce pedonali e ti lasciano passare, nel Regno Unito è segno di grande civiltà. In Italia è solo per guardarti il culo. Quindi, io, con i miei complessi di culo all’infuori, ringrazio, e resto dove sono, senza far valere i miei diritti di pedone.
Sì, l’altro giorno sono andata a correre e mi sono imbattuta in me stessa, o meglio nell’immagine riflessa di me stessa in una qualche vetrina. Vediamo se riesco a spiegarvi quel che ho visto: un filo, un’acciughina, di profilo, piccina e tutto sommato magra. E poi, improvvisamente, come uno stacco pubblicitario, come un fulmine a ciel sereno, una prorompente, impertinente, autonoma ed indipendente protuberanza. Così ho deciso, finalmente, di mettere un punto al complesso di culo all’infuori e, di testa mia, senza dir nulla a nessuno, se no poi pensano che lo dici apposta, ho preso appuntamento con un dottore.
“Dottore, buongiorno, senta, lei mi deve curare, sono 30 anni almeno che ho un problema, e almeno 15 che me ne vergogno: la gente non può guardarmi il sedere a questo modo, non riesco più a mettere le gonne, ne i fuseaux. Quindi la imploro, faccia qualcosa, mi sposti il bacino, mi curvi le ossa, me le spezzi, mi cambi la postura, devo tornare dritta e non con questa specie di trampolino da sci che mi ritrovo qua dietro. E’ imbarazzante. Non è grosso. E’ solo all’infuori, ecco, lo vede anche lei, no?”. Dottore: “Ma io lascerei tutto stare così com’è signorina, gl’è proprio bellino così”. No scusate, mi sta prendendo in giro? Io vado da un dottore per farmi curare nella speranza di ovviare alla demenza umana, e mi ritrovo la crème de la crème della categoria? Cè qualcosa che non va. Si chiama iperlordosi, IPERLORDOSI, I P E R L O R D O S I, IIIIIPEEEEEERLOOOOOORDOOOOOSIIIIIIIII. Ho optato per lo yoga.

Ma lasciamo perdere questo triste problema che mi dovrò portare dietro, sì proprio dietro, per una vita intera, oggi riflettevo, a piedi per la mia città, che in 4 giorni che son qua non ho combinato proprio un bel niente. O meglio, ho fatto mille cose, ma come al solito, a modo mio. Tipo: ho scelto di dormire dai miei suoceri, ma non ho ne chiavi di casa, ne macchina. La mia macchina, che l’altro giorno si è accesa, oltre a lei s’è accesa anche una spia. Rossa. Incomprensibile. O almeno speravo di non comprenderla. Ma oggi le macchine sono diventate intelligenti e le spie si sono trasformate in lettere a caratteri cubitali. Le mie, assemblate insieme, dicevano più o meno così: MOTORE ROTTO. FERMATI, VAI ALLA PRIMA OFFICINA. A parte la sfiga allucinante che mi accoglie ogni qual volta io rientri nel mio paese, ma poi che fai, mi prendi per il culo? Prima mi dici fermati, e poi vai alla prima officina? E come cazzo ci vado alla prima officina? “Buongiorno signori meccanici, sì, scusatemi, la mia macchina mi ha detto di venire da voi. Sono venuta io perché lei è rotta”. Mmmmmmhhhhh, sì, penso che lo farò. Poi ho iniziato la trafila per rifare i documenti che mi avevano rubato a Londra, tutto tranne la carta d’identità che mi ero rifatta in 1 ora e mezza l’ultima volta che sono tornata. Qualsiasi cosa io dovessi fare, dalla nuova patente al nuovo tesserino da giornalista, mi chiedevano un documento. Ma dopo Londra e la lettere dell’ambasciatore Mazzanti Viendalmare per farmi rimpatriare, che dite voi, me li porto dietro i documenti io? Eh no che non me li porto. Stanno sotto il cuscino stanno. E come glielo spiego io ai dipendenti comunali? Gliel’ho spiegato. E loro hanno avuto compassione di me e dei miei racconti penosi e malati.

