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■ Chi è Salvo Mizzi? La scorsa settimana abbiamo avuto il piacere di intervistare Salvo Mizzi, attualmente responsabile Consumer Social Network, Project Leader in Working Capital e Corporate Fello...

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■ Chi è Salvo Mizzi?

La scorsa settimana abbiamo avuto il piacere di intervistare Salvo Mizzi, attualmente responsabile Consumer Social Network, Project Leader in Working Capital e Corporate Fellow TI Kauffman Society in Telecom Italia.

Innanzitutto abbiamo chiesto a Salvo qualche dettaglio in più riguardo alla Society of Kauffman Fellows, una “costola” della Kauffman Foundation. Si tratta di una delle istituzioni americane più importanti, dedicata all’imprenditorialità, al venture e al networking globale. Ogni anno viene selezionata una classe, e quella di quest’anno, costituita da 38 persone, è senz’altro largamente intitolata alla “diversity”: sono presenti infatti rappresentanti di tutti il mondo.

Abbiamo chiesto anche in cosa differisce il contesto italiano, sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo, da quello estero quando si parla di innovazione e startup. Secondo Salvo si tratta di uno scenario profondamente diverso, anche se con Working Capital si è tentato di introdurre un framework culturale più ampio.

Il 15 Giugno Greg Horowitt è stato in Italia, e l’incontro e il coinvolgimento di importanti attori dell’innovazione italiana erano volti a capire il motivo per cui i principi del Rainforest in Italia non funzionano. Il punto è che “Rainforest” si basa su quattro pilastri, di cui due sono molto labili: senza capital formation e un sistema di trust, l’innovazione nel nostro Paese rimarrà sempre un tema “da tavolo”, invece che una reale opportunità di crescita e sviluppo.

Un’altra domanda fatta a Salvo riguardava l’influenza che ha la pubblica amministrazione nell’andamento di queste dinamiche. Secondo lui troppo spesso la PA viene individuata come panacea, l’atto risolutivo definitivo oppure al contrario come repository di tutti i mali possibili, e nessuna delle due posizioni a suo avviso è vera.

E’ d’accordo invece sulla differenza di background culturale, che vede i paesi anglofoni più propensi alla collaborazione e l’Italia invece improntata alla competitività: nel paese dei mille territori e mille campanili, il grado di conflittualità interno a ogni microsistema è facile da rilevare e sotto gli occhi di tutti. Diventa però un pericolo nel caso in cui gli ambienti si fanno chiusi, la diversity non penetra e l’eredità culturale e territoriale la fa da padrona.

Per quel che concerne Working Capital, Salvo ha specificato che quando è stato lanciato il progetto la situazione era molto diversa: il tema dell’innovazione, delle startup e della creazione di nuove imprese e piattaforme su Internet era freddo. Sono cambiate due cose: in primo luogo il tema è entrato nell’agenda del paese, e in secondo luogo la necessità di spingere la crescita è diventata un fatto determinante nella soluzione della crisi.

Spesso quando si parla con startupper italiani, alcuni degli elementi individuati come maggiormente problematici sono proprio i tempi burocratici necessari per l’avvio della propria attività. Secondo Salvo questo è un aspetto essenziale, rappresenta infatti un transaction cost enorme, che diventa cartina di tornasole per misurare quanto un sistema sia in grado di funzionare.

Quando i transaction cost diventano alti, infatti, il sistema si irrigidisce e non funziona: è proprio questa la condizione in cui ci si trova ora, e un intervento deciso è il prerequisito perché qualsiasi tipo di nuovo quadro legislativo, economico e sociale possa funzionare.

Infine abbiamo chiesto a Salvo la sua opinione riguardo ai progetti, network e associazioni nati in questi mesi con l’intenzione di dare una mano agli startupper e fare rete: ne pensa molto bene, in quanto in assenza di una community viva, vibrante e capace di trasmettere la cultura dell’imprenditorialità e fornire le informazioni necessarie, il sistema si bloccherebbe immediatamente.

La velocità delle idee è un altro prerequisito, oltre alla velocità del capitale, perché il sistema possa girare ed entrare a regime, quindi benvengano tutte le organizzazioni e le strutture che tentano di seguire questo percorso.

Naturalmente invito tutti a visionare l’intervista, molto ricca di spunti e riflessioni. Buona visione!

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