Intervistato.comEmanuele Quintarelli su Intervistato.com

■ Chi è Emanuele Quintarelli? Qualche tempo fa abbiamo avuto il grande piacere di intervistare Emanuele Quintarelli, Social Business Strategist e partner in Open Knowledge nonché autore di The Soc...

 https://www.youtube.com/embed/OGxFP71PRvc/?rel=0&enablejsapi=1&autoplay=0&hl=it-IT 

■ Chi è Emanuele Quintarelli?

Qualche tempo fa abbiamo avuto il grande piacere di intervistare Emanuele Quintarelli, Social Business Strategist e partner in Open Knowledge nonché autore di The Social Enterprise.

Per prima cosa abbiamo chiesto che cosa è l’enterprise 2.0: Emanuele ha risposto che, contrariamente a quanto molti manager pensano, non si tratta tanto dell’introduzione di social software o social media dentro l’azienda, anche se questi strumenti sono degli abilitatori in questo senso, ma è un rinnovamento profondo dei meccanismi di management interni delle aziende, con l’obiettivo di far fronte a un insieme di sfide che stanno emergendo sul mercato.

Naturalmente abbiamo chiesto anche quali siano gli ostacoli quando si parla di questo tipo di approccio. Secondo Emanuele sono tantissimi, perché si vanno a toccare pratiche, abitudini e situazioni di comfort con cui sia manager che dipendenti hanno convissuto per decenni. Si tratta di resistenze legate alla scarsa conoscenza delle potenzalità di questi strumenti, resistenze tecnologiche, ma anche concettuali: in fondo stiamo dicendo che il potere passa alle persone.

Tutte queste resistenze possono essere affrontate, e non sono quelle che minano il successo dei progetti. Il vero fattore di pericolo è costituito dal management che non riesce a stare al passo con i tempi e capire in che direzione aziende e mercato stanno andando.

Un altro aspetto che abbiamo affrontato è stato quello della comunicazione interna. Quasi tutte le organizzazioni di una certa dimensione lavorano per silos, che creano enormi barriere alla circolazione dell’informazione, e che, per la loro stessa struttura, impediscono all’organizzazione di fornire un’unica esperienza, integrata e coerente, ai propri clienti. Per questo motivo nel Social CRM uno dei concetti più importanti è quello di creare un’unica interfaccia, un unico asse che orienti tute le attività customer-phasing che l’azienda esegue.

Dato che Emanuele aveva scritto, diverso tempo fa, un articolo intitolato “Il Social CRM non esiste“, abbiamo chiesto qual è la sua visione di come dovrebbe essere il social CRM. A suo avviso il Social CRM esiste, al di là della provocazione lanciata dal suo articolo, ed esistono necessità che stanno emergendo grazie alla spinta dei social media e al nuovo ruolo che i consumatori hanno rispetto all’azienda, che deve prendere atto delle conversazioni che si stanno sviluppando, e possibilmente trarne beneficio.

Il Social CRM quindi non è mettere su una pagina su Facebook, o lanciare una community, o fare del social media marketing e monitoring: si tratta invece di un nuovo approccio di coinvolgimento del cliente, che è trasparente, bidirezionale, e soprattutto onesto.

Per quel che concerne la necessità di attuare dinamiche social già all’interno dell’azienda per riuscire a farlo in maniera efficace verso l’esterno, con i propri clienti, abbiamo chiesto ad Emanuele se si tratta di un passaggio che può portare alla degerarchizzazione delle aziende. Secondo lui l’enterprise 2.0 non propone un sovvertimento delle gerarchie. Le intranet 2.0 stanno trasformandosi da strumento top down della comunicazione del management verso i dipendenti, in qualche cosa che tutti possono usare per lavorare e soprattutto collaborare.

Senza dubbio si tratta di un percorso accidentato, per il successo del quale sarà più necessaria un’evoluzione culturale piuttosto che tecnologica: le tecnologie infatti sono disponibili. La verità è che il rischio più grande non sono le informazioni che potrebbero trapelare, la difficoltà più grande è che dentro queste piattaforme non entri nessuno. Questi approcci rischiano di fallire non perché c’è un’eccessiva partecipazione, ma perché non c’è proprio partecipazione.

Infine abbiamo chiesto ad Emanuele quale sia la paura più grande del top management quando si tratta di adottare questi strumenti e approcci: secondo lui si tratta di una paura duplice. Da una parte una grande mancanza di consapevolezza sui benefici, e infatti molti manager affermano di avere altre priorità; dall’altra la paura della perdita del controllo, e del non sapere gestire quel che potrebbe succedere in azienda.

Naturalmente invito tutti a visionare l’intervista, molto ricca di spunti e riflessioni. Buona visione!

Leggi il post completo su Intervistato.com

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter