Non sono stata l’unica, ma ho cercato, da autentica paladina delle cause perse, di boicottarli, questi Europei.
Ho adottato la tattica “parliamo di tutto per non parlare d’amore” da contrapporre ad un sport diventato solo business e scommesse, diritti a pagamento e partite truccate.
Non mi piace, poi, che si illudano schiere di ragazzini con sogni milionari. E ancora meno i loro genitori che dietro la rete incitano,come ossessi, bambini che vorrebbero tanto, e solo, sgambettare dietro ad un pallone.
Così su twitter ho assunto come manifesto della mia micro campagna “#Euro2012indifferenti” l’articolo di Michele Fusco “Non mi sento meno italiano se stasera non tifo Italia”.
Ho ricordato la sorte del calciatore palestinese Mahamud Sarzak in sciopero della fame che, speriamo, verrà liberato il 10 luglio, detenuto dal 2009 in un carcere israeliano per effetto della “detenzione amministrativa”, una norma che permette di tenere in arresto persone anche senza accusa formale.
Ho gioito per i pochi minuti di attenzione mediatica su Yulia Tymoshenko, grazie alla lettera di Mario Monti e il premier spagnolo Mariano Rajoy al presidente ucraino, Ianukovich. Si poteva fare di più, forse, ma già richiedere nell’indifferenza generale una visita diplomatica all’ex leader ucraina, arrestata un anno fa in Parlamento e condannata a 7 anni di carcere, mi è sembrato qualcosa.
Ma, confesso, è proprio da quel calcio che volevo ignorare che è arrivata la storia che più mi ha segnato in questi Europei. E’ quella di Mario Balotelli, da sempre insultato dai tifosi razzisti in campionato, salvo poi essere osannato, da tutti, dopo la vittoria contro la Germania.
Quel Mario a cui è stato dato del ragazzino viziato e incendia-bentley, ma che in quell’abbraccio alla sua mamma ha mostrato come l’Italia possa cambiare sotto i nostri occhi. Un abbraccio che ci ha ricordato come vent’anni fa una coppia di Brescia abbia deciso di prendere in affido e poi successivamente adottare questo ragazzino nato a Palermo da genitori ghanesi, con problemi di salute, anche di una certa entità.
Una storia a lieto fine per lui e un po’ anche per noi tutti.
Così vorrei che l’immagine di Balotelli servisse un po’ a puntare i riflettori anche sugli altri nuovi italiani, nati e cresciuti nel nostro paese da genitori di origine straniera come lui.
Sono 699 mila che studiano nelle “nostre” scuole, giocano con i “nostri” figli, apprendono la “nostra” cultura, ma che, per il nostro ordinamento al compimento del diciottesimo anno di età non sono considerati cittadini italiani. Per loro il sogno del pallone o del podio in qualsiasi sport con la maglia azzurra non è raggiungibile, (come ricorda bene Andrea Ballone in questo post).
Alcuni di loro, però, parteciperanno a Mondiali che non avranno l’attenzione mediatica di questi Europei. Mondiali, pensate un po’, che vedono il calcio come gioco universale e veicolo per diffondere i valori della lotta alla discriminazione.
Sono i Mondiali Antirazzisti che iniziano domani a Castelfranco nell’Emilia, con 160 squadre provenienti da tutto il mondo. Non solo calcio ma anche basket, cricket, rugby, pallavolo e softball di tutti i colori.
Ecco, il mio tifo va a quelle squadre e quell’Italia migliore che vorrà adottarli. A quei 699mila bambini e ragazzi che ci ricordano ogni giorno che “l’Italia sono anch’io”. A cui non posso, non possiamo, essere indifferenti.