La mattinata ha tutte le caratteristiche per promettere bene: sole, dopo un riposo meraviglioso nell’alcova del Ragusa 2, bed and breakfast nel centro di Dubrovink di tutto rispetto.
Assente qualsiasi tipo di programma per la giornata se non vaghe idee, poche e confuse, cerchiamo razionalità in un caffè doppio, nero e forte.
Subito dopo si delinea un pensiero nella mente di mio marito ed è cosi che partiamo alla ricerca di una moto: vogliamo percorrere tutta la costa da Dubrovink a Spalato, attraversando la Serbia.
Piccolo particolare degno di nota, persino quaggiù in Croazia, dove le donne sono tutte gnocche e gli uomini fichissimi: oggi è il 15 agosto. E lo è a Dubrovink così come a Firenze. Tutto è chiuso e se c’era qualcosa di aperto, è stato invaso dalle cavallette. Ci danniamo per la solita disorganizzazione che giace latente nelle nostre menti, ma non molliamo. Con l’autobus andiamo al porto dove dovrebbe esserci un “rent a car” meno improvvisato di tutti quelli sinora interpellati. Non c’è più. Nessuna traccia. Così torniamo indietro, in città, mio marito è a pezzi, il suo umore è pessimo. A me non me ne po’ fregà de meno. Il punto è: siamo in vacanza. Non ascolto le sue provocazioni perché è davvero incazzato e cedere sarebbe sciocco e inutile. Quindi forza e coraggio, verso l’ufficio del turismo dove riesco ad avere il numero di telefono della sorella del “rent a car” inesistente. Questo esiste eccome e parlo con un croato che, nonostante il nome dell’azienda per cui lavora, mi sembra parecchio improvvisato anche lui. E allora tratto. Se tu t’improvvisi uomo-affitta-macchine-moto-e-motorini, allora io m’imorovviso stronza. E chiudo a meno di tutte le nostre aspettative. La conversazione va piu o meno così. C’e da dire, prima di ogni cosa, che al telefono l’uomo croato-affitto-macchine-moto-e-motorini sembrava un croato qualunque. Quando poi me lo sono trovato davanti, si era sdoppiato, e cioè gli uomini erano diventati due, sui 120 kg l’uno per 1,90 di altezza. E bbbbravi che venite a trattare con una dolce pulzella dagli shorts rossi in due. Penso subito a quanto voglio chiudere l’affare e parto in quarta. Devo fare io perché Ponzi è talmente incazzato che ormai non apre più bocca.
A: “allora, per quanto ce lo dai questo scooter”
OC (che sta per Omone Croato) :” te l’ho già detto al telefono, 300 euro compresa la trasferta a Spalato”.
A:” e che te la devo pagare io la trasferta a Spalato? Vabeh comunque lo teniamo per 48 ore che secondo i miei calcoli (!) fanno 2 giorni: 300 euro è troppo anche se ti lascio il motorino a Spalato”.
OC:” si ma io me lo devo andare a riprendere laggiù e ci vogliono due persone e una macchina”.
A:” 200″.
OC:” 300″.
A:” guarda che a 200 lo prendo da quelli la dietro”
OC:” allora vai”
A questo punto faccio finta di andarmene, mi volto e mi tolgo gli occhiali da sole perché facciano da specchio sulla scena alle mie spalle. I due omoni croati parlano fra di loro. Stanno per perdere un affare perché molto probabilmente quel motorino è loro e con i nostri soldi ci campano un mese. Questo è il momento perfetto per rientrare.
A:”250 e si chiude”.
OC:” affare fatto”.
Ponzi: “Amore ma che cazzo scrivi”.
Io: “Dai è tutto vero! Solo un po’ più colorito alla James Bond con la scena degli occhiali a specchio! Ho chiuso o non ho chiuso il tuo cavolo di giocattolino a 250 contro OGNI possibile aspettativa a Dubrovnik il 15 di agosto?”
Ponzi:” si”
Io:” e allora!”
Vabbene, basta cazzate. Si parte. Ora, per descrivervi il viaggio fatto con quella bestia tamarra (che non è mio marito), non ci sono proprio parole.
Ma prima, permettetemi un passo indietro: il mezzo non è proprio una romantica moto, ma un Honda il cui nome è tutto un programma: Forza 300.
Che la forza sia con noi.
