Alcune sale londinesi organizzano proiezioni nostalgiche di film di culto, vino e gelato inclusi. Che sia questa la via per rianimare la vita dei cinema, altrimenti deserti e abbandonati?
Il Prince Charles Cinema è una delle pochissime sale di seconda visione (in inglese, repertory cinema o revival house) in tutta Londra assieme al BFI Southbank e al Curzon Renoir. E sì, prende il suo nome dall’omonimo Principe.
Aperta al pubblico nel 1991, è l’unica sala nel suo genere che non dipende da finanziamenti pubblici per sopravvivere e, nonostante ciò, mantiene degli standard di programmazione piuttosto elevati. Tutto grazie alla PCC Community, lo ‘zoccolo duro’ di cinefili che non solo pagano un abbonamento annuale (simbolico, perché costa solo dieci sterline e garantisce uno sconto dal 20% in su) ma garantiscono un pubblico per quasi tutti gli spettacoli andandoci almeno due volte alla settimana, inviando suggerimenti per le rassegne e le nuove uscite.
Insomma, il Prince Charles è una cuccagna per gli appassionati di cinema, specie se si considera che un biglietto di prima visione per uno spettacolo serale in una sala del West End arriva a costare 19£ – quasi venticinque euro! L’atmosfera è giovane e rilassata, i proprietari sono dei film geek almeno quanto gli spettatori e si vede: oltre alle proiezioni ordinarie, il PCC organizza maratone cinematografiche cult, dalle trilogie di Ritorno al futuro a quelle di Indiana Jones (tralasciando saggiamente l’ultimo episodio), double bills tematici che spaziano dai classici giapponesi fino all’horror di Carpenter e, vera perla della programmazione, le proiezioni nostalgiche.
Ieri sera è toccato a The Princess Bride, il piccolo gioiello girato nel 1987 da Rob Reiner (ricordate Harry ti presento Sally?) e divenuto un culto all’indomani dell’uscita in home video negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. In Italia non ha avuto un seguito altrettanto impressionante, forse anche a causa della pessima traduzione del titolo nell’anonimo La storia fantastica: eppure, ricordo di averlo visto ai tempi in TV, uno di quei film che rimangono nelle pieghe della memoria assieme agli altri classici cinematografici per bambini – I Goonies, Stand by Me. Pare invece che, nei paesi anglofoni, generazioni di ragazzini nati nei primi anni Ottanta abbiano trepidato per le sorti della principessa Botton d’Oro (una Robin Wright appena ventunenne, al suo esordio sul grande schermo) e il suo amato Westley (Cary Elwes, noto per aver impersonato Robin Hood – un uomo in calzamaglia di Mel Brooks). Per strapparla al malvagio Humperdink, Westley dovrà affrontare paludi infuocate, roditori di dimensioni abnormi e astuti briganti siciliani.
Il trailer originale del film.
L’evento al PCC è pubblicizzato come un quote along, espressione inglese intraducibile scioltamente in italiano: ‘cita all’unisono’ potrebbe essere un (pessimo) tentativo. Con l’aiuto di un bicchiere di vino e un po’ di gelato, inclusi nel biglietto – combinazione che garantisce la microsbronza, ma si sa, gli inglesi hanno bisogno di aiuto per vincere i propri freni inibitori – gli spettatori sono invitati a ‘giocare al karaoke’ con le battute del film, recitando quelle più celebri all’unisono con i propri beniamini sullo schermo. Il titolo in cima al post riprende proprio una delle battute più celebri, la più declamata in sala e seguita da applausi incontenibili: la frase dello spadaccino Inigo Montoya, poco prima di vendicare l’omicidio del padre.
Ho trascinato alla proiezione due amici italiani: dubbiosi, non avevano mai sentito parlare di The Princess Bride e pagare per un film vecchio ma non classico, reperibile tranquillamente online mette sempre dei dubbi. Con mia grande soddisfazione, ne sono usciti entusiasti. Capita poche volte, infatti, di trovare una sala gremita di spettatori sorridenti ed elettrizzati, che si lasciano riportare indietro ai tempi d’oro dell’infanzia anche solo per un’ora e mezza. Se poi aggiungete all’atmosfera magica della serata un film con un cast di tutto rispetto (quale altro fantasy vede recitare tutti insieme Wallace Shawn, Billy Crystal e Peter Falk?) e una colonna sonora originale scritta da Mark Knopfler, il quadro è completo. Grasse risate nei momenti comici, fischi e urla di sdegno alla comparsa dei maramaldi, applausi e mormorii di soddisfazione sul bacio finale tra Westley e Botton D’Oro – a dar ascolto alla storia, il più intenso e passionale tra i cinque baci più intensi e passionali di tutta l’umanità.
Uscendo dalla sala, due pensieri mi arrovellano, che vorrei discutere con voi: esistono in Italia dei cult capaci di radunare folle di fan per recitarne le battute più celebri, magari a pagamento? E poi: sarà mica questa la via per riportare un po’ di pubblico al cinema, invece dei multisala costruiti in mezzo al nulla, puzzolenti di pop corn e gelidi di aria condizionata?