Bella Addormentata è un pugno allo stomaco. Spiazza, tramortisce, non dà spazio ad interpretazioni di sorta. Ero lì, rapito. L’isterismo è un fenomeno esplosivo, lo si vede bene. Ma è anche frutto di ferite laceranti. Come quella del Senatore, un riformista catapultato nel Pdl, costretto dall’amore per la moglie malata a scollegare le macchine che la tengono in vita. O la Divina Madre, senza un nome. Di lei si sa solo che faceva l’attrice e ha mollato tutto per prendersi cura della figlia in coma vegetativo. Caricature umanissime che parlano a ciascuno di noi. A tratti grottesche, come grottesco è l’uomo di fronte alla sofferenza.
Pensavo di assistere a un film di parte, invece no. Bellocchio, nonostante la dichiarata simpatia per il Partito Radicale, riesce a parlare a tutti. E lo fa attraverso le parole di Maria, una cattolicissima attivista del Movimento per la Vita che si innamora di Roberto, anche lui attivista ma sul versante opposto. «L’amore cambia le prospettive», sussurra alla fine. Non sembra ripensarci lei, figlia di quel Senatore in bilico tra i dettami del partito e le convinzioni personali. È intimamente sicura delle proprie scelte. Il suo è un cambiamento più alto, più vivo. Quello di chi non condivide le decisioni altrui ma le accetta; come se Beppino Englaro, da carnefice che era, fosse diventato solamente un padre. E anche noi, il pubblico, potremo non approvare la scelta della Divina Madre di condannare la figlia a vivere come un vegetale. Ma la comprensione del suo dolore va oltre il nostro disaccordo.
Sembra di sentire in sottofondo le parole del Liga: «L’amore conta, l’amore conta, conosci un altro modo per fregar la morte?». Sarebbe stata una sigla perfetta. Un po’ pop, forse. Qualche palato fine avrebbe storto il naso.
Il tema politico è importante, nessun provincialismo cinematografico. La resa della sofferenza è plastica. Quella dell’amore, il suo contrappunto, pure. È la nostra politica che ne esce a pezzi. Una politica che non riesce a muovere un passo, quando si tratta di questioni etiche. Una politica infarcita d’assolutismo, quello del cattolicesimo più conservatore, che ci allontana anni luce dal resto d’Europa. E i partiti progressisti, dal Pd in poi, tutti lì ad assistere inermi. Come se il messaggio di cambiamento non debba partire da loro. È il bigottismo della domenica il vero bersaglio di Bellocchio. Quello di chi, come Berlusconi, racconta che Eluana era in grado di procreare pur di ingraziarsi i favori del voto cattolico. O, meglio ancora, quelli dei gran capi di Santa Madre Chiesa. Do ut des: qualche silenzio in più sui trastulli privati del Premier in cambio di una legge più restrittiva sul testamento biologico. A questo si sono ridotti i temi etici: ad uno scambio di favori tra istituzioni di vario tipo. Bellocchio cerca solo di ridargli un pizzico di dignità. E lo fa molto bene.