Parcheggiamo la bestia e ci facciamo il giro di Dubrovink per le vecchie mura. Ci fermiamo a vedere una bellissima mostra fotografica di Emmanuel Ortiz, “Broken Lights of Yugoslavia”, immagini drammatiche che ritraggono il paese nella recente guerra per l’indipendenza. Scatti crudi e violenti, di una guerra a noi vicina, che fa più effetto di tutte le altre. Forse perché quelle le abbiamo studiate sui libri, e le immagini le abbiamo assorbite, senza viverle. Mentre questa l’abbiamo vissuta. E non è stata una guerra virtuale come quella che stiamo vivendo adesso, ma una brutale e ingiusta realtà a cui il fotografo riesce a ridar vita in un micro spazio nel centro storico di Dubrovnik.
Detto questo, viaggio tra mare e monti, al tramonto, in una costa che si affaccia per lo più su tante isole che sembran boschi appena emersi dalle acque.
Passiamo il confine e penso a come sarebbe bello farsi tutta la costa nella direzione opposta, verso sud, dove tutto ci sembra brutto mentre invece so che sarebbe magnificamente bello.
Arriviamo a destinazione dopo un’oretta e mezzo di viaggio, forse due. Al porto prendo due limonate, due pizze e via sulla nave insieme a Forza 300.
L’isola su cui approdiamo si chiama Hvar e a me sembra sempre di bestemmiare ogni volta che la pronuncio. Poche persone con noi, al contrario di Dubrovnik, una Walt Disney Studio trasferita in Croazia: flotte di americani che si aggirano per quelle strade di pietra bianca e tremendamente liscia.
A Hvar scendiamo dalla nave col potente mezzo e ci attendono 60 km prima di raggiungere il nostro appartamento miracolosamente prenotato poche ore fa. Mi ero dimenticata di cosa voleva dire viaggiare di notte in moto per attraversare da nord a sud un’isola: un’esperienza meravigliosa! Ecco alcuni dei miei pensieri mentre Ponzi e Forza 300 vanno per la loro strada:
Che profumi, certo che viaggiare in moto è davvero tutt’un’altra cosa: pino, ginepro, misto piscio e rosmarino. E forse anche profumo di bagnato.
Brr che freddo, stiamo attraversando banchi di aria fredda e poi subito dopo calda come fossero pezzi separati, banchi di nebbia. Chissà se si può dire così.
Oddio c’è la curva a gomito, speriamo la veda, c’è anche la freccia fosforescente. Ponzi la vedi la curvaaaa? Non mi sente. E non rallenta. Oddio la curva. Vabeh, chiudiamo gli occhi. Anzi no guardiamo in alto le stelle. Quante stelle! Chissà che non ne veda una cadente adesso. Cosa esprimerei? Amore eterno. Egoista! Pensa a tua figlia, alla tua famiglia! E vabbeh ma se il desiderio è uno che ci devo fare io. Poi mica s’avvera, è così per gioco. Insomma, non c’è pericolo, nessuna stella cadente. Ma quanto cavolo manca a questa benedetta Stari Grad?
Mi sa che Stari Grad fa provincia perché su tutte queste macchine c’è la targa ST. e se non sta per STari Grad quello….ma che ne so io poi.
Caspita però, manco il guard rail, qua se Ponzi sbaglia chi ci ritrova più? Se sopravvivo prendo il telefono e chiamo eroicamente l’albergo dal dirupo sibilando “HELP”. Chissà se mi capiscono. Se no ci ritrovano dopo giorni. E non è neanche detto. Per evitare il riconoscimento delle salme, sempre documenti addosso. E tra i numeri di telefono sempre un PAPÀ e un MAMMA, comprensibili al mondo intero (o quasi).
Oooohhhh, ecco Stari Grad, che cavolo sono le 10.30! Certo una birretta adesso ci starebbe proprio bene. Devo scendere ho le ginocchia che non ce la fanno più.
Come vedete, pensieri profondi.
Vi scrivo supina nella nostra cameretta col bagno arancione, formica ovunque, letto e cucina a braccetto. Ma sono talmente felice di essere arrivata e di essere in un bel posto, che di dove dormo non me ne può fregar di meno.
Chissà se a 40 o 50 anni sarò ancora così. Speriamo perché mi diverto un sacco.
Intanto Ponzi è uscito “a comprar l’acqua” in centro che sembra Panarea negli anni d’oro. Torna?
Torna torna. E se torna con la Croata, stasera ci prendiamo pure lei. Che vi devo dire!
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