Che fosse cattolico era noto. Che il suo governo avesse ottenuto la benedizione delle gerarchie ecclesiastiche anche. Che ci siano diversi ministri emanazione di Cei e Vaticano nel suo esecutivo un po’ meno, ma ne avevamo parlato sulle nostre pagine subito dopo che l’esecutivo aveva avuto la fiducia delle Camere. Ma che Monti fosse un tale fan del papa da averlo già incontrato 5 volte in appena 7 mesi di governo non era facile attenderselo.
Anche perché Monti si era presentato come un “tecnico” ad alto tasso di laicità, nonostante il fatto che sia un credente praticante. E infatti, pacato e misurato nello stile e negli atteggiamenti, non si era inginocchiato – come aveva invece fatto Berlusconi – di fronte al papa quando era stato ricevuto in udienza in Vaticano (tanto per fare un confronto: durante la “Marcia per la Vita” del 13 maggio scorso, Alemanno, con la fascia tricolore addosso, si è letteralmente inchinato di fronte all’ultra conservatore card. Raymond Leo Burke), né aveva baciato l’anello pontificio, mentre la moglie Elsa aveva scelto di non indossare nemmeno il tradizionale velo nero previsto dal protocollo vaticano.
Ma se tanti indizi non fanno una prova, qualche indicazione la danno.
Il primo incontro, informale, tra Monti e Benedetto XVI ci fu il 18 novembre 2011, cioè appena il giorno dopo che Monti aveva incassato la fiducia del Senato (e poche ore prima di recarsi alla Camera per il varo definitivo del suo governo). Il presidente del Consiglio era andato all’aeroporto di Fiumicino per incontrare e salutare il papa in partenza per un viaggio apostolico in Benin. Una lunga stretta di mano e uno scambio di saluti, poi il premier aveva accompagnato Benedetto XVI fino alla scaletta dell’aereo, camminando fianco a fianco con lui e parlando per tutto il tragitto.
Poi un altro incontro di quasi mezz’ora, il 14 gennaio. Questa volta si trattava di una udienza ufficiale in Vaticano, quella in cui il premier aveva laicamente scelto di non inchinarsi di fronte al papa. Nel corso del colloquio Monti aveva comunque incassato il placet del pontefice al suo governo: «Avete cominciato bene ma in una situazione difficilissima, quasi insolubile», aveva infatti detto il papa.
Ancora, il 23 marzo scorso, un breve saluto, di nuovo all’aeroporto di Fiumicino, dove Monti aveva salutato Benedetto XVI in partenza per il viaggio apostolico in Messico e Cuba. Il premier aveva accolto il papa all’arrivo dell’elicottero accompagnandolo, anche in questa occasione, fino alla scaletta dell’aereo. Infine, l’incontro di Arezzo, dove il papa, il 13 maggio scorso, compiva una visita pastorale, rivelatasi poi un mezzo flop. Alla messa, celebrata dal papa nel parco del Prato, cuore verde di Arezzo a pochi metri dalla cattedrale, ha voluto assistere anche il presidente del Consiglio. Una presenza strana, quella di Monti, che difficilmente si giustifica se non con la volontà di accogliere il papa al suo arrivo e di presenziare alla celebrazione pontificia. Al termine della messa, infatti, il presidente Monti si è recato a Rondine, presso Arezzo, per il suo unico impegno ufficiale: l’incontro con i membri dell’Associazione Rondine Cittadella della Pace-Onlus, che ospita ragazzi palestinesi e israeliani per creare un ponte di pace, oltre a studenti provenienti da Paesi in conflitto, dai Balcani, dal Caucaso, dall’Africa. Un po’ poco, per giustificare una trasferta durata due giorni.
Infine, la kermesse milanese sulla famiglia. Il 3 giugno scorso: tra le autorità presenti alla messa conclusiva presieduta da Benedetto XVI al Parco di Bresso c’era, di nuovo, anche il presidente del Consiglio. E il papa, nel corso dell’udienza generale del 6 giugno, durante la quale il papa ha ricordato le giornate milanesi, ha voluto esplicitamente ringraziare Monti per tanta assiduità.
11 Giugno 2012