Lastovo è stata italiana dal 1918 al 1943. Gli italiani hanno costruito strade, scuole, case e ospedali. Poi, passata alla Yugoslavia, sotto Tito, l’isola da 2.700 abitanti che aveva, si è ridotta a 700 anime. Così mi racconta la mamma di Milan, una vecchietta che parla ancora italiano e che ricorda i bei tempi con nostalgia.
E dio solo sa come doveva essere Lastovo nei suoi anni migliori.
Knocking on heaven’s door. Qui, al bar vicino ad una casa senza tetto, come quella in Via dei matti numero zero, si aprono montagne alberate che cascano nell’acqua e il loro verde si confonde con quello del mare. Il solo stacco è il bianco delle rocce che interrompe e dà ancora più forza a questo spettacolo della natura.
Ma dove sono finiti i Gun’s ‘n Roses? Quest’album è splendido. Devo ricordarmi di scaricarlo. La birra è gelata. Un croato mi aiuta ad uscire dall’acqua mentre mi arrampico su un muretto. Un altro mi offre due sigarette, una per me ed una per LUI, mio marito. La scelta di Lastovo si è rivelata eccellente.
Un grande cane nero, che sembra una pecora, si butta in acqua da quello stesso muretto da cui io cercavo disperatamente di uscire. Lo segue il suo padrone, un ragazzo croato moro. Nuotano insieme. Lui a delfino. Il suo fedele compagno, come può. Fedele. Poi, si aiutano a risalire sulla terra ferma. Mio marito è quasi geloso che la mia attenzione possa essere attirata da questa scena da manuale. Il bel ragazzo giovane col suo cane pecora che nuotano insieme nel mare. Allora gli spiego che si, la scena sará senz’altro scritta nel mio blog. Ma che a me non ispira particolari sensazioni. Troppo plateale, banale, semplice. A me le cose semplici, a portata di mano, non sono mai piaciute. Provo a fargli l’esempio di una bella ragazza che magari si lancia in acqua col suo fisico perfetto ed inizia a surfare, oppure a nuotare col suo cane pecora. Ecco la differenza. A voi uomini questo piacerebbe. A LUI senz’altro. Infatti sorride e annuisce. No, a me non piacerebbe il bel croato così egocentrico. No, non a me.
Io godo qui, al mio barettino con la colonna sonora dei Gun’s ‘n Roses in acustica, la mia birretta, la sigaretta offerta, il sonnellino schiacciato sulle pietre stile ETA Beta mentre LUI lavorava. Il tempo che passa ed io che lo riempio con mille cose diverse. Pensieri. Canzoni. Scritti. Baie. Prima una, poi l’altra. La spina nel piede, la montagna da salire per arrivare alla spiaggia nascosta, la mappa, lo scooter che non si accende mai.
Sono entrata nel ritmo del quieto vivere quando assapori ogni cosa e la fai tua. Quando stai bene e pensi che oggi tutto potrebbe finire e che infondo andrebbe bene così. Ho preso quello che dovevo prendere e me lo tengo dentro, tutto per me. Un po’, però, lo do anche a voi.
A volte penso di essere schiava dei miei pensieri, uno in particolare mi tormenta. Piacevolmente. Ed è sempre con me, ovunque io vada, lui è con me. Mi tiene compagnia, mi fa immaginare, sognare, pensare. E dovrei chiedermi perché. Ma io so perché. Quindi aspetto. E mi piace protrarre questo pensiero e vedere dove vuole andare a cacciarsi. E io dietro, con lui. Lo seguo e vedo come si evolve. È di una dolcezza incredibile, ed allo stesso tempo, potente, esigente, che proprio mi vuole tutta. Pensiero, mio pensiero, dove finiremo tu ed io?
Adesso, il mio pensiero ed io, ci godiamo questo tramonto. E chissà che il mio pensiero non mi dica qualcosa. È imprevedibile e incontrollabile. Perché mi piace che sia così. Quando voglio controllarlo è solo per la paura di perdermi. Il pensiero è potente e ti frega. Allora a volte è bene non dargli troppa fiducia ne spazio. Scacciarlo. E poi lo rivuoi, li, con te, a tenerti compagnia.
Il croato mi ha regalato il suo pacchetto di sigarette.
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