Non so voi, ma uno del PD che dice:
“Dimostreremo che non è vero che l’Italia e l’Europa sono state distrutte dal liberismo ma che al contrario il liberismo è un concetto di sinistra, e che le idee degli Zingales, degli Ichino e dei Blair non possono essere dei tratti marginali dell’identità del nostro partito, ma ne devono essere il cuore”
come minimo bisogna ammettere che ha del coraggio.
Lo ha detto oggi Matteo Renzi sul Foglio, in relazione alle ormai certe primarie che ci saranno in autunno nel centrosinistra (ancora non si capisce se interne al PD o aperte).
Non voglio aprire un vaso di Pandora sull’identità della sinistra (sono stanco solo a pensarci), ma mi interessa la questione specifica dell’accostamento sinistra-liberismo.
Intuitivamente è difficile pensare che un elettore di centrosinistra non storca il naso a sentire una frase come quella di Renzi. Parole come mercato, competizione/concorrenza, imprenditoria, tagli alla spesa, liberalizzazioni, produttività, efficienza, flessibilità, è difficile che emozionino quella parte politica. Il confronto con eguaglianza, equità, servizi pubblici, redistribuzione, garanzie, beni comuni, decrescita, patrimoniale, in effetti è impari.
Il suono volgare e arido delle prime contrasta con la luminosità e l’idealismo delle seconde.
In realtà io penso che essere liberisti non sia in antitesi con l’essere di sinistra. Già la distinzione che la lingua italiana fa fra liberismo e liberalismo denota un terrore irrazionale nei confronti del libero mercato: a dirsi liberali MA NON liberisti si può essere in pace con la coscienza, dicendosi in linea con generiche rivendicazioni di libertà personale, ma negandole di fatto dal punto di vista economico. In realtà, non si può essere liberali ma non liberisti, perchè la libertà economica è un contraltare di quella politica. Non ci si può definire liberali se si nega il principio secondo cui gli individui sono liberi di produrre e comprare quello che vogliono (nei limiti fissati dalla legge), in un contesto in cui domanda e offerta di beni e servizi si incontrano con soddisfazione reciproca.
Soprattutto, io penso che OGGI essere liberisti può essere di sinistra perchè penso che una politica di questo tipo sia la strada per migliorare le condizioni di vita degli italiani (che è generalmente una rivendicazione di sinistra). In questo senso, se si accetta l’equazione sinistra = progressisti/riformisti (quindi proiettati al cambiamento e all’evoluzione) un approccio liberale/liberista è la cosa più rivoluzionaria che potrebbe esserci attualmente in Italia. Quel qualcosa che a mio avviso potrebbe finalmente sbloccare un paese corporativo, fermo e che schiaccia merito ed eccellenze, nel tentativo (fallito) di mantenere garanzie illusorie o parassitarie, bloccando la mobilità sociale a danno anche dei più poveri.
La politica degli sprechi, del fisco opprimente, della burocrazia, dell’inamovibilità dei lavoratori, del clientelismo, delle pensioni eccessive rispetto ai contributi, del “tutto gratis tanto paga lo stato”, questo è conservatore, nel senso che “conserva” l’esistente senza avere il coraggio di fronteggiare un mondo in divenire. Altro che il liberismo, che l’Italia nella sua storia ha conosciuto fin troppo poco.
Per tornare al discorso iniziale, Renzi è l’unico all’interno del PD che abbia il coraggio di proporre una visione alternativa a quella classica e statalista della sinistra italiana.
Se proprio vogliamo incasellare le cose, per come la vedo io Renzi è l’ala destra del PD del futuro, mentre Civati è quella sinistra. Entrambi sono l’unica possibilità di rinnovamento di un partito altrimenti schiacciato sul passato e su convinzioni che non leggono più il reale. E attenzione, non penso che Renzi, preso da solo, sia un buon rappresentante del PD: per quanto lo apprezzi, è comunque troppo spostato verso il centro, davvero troppo per una grossa fetta di elettori.
Per questo la mia immagine mentale ideale è quella di una diarchia Renzi-Civati, con una proposta unitaria ma in un confronto dialettico fra anime diverse, così come è il Partito Democratico fin dalla nascita. Un po’ come il governo Cameron/Clegg, che unisce il partito conservatore e quello dei LibDem. Questo PD sarebbe un partito dinamico e in grado di rispondere alla società di oggi, con due leader giovani e in grado di interpretare quel rinnovamento di cui la politica (e la sinistra) ha bisogno. Le capacità le hanno, e la comunicatività certo non manca.
Forse chiedo troppo a immaginare un PD (e magari un futuro governo) diretto da due 35enni post-ideologici, ma anche noi liberisti ogni tanto ci lasciamo andare ai sogni.
“Coraggio PD… fatti votare” (come direbbe Clint).
P.s. Per concludere vi consiglio la lettura di questo articolo, “Lettera a un giovane della sinistra“, che va davvero a fondo di alcune questioni cruciali come uguaglianza, libertà e giustizia, aiutando a riflettere su idee generalmente date per scontate.