Così è…se traspare. Storie di finanza e (mancanza di) trasparenzaPerché l’accordo di Bruxelles non scalfirà la crisi? Perché non si è parlato di Eurobond e collateral

“Sul mercato si teme che la prossima crisi verrà dalla mancanza di collaterale”.  Questa frase, che un ospite “quant”  mi ha riferito a pranzo, mi fa dubitare che il vertice di Bruxelles abbia inta...

“Sul mercato si teme che la prossima crisi verrà dalla mancanza di collaterale”. Questa frase, che un ospite “quant” mi ha riferito a pranzo, mi fa dubitare che il vertice di Bruxelles abbia intaccato la radice vera della crisi e non abbia affrontato l’unica soluzione possibile: gli Eurobond.

Rischio bancario e rischio sovrano. Partiamo da quella che giustamente viene definita la novità del vertice: il riconoscimento che ciò che dà un carattere mostruoso alla crisi è l’intreccio tra rischio bancario e rischio sovrano. Da ex-bancario, e soprattutto da uomo-COMIT (che vuol dire bancario per sempre), mi piace esprimere questo concetto usando le parole del nume tutelare di tutti gli uomini COMIT, Raffaele Mattioli. Il fondatore della COMIT parlava di “mostruosa fratellanza siamese” per l’intreccio tra rischio bancario e industriale nella crisi degli anni 30, e così anch’io da circa un anno ripeto alle conferenze cui mi capita di partecipare che esiste anche nella crisi di oggi una “mostruosa fratellanza siamese”, stavolta tra rischio del sistema bancario e rischio sovrano. Risolvere la crisi significa separare i gemelli e farli sopravvivere entrambi. La decisione di lavorare a un sistema di vigilanza e di intervento europeo nelle crisi bancarie è un primo passo nel tentativo di separare i gemelli. Ma non è stato fatto niente per la sopravvivenza, perché non è stato toccato il tema degli Eurobond ed il tema connesso, vitale per il sistema bancario, del collaterale.

Cos’è il collaterale? Il collaterale è una quantità di un’attività finanziaria che viene dato in garanzia. Chiunque incontrate dell’industria vi dice che “oggi si lavora solo con il collaterale”. Vuol dire che oggi qualunque operazione una banca scelga di effettuare richiede di disporre di “collaterale” da depositare a garanzia dell’operazione. Quello che sappiamo tutti è che le banche depositano collaterale per ottenere liquidità dalla banca centrale, ma questo è solo l’esempio più banale. Se una banca vuole gestire al meglio i propri rischi con il trasferimento di alcuni di essi a un altro intermediario, oggi può farlo soltanto depositando garanzie (collateral, appunto) alla controparte. In altri termini, la disponibilità di collaterale rappresenta allo stesso tempo un lubrificante delle relazioni tra istituzioni finanziarie (e non solo) e un profilattico contro il contagio del rischio di insolvenza.

Cosa succederebbe se non ci fosse più collaterale? Le banche non potrebbero ricevere liquidità e non potrebbero gestire il proprio rischio. E’ come dire che le banche non potrebbero più fare le banche. Per essere chiari: dovendo prestare dei soldi per un mutuo o un fido, una banca saprà che non sarà in grado di ottenere la liquidità necessaria, e che non ci sarà modo di trasferire questo rischio qualora in futuro non possa più sostenerlo. Che farà? Non presterà i soldi, o è meglio dire che ne presterà ancora meno di quanto non faccia oggi. E’ il credit crunch che stiamo vivendo, e che qualcuno attribuisce alla mancanza di liquidità presente e futura. Quindi: no collateral, no party. E, soprattutto, niente crescita.

Chi produce il collaterale? O meglio: chi produce collaterale di buona qualità? Eccoci alla chiusura del cerchio. Ci sono collaterali di qualità diversa, e collaterali di scarsa qualità sono utilizzati con cautela. Ci sono buoni profilattici e profilattici bucati. In certi casi, ad esempio nei contratti derivati per il trasferimento dei rischi, la cautela è massima e si utilizza soltanto collaterale della migliore qualità. In altri casi, la cautela si concretizza nell’applicazione di haircut sul valore della garanzia (tra l’altro, questo è il significato vero di haircut in finanza, che non ha niente a che vedere con l’utilizzo che ne è stato fatto in casi come il swap del debito greco). Ma lasciamo perdere i profilattici bucati: nelle transazioni finanziarie, chi produce oggi collaterale di qualità? Un monopolista di nome Germania. Si tratta di un mercato di 1900 miliardi di titoli. E sono pochi, visto la continua pressione al ribasso che viene esercitata sui rendimenti. Come sarebbe possibile creare altro collaterale di qualità comparabile? L’unica strada è l’emissione congiunta di titoli: Eurobond o European Redemption Fund (ERF). Un lavoro di Goldman Sachs stimava in 2400 miliardi i titoli che sarebbero stati emessi dall’ERF, e in un mio lavoro con Angelo Baglioni abbiamo ipotizzato l’emissione di Eurobond per 3300 miliardi di euro. La mancanza di questi competitori oggi garantisce alla Germania una rendita di posizione che frutta intorno al mezzo punto percentuale di risparmio sulla spesa per interessi. Perché la Germania dovrebbe rinunciare a questa rendita di monopolio?

In conclusione, è comprensibile che Angela Merkel non voglia vedere gli Eurobond finché vivrà. Ma il fatto che questo abbia a che vedere con il problema del salvataggio degli altri non ha fondamento, o è per lo meno discutibile. E comunque è in contraddizione con la presenza della Germania nel fondo EFSF/ESM. Quello che è indiscutibile è che gli Eurobond o l’ERF porrebbero seri problemi al mercato dei BUND. Dall’altro lato, l’unico modo di uscire dalla crisi è ricostituire collaterale, cosa che può essere fatta soltanto mettendo in comune una parte del debito (o garantendone una parte), in concorrenza con il monopolista. Qual è l’unico modo per farlo? E’ tenere fuori (dagli Eurobond), la Germania. Quindi, è vero che risolvere la crisi richiede battere la Germania, ma è anche vero che la vittoria di Monti per ora è una vittoria di Pirro.