Aiutati che la BCE ti aiuta. L’intervento di Draghi ha tolto di mezzo lo scenario di disgregazione dell’euro. Ma perché allora il mercato non ritorna a sottoscrivere BTP? Uno sguardo ai programmi sul tavolo e all’Italia prossima ventura fornisce una spiegazione ovvia: il mercato, stavolta, non è miope, e sottoscrivere BTP per il lungo periodo è una scelta lose-lose.
Dopo l’intervento di Draghi lo scenario più probabile sul fronte Euro è di normalizzazione. Ci sono, è vero, molti aspetti tecnici da chiarire, che sono stati bene illustrati nell’articolo di Fabrizio Goria. Ma, indipendentemente dal fatto che l’ESM possa essere dotato o meno di status bancario, possiamo essere ragionevolmente sicuri che la BCE interverrà a rafforzarne l’intervento con mezzi propri. In effetti, l’accordo sullo scudo “anti-spread” le riconosce il ruolo di “agente” del fondo, e questo la legittimerà a muoversi per realizzarne e sostenerne i fini. Anche se l’ESM non sarà una banca, la BCE si muoverà in proprio nella stessa direzione, e renderà di fatto la potenza di fuoco dell’ESM illimitata. Si noti che la mossa di riconoscere la “condizionalità” dell’intervento della BCE, cioè il fatto che uno stato debba richiederlo e sottoporre un piano di risanamento, non è solo un riconoscimento alla linea dura dei “falchi”, ma ha il pregio di allineare “di fatto” l’azione della BCE a quella dell’ESM.
E allora perché non comprare BTP? La risposta è paradossale, ma semplice da spiegare. Negli scenari di intervento interni che si possono rilevare dai programmi politici, i BTP alla fine si rivelano una scelta perdente. E la cosa sorprendente è che sono la scelta perdente sia nei programmi buoni che in quelli cattivi. Andiamo quindi per ordine, e vediamo cosa ci possiamo aspettare, come (eventuali) investitori in BTP, se si materializzano i programmi pubblicati in questa settimana da PD e PDL (per quello che ne abbiamo capito, ovviamente).
Il programma del PD non consente di delineare uno scenario preciso, ma alcuni principi, che sono stati anche ripetuti nell’intervista di Fassina all’amico Vannuzzo, colpiscono il possibile investitore in BTP. Si dice che l’ammontare del debito pubblico non è un problema (mi sembra di ricordare che si dica che i mercati non lo avvertono come problema), perché il problema è la crescita. E la spesa pubblica è stata già tagliata, anche se il tempo (anzi il turn-over) è galantuomo. Lo scenario per un investitore di lungo periodo sembra banale. Le cose potranno anche andare bene (e con qualche dato potremmo magari capire la probabilità che vadano bene), ma potranno anche andare male (e senza dati la nostra avversione all’incertezza ci porta ad attribuire un’elevata probabilità al fatto che vadano male), nel qual caso arriveremo anche noi a un swap del debito come quello della Grecia (e forse allora la Grecia ne avrà fatti anche altri). Qual è il deterrente a uno sviluppo di questo tipo? Il fatto che affosserebbe il sistema bancario. Ma se tra cinque anni avremo un sistema bancario integrato a livello europeo, e una gestione europea delle crisi bancarie? Allora una ristrutturazione del debito italiano non sarà più fantascienza. E sarà questa la vera patrimoniale del programma del PD. Tra l’atro, la Grecia ha mostrato che anche i CDS non sono un problema (non abbiamo assistito a nessuna deflagrazione, che molti di noi aspettavano). Quindi, perché comprare BTP?
Dall’altro lato il PDL ha elaborato un piano di contenuto più tecnico (anche se i dettagli tecnici non sono ancora noti) che di fatto prevede l’emissione di una sorta di covered bond di stato. Si tratterebbe di titoli assistiti da garanzie reali, che sostituirebbero i BTP per (secondo le stime) circa 400 miliardi. Anche qui le cose possono andare bene o andare male. La chance di successo di questo progetto è forse più elevata di quello del PD, e non solo perché si basa ( o almeno così promette) su dei numeri, ma anche perché realizza all’interno del paese i fini della proposta di European Redemption Fund fatta in passato dai tedeschi: consentire allo stato di gestire la crisi di liquidità per il tempo necessario a ristrutturare i flussi di uscite e entrate dello stato. Si tratterebbe di un Italian Redemption Fund. Potrebbe però anche andare male, soprattutto perché a differenza dello ERF non ci saranno meccanismi di “condizionalità” su questi fondi. Ma quale sarà l’impatto di questa iniziativa sui BTP? Comunque vada, però, il rischio che verrà sollevato sui 400 miliardi dell’Italian Redemption Fund, si spalmerà sui 1600 miliardi di debito che rimarrà. Lo spread su questo debito salirà (e molto probabilmente salirà anche se il piano avrà successo ed il costo medio del debito diminuirà), e vorrà dire una perdita massiccia di valore per chi ha investito in BTP. Questa è la patrimoniale del PDL.
In conclusione, sembra che dal punto di vista di un investitore in titoli di stato italiani, sia il benign neglect di Fassina per il debito pubblico, sia l’Italian Redemption Fund di Alfano, portino alla stessa conclusione: una patrimoniale per chi si trova in mano titoli di stato italiani. C’è qualche volontario che se la vuole prendere?