■ Chi è Andy Carvin?
Un altro ospite che abbiamo avuto il grande piacere di intervistare per la serie Intervistato Journalism Festival, direttamente dal Festival del Giornalismo di Perugia, è Andy Carvin.
In primo luogo abbiamo chiesto ad Andy quale potrebbe essere il corrispettivo dell’archivio giornalistico nei social media: al momento non esiste. I social media sono noti perché “vivono” l’attimo, ma non hanno buona memoria. La quantità di tweet che possono essere letti su un determinato account è limitata, quindi recuperare vecchi tweet e vecchie informazioni potrebbe essere impossibile.
Facebook ha recentemente introdotto la timeline, che permette di andare indietro nel tempo e leggere tutte le informazioni pubblicate, ma prima sarebbe stato impossibile avere accesso al contenuto più vecchio.
Si tratta senz’altro di una sfida: parliamo di una quantità enorme di informazioni disponibili, ma non esiste un modo per organizzare e analizzare una tale mole di dati in profondità.
Esistono alcuni strumenti che sono stati sviluppati in via sperimentale, che possono analizzare i trend nel tempo, e fare un’analisi linguistica e del sentiment delle informazioni estratte dai social media.
Andy è del parere che queste tecnologie siano tuttavia ancora ai primi stadi: non siamo ancora a un punto tale per cui si possa prendere una grande mole di dati Twitter per analizzarli e trovare, per esempio, l’origine delle dicerìe, e la motivazioni dietro le dicerìe. Il CEO di Google ipotizzava, durante un discorso, una situazione in cui c’è una grande quantità di dati (sia provenienti dai social media che da altre fonti) e gli strumenti per analizzarli, tanto da poter capire in tempo reale se un politico sta dicendo la verità oppure no.
Non siamo ancora neanche lontanamente vicini a questo obiettivo, ma non è detto che non sia possibile in futuro.
Per quel che concerne la privacy, la situazione sarà molto diversa a seconda del luogo dove si è e delle leggi di quel luogo. Nessuno legge mai le condizioni e i termini d’utilizzo, ma le aziende a cui cediamo i nostri dati possono analizzarli, monetizzarli e fare marketing sulla base delle ricerche effettuate su quei dati. E’ un motivo di grande preoccupazione per molti, e tuttavia oggi non c’è una risposta chiara per la gestione di questo problema.
Infine abbiamo chiesto ad Andy qualche dettaglio in più riguardo al suo database di tweet sulla Primavera Araba. Nel 2011 ha raccolto circa 100.000 tweet, ed ora gli piacerebbe che qualcuno ci giocasse, che trovasse ad esempio storie che possono essere sfuggite, trovare relazioni tra fonti, pattern e tendenze.
Questo tipo di attività potrebbe portarci a sviluppare nuove forme di storytelling in futuro, al di là dell’aspetto prettamente scientifico e di ricerca.
Invito tutti a visionare l’intervista, molto ricca di spunti e riflessioni. Buona visione!