Per la prima volta in 130 anni Cuba si trova a fronteggiare il pericolo di un’epidemia di colera che al momento ha provocato la morte di 3 persone e 170 casi di contagio individuati perlopiù nella provincia del Granma, sebbene alcuni decine di casi siano stati registrati anche a Camaguey e nella capitale L’Avana.
Il Governo lo ha annunciato soltanto lo scorso 3 luglio, ma i primi focolai si sarebbero verificati già a maggio, estendendosi poi per tutta l’isola nel silenzio generale e preventivo del Ministero della Salute che non ha potuto più nascondere nulla quando i casi sono aumentati e le notizie sono giunte sino in Messico ed in Venezuela che hanno iniziato ad adottare i primi provvedimenti di controllo e prevenzione.
Fino ad ora il colera aveva colpito Haiti, in conseguenza dei grandissimi disastri naturali nel paese, con un triste bilancio di oltre 7.000 vittime e la vicina Repubblica Dominicana con circa 360 morti ed è proprio la vicinanza dei due paesi e l’impegno di numerosi volontari e medici della Brigada Medica Cubana a far pensare che il bacillo del colera provenga proprio da lì e si sia infiltrato nell’isola cubana.
Non si sa che i sintetici comunicati del governo cubano corrispondano alla verità, anche perché il silenzio è dettato da una sorta di autodifesa del sistema sanitario è da sempre considerato un vanto dal governo e più volte i Castro hanno celebrato le grandi aspettative di vita e gli evoluti mezzi sanitari nel paese, rivendicandoli come migliori di quelli nordamericani e brasiliani, nonostante l’embargo Usa, tanto che il presidente venezuelano Hugo Chavez ha deciso di curare lì il proprio tumore alla prostata, annunciando di essere in notevole miglioramento.
Effettivamente gli operatori sanitari hanno subito distribuito gocce di cloro e sali di reidratazione, per cercare di fronteggiare i primi focolai, ma se l’epidemia dovesse allargarsi sarebbe difficile non pensare ad una richiesta di aiuto internazionale che potrebbe arrivare ovviamente solo dall’area latino-americana.
Poco panico e molta fiducia traspare dalle fonti interne al paese, e dagli alberghi e dai villaggi turistici fanno sapere, non senza interessi particolari, che ogni giorno ci sono screening e controlli, che il personale medico è mobilitato e che ogni caso di malore che faccia sospettare un contagio di colera viene subito dirottato in emergenza negli ospedali.
Tutt’altre notizie giungono da blogger del luogo o di stanza a Miami, che citano un migliaio di contagi mentre il blog Café Fuerte parla di decessi in numero superiore coperti volontariamente dal governo per evitare panico e soprattutto fughe di turisti e c’è chi ha smentito anche la provenienza da Haiti del virus, parlando invece di scarse condizioni igieniche ed alimentari e della contaminazione di pozzi nella provincia del Granma a seguito di allagamenti e pesanti piogge.
Ma questa è la solita Cuba, dove la verità è ancor più relativa che nel resto del mondo e dove il mix micidiale di arroccamento nel patriottismo e repulsione anti-castrista può essere perfino più pericolosa del colera stesso e l’isolamento parziale dell’isola rende tutto difficile.