Stamani poi sono andata alle poste per spedire a mio marito le lenti a contatto che in Inghilterra pare costino uno sproposito. Idea peggiore per un tuffo nella realtà Italiana tout court, non potevo averla. Non faccio in tempo ad arrivare al bancone per acquistare un pacco dove infilare le lenti da inviare, che la signorina mi guarda, anzi no, manco mi guarda, che mi dice già pronta ” Aaaaahhhh no eh, adesso c’è il cambio turno e quindi lei aspetta”. Come scusi? No ciccia, non hai capito. Vengo da Londra e piove tutto l’anno, ma lì almeno la burocrazia, per tua sfortuna, funziona di brutto e quindi, io, oggi, sono davvero incazzata. Con te. Impreco sotto voce, ma poi non ce la faccio, proprio non ce la faccio. Avete presente la scena in cui il giudice cattivone per trovare Roger Rabbit, bussa sul muro e ripete canticchiando “Ammazza la vecchiaaaa……..!” E poi ancora, e ancora finché il povero coniglio non esplode, viene allo scoperto cantando in modo liberatorio ed assolutamente indispensabile, inopprimibile “…..col fliiiiiit!”. Ecco, quella ero io oggi. Una certa forza si è impossessata di me, dei miei occhi e del tono della mia voce. Ho visto il mio uomo, il manager delle poste, lui che in passato (non è mai cambiato, ndr, siamo a Firenze, che ve lo dico a fà) è sempre stato così gentile, premuroso, attento e soprattutto, di effettivo aiuto. L’ho seguito. Si è chiuso in un camerino privato con scritto “divieto di accesso”. Mi ci sono infilata dentro. Lui si è voltato, l’ho preso in disparte e gli ho espresso (vomitato) tutta la mia frustrazione, il mio dolore, la mia stanchezza nei confronti di questi atteggiamenti così gratuiti che poi gratuiti non sono manco per niente perché ci costano un capitale. E lui, il manager delle poste, molto gentilmente mi ha risposto con le sole ed uniche parole che volevo sentirmi dire ” Signora, non si preoccupi, ho visto la scena ed ho chiamato proprio adesso qui in questo stanzino le colleghe a dare spiegazioni. Le riprenderò per il loro atteggiamento profondamente sbagliato”. Caspita. Sono sicura che c’è un posto a Montecitorio per te, vuoi andare? Saresti un goccino utile.

Ma che vi devo dire. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la visita alla mia nonnina delirante. Quella del “tipo del piano di sopra”. Dalla quale però ho ricavato un bel vestito rosso super vintage che ho subito indossato con i miei sandali in bronzo, collana in plastica a forma di ciliegione rosse e foglie verdi (della mia amica P., quella nordica con la guida napoletana), occhiali da sole neri con stecche fucsia alla ray ban, e borsa a tracolla beige con retro fucsia. Splendida. La mia nonna. Beh, ad ogni modo, i suoi racconti sono inquietanti, a tratti meravigliosi, decisamente raccapriccianti. Ma tornando al mio aver fatto poco in questo mio soggiorno tutto fiorentino, la causa è da imputare alla mia attuale situazione pedibus che mi permette spostamenti lenti e programmati. Ma poi è difficile tirar dritto per la propria strada qua. Ci credo che poi si dice che i fiorentini sono antipatici, non si salutano fra di loro, brutti presuntuosi: eh ci si conosce tutti, se ci si ferma a salutarci, bona ugooo. L’altro giorno dovevo essere alle 9 in un posto e alla decima persona incontrata, ho smesso per forza di salutare se no arrivavo alle 11. Dovete capire che non è solo caratteraccio, ma una pura questione di sopravvivenza.

Bene, con questo concludo perché domani mi aspetta una delle mie solite giornate intense: treno (ITALO, €24 Firenze > Milano, FS TIEEEEEE’) per andare alla festa de Linkiesta ed assistere alla premiazione di noi blogger vincitori, tra cui, spero anche io. Possibile che quando vinco, io non riesca mai a capirlo? Come quando mio marito mi ha chiesto di sposarlo: credete che io avessi capito? Sono stata in ansia per 3 giorni perché non sapevo cosa intendesse con quel “vuoi sposarmi”?; cioé, intendi ora ora, o in generale nella vita?????

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