Riprendo, e ripropongo l’intervista realizzata da Luca Pautasso, per Notapolitica.it, a Giuliano Olivati, agente immobiliare e presidente della Fiaip Bergamo, che già avevamo ospitato su questo blog nei mesi passati.
Nel male, poteva andare peggio. Anzi, tutto sommato per moltissimi proprietari di prima casa potrebbe addirittura essere inferiore rispetto all’Ici pagata fino al 2007. Per alcuni versi può essere utile al mercato. Di che cosa stiamo parlando? Dell’Imu, la tanto vituperata tassa sulla prima casa introdotta dal governo Monti. Secondo Giuliano Olivati, agente immobiliare e presidente della Fiaip Bergamo (Federazione italiana agenti immobiliari professionali), la nuova imposta municipale unica da un certo punto di vista si può addirittura definire «una provvida sventura».
«Intendiamoci, nessuno è un fanatico delle tasse» mette le mani avanti Olivati, che per mesi si è sentito dare del matto per questa sua affermazione decisamente controcorrente. «Il problema è che da quando nel febbraio scorso il tema Imu è diventato “carne da talk show”, si è creato un effetto paralizzante sul mercato immobiliare. Ora, invece, le cose si stanno finalmente sistemando». L’agente immobiliare parla di un “effetto mucca pazza” sull’opinione pubblica: per mesi l’Imu è stata un’incognita, un punto oscuro che la gente non capiva e che generava panico nel mercato, sia tra i venditori che tra i potenziali acquirenti. «Si parlava di Imu come “atto espriopriativo”, si diceva che molti proprietari sarebbero stati costretti a vendere. Oggi, finalmente, scopriamo che non è così».
Ma andiamo con ordine. «Un fatto certamente positivo – spiega Olivati a Notapolitica – è che la stragrande maggioranza dei comuni ha scelto di applicare l’aliquota minima, ovvero quella al 4‰. Quindi, di fatto, per i proprietari delle prime case la situazione non sarà molto diversa da quella vissuta fino al 2007, quando l’imposta comunale sugli immobili era ancora in vigore: al netto delle detrazioni, che per le famiglie più numerose possono arrivare fino a 600 euro, – prosegue il presidente bergamasco di Fiaip – qualcuno pagherà di più rispetto all’Ici, qualcuno qualcosa meno, qualcuno non la pagherà affatto, ma di certo nessuno sarà costretto a vendere casa».
Dove starebbe la “provvidità” della sventura? Negli effetti che la tassa ha esercitato sul mercato immobiliare: una volta superata l’onda del terrorismo mediatico, i prezzi stanno tornando a livelli sostenibili, e gli scambi stanno lentamente ripartendo. Come si spiega? «La vera “stangata” dell’Imu si abbatte sulle “non prime case”» dice Giuliano Olivati. «Questo significa per il proprietario che più mantiene sfitto un immobile, più ci rimette. E, di conseguenza, tutto questo può aiutare il repricing al ribasso del mercato». Il che, detto in soldoni, significa meno case sfitte, affitti più bassi e anche prezzi di vendita più bassi anche del 30% rispetto ai picchi del 2007: un aiuto non indifferente a rimettere in moto un mercato stagnante e in grossa difficoltà come quello del mattone.
«I picchi di prezzo del 2007 non sono più sostenibili – spiega Olivati – e l’Imu, assieme al costo di tutte le utenze e le bollette legate alla gestione di un appartamento, rendono molto svantaggioso per il proprietario continuare a “tenerlo lì” in attesa che arrivi un’offerta soddisfacente per una richiesta troppo alta rispetto ai reali parametri del mercato». Dice ancora l’agente immobiliare: «Tra il 1997 e il 2007 i prezzi delle case sono cresciuti mediamente del 100%. In taluni casi, addirittura del 150%. Soltanto a Roma, fino al 2007, si registravano aumenti del 15% ogni anno». Un bengodi simile non è più immaginabile in tempi di crisi: «Oggi tutti gli istituti di ricerca che operano nel settore ci dicono che per il prossimo futuro la prospettiva è negativa, e ci vorranno anni prima che si riprenda». Significa forse che il mattone, delizia delle formichine italiane, non rappresenta più una forma di investimento sicuro? Al contrario. Per Olivati «l’immobile rappresenta la forma di investimento più conservativa nel medio/lungo periodo. In un arco di 10-15 anni è in grado di garantire un soddisfacente capital gain. L’errore è pensare di poter vendere oggi ai prezzi del 2007, o pensare che il mattone sia qualcosa che compro oggi e rivendo domani al prezzo che preferisco».
A questo punto la domanda sorge spontanea: erano i prezzi del 2007 ad essere “gonfiati” rispetto al valore reale, o sono quelli odierni ad essere deprezzati? «Né l’uno né l’altro» assicura l’esperto. Il valore di un immobile non è fisso, e come qualsiasi altro bene segue la legge economica della domanda e dell’offerta: nel 2007 la situazione economica era caratterizzata da salari più alti, benessere più diffuso e una ben maggiore disponibilità da parte degli istituti di credito a concedere mutui. Oggi non è più così, e non si può continuare a parametrare il prezzo di una casa ai valori di allora. Qualcuno, però, si era illuso di poterlo fare ugualmente. Finché non è arrivata l’Imu a “mettere ordine” sui prezzi, adeguandoli alla realtà.
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