Pochi giorni fa Alitalia ha annunciato che dal primo dicembre volerà quattro volte la settimana da Fiumicino ad Abu Dhabi con un fiammante Airbus A330 e che posti su quei voli saranno venduti ai propri clienti anche dalla linea aerea locale Etihad, che in cambio proporrà voli Alitalia da Roma per raggiungere Zurigo e Venezia e consentirà ad Alitalia di vendere prosecuzioni sui voli Etihad verso aeroporti dove la nostra compagnia di bandiera non arriva più da tempo e cioè Bangkok, Sydney, Melbourne e Johannesburg. A parte la terra dei canguri fin qui Alitalia aveva venduto per queste destinazioni primarie soltanto voli della fidanzata Air France, con cui si sarebbe dovuta sposare a breve, secondo i piani non tanto segreti fatti all’ epoca della privatizzazione berlusconiana e che invece sono stati rimandati alle calende greche.
A prima vista questa nuova rotta Alitalia non pare gran che, con 4 voli la settimana a far concorrenza ai 14 di Emirates da Roma verso Dubai e gli altrettanti di Qatar per Doha. La stessa Etihad vola da Milano Malpensa ad Abu Dhabi tutti i giorni da tempo, con lo stesso tipo di collaborazione con Alitalia.
Dov’ è allora l’ importanza di questa novità? A parte il ritorno in un’ area, quella del Golfo, fin qui off limits perché è impossibile fare concorrenza alle potentissime linee aeree locali, la novità è l’ emancipazione dalla sottomissione assoluta all’ ingombrante socio-fidanzato francese e l’ usare un aereo della propria risicata flotta, segno che Alitalia veramente ci tiene.
Alitalia continua a perdere soldi, il nuovo AD Ragnetti ha promesso utili per il 2013 e chi ha fede è libero di crederci, ma giorno dopo giorno il mucchietto di euro in cassa si assottiglia, rendendo indispensabile una soluzione in prospettiva. Nei piani originari i coraggiosi cavalieri che hanno garantito con Berlusconi l’ italianità della compagnia aerea sarebbero stati liberi di vendere le proprie azioni, naturalmente ad Air France che già ne detiene il 25%, appena dopo le prossime elezioni politiche per cui Silvio avrebbe vantato il salvataggio e l’ italianità della compagnia.
Le cose sono andate diversamente, la crisi economica ha colpito duro, soprattutto Air France ora alle prese con un pesante piano di ristrutturazione e impossibilitata a sborsare euro per arrivare a controllare il 100% di Alitalia, mossa che aumenterebbe la sua quota nelle perdite italiane, senza però aumentare di un centesimo i guadagni che ottiene facendo transitare i passeggeri intercontinentali da e per l’ Italia attraverso i suoi hub di Parigi e Amsterdam, già ora al massimo possibile.
A parte Colaninno, alla ricerca di un impiego per i soldi guadagnati in Telecomitalia e non già spesi in Piaggio, gli altri soci italiani sono verosimilmente entrati nell’ affare Alitalia un po’ per amor di patria e un po’ nella speranza di qualche do ut des con il Governo. Già allora l’ AD di Autostrade si lasciò sfuggire la convinzione che la partecipazione della famiglia Benetton avrebbe facilitato un aumento delle tariffe, oggi si chiacchiera di quella dei Riva padroni dell’ ILVA di Taranto. Tutti certamente si aspettavano di vendere nel 2013 ai Francesi, portando a casa capitale, interessi e qualche ringraziamento, ma così non sarà. Air France non comprerà o, se lo farà, pagherà una cifra molto più bassa di quella che i soci hanno sborsato nel 2008, nemmeno c’ è più a Palazzo Chigi un Berlusconi a cui chiedere di sbrogliare la matassa.
Che fare? Una soluzione potrebbe essere un nuovo socio, disposto a ricapitalizzare e permettere di guadagnare tempo ed è proprio qui che dal cappello a cilindro esce Etihad.
Fra i tre vettori del Golfo e nonostante Abu Dhabi sia certo ben più ricco del vicino Emirato di Dubai, Etihad è quello che è cresciuto meno, senza quella frenesia che fa sospettare di aiuti di Stato imponenti e di mania di grandezza incontenibile Emirates e Qatar. Tuttavia è chiaro che ad Abu Dhabi non vogliono certo darsi per vinti e sono a loro volta alla ricerca di una soluzione. Non avendo problemi di liquidità hanno comprato una piccola quota dell’ irlandese Aer Lingus e la aumenterebbero volentieri se Ryanair decidesse di disfarsi della propria, hanno acquistato il 29% della tedesca air berlin, intenzionata a lanciare la sfida a Lufthansa, ma ora massacrata dai ritardi nell’ apertura del nuovo aeroporto della capitale tedesca.
Queste mosse sono tuttavia troppo piccole per dare a Etihad un peso in Europa e da tempo circola la voce di un accordo con Air France KLM, che sarebbe rivoluzionario in quanto finora le tre grandi del Golfo sono restate fuori dalle alleanze globali. Un accordo che includesse una partecipazione azionaria del ricco Emirato sarebbe un asso nella manica per i Francesi, che come i colleghi europei stanno vedendo svanire la propria quota di mercato in tutte quelle rotte che stanno nel quadrante che va dall’ Indocina fino al Sudafrica e si estende ad Australia e Nuova Zelanda, perché la concorrenza di Emirates, Qatar e Etihad è irresistibile.
Alitalia non potrebbe restare fuori da un accordo del genere, sarebbe la sua fine, i quattro aerei settimanali per Abu Dhabi sono come le truppe che Cavour mandò in Crimea, servono a potersi sedere al tavolo delle discussioni.
Se invece l’ accordo fra Air France e Etihad non andasse in porto, a maggior ragione ad Alitalia farebbe comodo una relazione con Etihad, che potrebbe sia permettere una ricapitalizzazione che non costringerebbe gli attuali soci a riaprire il portafogli, sia essere un’ alternativa ai Francesi nel caso in cui le nozze venissero definitivamente cancellate, col vincolo però che Etihad, non essendo una compagnia aerea europea, non potrebbe avere la maggioranza delle azioni.
Ceterum censeo Linate esse delendam