Le cinéma autrement11 Metri: the Penalty. Il calciatore che girava con la pistola

Le sale londinesi riservano delle sorprese cinematografiche, spesso italiane: e' il caso di un piccolo festival dedicato al gioco piu' bello del mondo, che ospita il documentario di Francesco Del G...

Le sale londinesi riservano delle sorprese cinematografiche, spesso italiane: e’ il caso di un piccolo festival dedicato al gioco piu’ bello del mondo, che ospita il documentario di Francesco Del Grosso dedicato ad Agostino Di Bartolomei.

Ogni tanto la fortuna bussa anche alla mia porta. Da mesi ormai sono abbonata alle newsletter di tutti i cinema londinesi non solo per avere la programmazione settimanale a portata di mano, ma anche per partecipare ai vari concorsi che mettono in palio biglietti gratis per le proiezioni. E finalmente, dopo settimane di tentativi, ho vinto pure io!

Al solito, il film aggratis non era tra i primi cinque della mia lista per la settimana, ma tant’è … Nella partecipazione compulsiva ai quiz per ottenere i biglietti (mica te li danno per la bella faccia che hai, devi rispondere a una domanda relativa al titolo in palio) c’era anche un documentario di Francesco Del Grosso sulla figura leggendaria di Agostino “Ago” Di Bartolomei, ex capitano dell’A.S. Roma morto suicida nel 1994.

11 Metri: the Penalty è stato incluso nella selezione di Kicking + Screening, il festival che Londra dedica da ormai due anni al calcio sul grande schermo. Creato inizialmente negli Stati Uniti nel 2009 da una giornalista sportiva (chi l’avrebbe mai detto che dietro tutto questo ci fosse una mente femminile?), Kicking + Screening ha viaggiato dall’Australia per arrivare fino in Regno Unito – e come sempre, mi chiedo perché un paese ammalato di calcio come l’Italia non venga toccato da un evento culturale cosi’ azzeccato.

Un pomeriggio lucido di pioggia mi avventuro perciò in Baker Street (che per me è essenzialmente Sherlock Holmes, ma soprattutto Gerry Rafferty), alla ricerca del cinema perduto. Everyman Baker Street e’ piccolissimo e sotterraneo, i baristi sono un po’ hipster ma cortesi, compro delle noccioline tostate e mi accomodo nel foyer in attesa della proiezione. Siamo alla terza giornata di festival, dopo un’apertura in grande stile con Fever Pitch (1997), una commedia ingleserrima ispirata all’omonimo romanzo culto di Nick Hornby, di cui peraltro quest’anno si celebra il ventesimo anniversario dalla prima pubblicazione – accidenti, è passato già così tanto tempo anche per un supergiovane come Nick Hornby…

Siccome so poco o nulla di calcio, mi sono documentata con il dovuto anticipo. Il compito è stato meno difficile del previsto, perché la figura di Di Bartolomei ha una statura cinematografica oltre che sportiva: a lui infatti si è ispirato Paolo Sorrentino per uno dei protagonisti de L’uomo in più (2001) il calciatore infelice Antonio Pisapia, interpretato da Andrea Renzi. Mi ripeto e lo so, ma dovete spiegarmi perché io il primo film di Sorrentino sono riuscita a vederlo solo a dieci anni dalla prima uscita, a Parigi: il cinema d’essai Réflet Medicis organizzava infatti una retrospettiva integrale su uno dei più grandi registi italiani contemporanei, all’indomani dell’uscita nelle sale di This Must Be The Place. Mi state dicendo che… qualcuno riesce a mangiare con la cultura?! – ma sto divagando.

A presentare 11 Metri c’è il giornalista sportivo Gabriele Marcotti, un nome di fama internazionale che purtroppo si limita a un’introduzione di prammatica, ricalcando i contenuti della voce Wikipedia su Di Bartolomei: non solo, ma insistendo sui lati più disturbanti della personalità del calciatore (mai un sorriso, e quella pistola portata ovunque nel borsello) ne restituisce un ritratto lugubre e poco invitante. Il pubblico in sala ammutolisce, sento i fruscii di chi si dimena nelle sedie, tanto da chiedermi per un breve secondo perché mai ho accettato quel biglietto gratis.

Per fortuna le immagini sullo schermo cancellano le false impressioni iniziali. Alla seconda esperienza importante di regia, Del Grosso (classe 1982) riesce a creare un documentario garbato in cui traspare un grosso lavoro di ricerca, nonostante la povertà dei mezzi impiegati: escluso il materiale d’archivio, le riprese sono disadorne, la qualità dell’immagine fa pensare a un digitale non particolarmente rimaneggiato, che di rado abbandona le “teste parlanti” dei testimoni della vita privata e professionale di Di Bartolomei.

Delle tre parti che compongono il 11 Metri (l’infanzia e gli inizi nel calcio, la stagione alla Roma, il ritiro dalle scene e la tragica fine) forse la più coinvolgente è quella che racconta i successi professionali di Ago, con le testimonianze dei compagni di squadra e dei manager. Riuscito e toccante è invece il racconto della morte di Di Bartolomei: schivando sentimentalismo e lacrime facili, Del Grosso gioca per sottrazione, tenendo la macchina pressoché fissa sul volto di Marisa, vedova di Agostino, mentre parla della sua perdita. Senza una lacrima, senza un ralenty, senza commenti fuori campo, senza musiche irritanti a sovrapporsi all’importanza del ricordo.

Uscendo dal cinema ha smesso di piovere, il buio fitto è interrotto dalla luci di Baker Street. Non credo inizierò a seguire il calcio ora, ma sono contenta di aver vinto quel biglietto. E voglio copiare qui l’incipit del manuale di calcio che Di Bartolomei non ebbe tempo di pubblicare:

Il calcio è uno sport collettivo che oppone due squadre di 11 giocatori una contro l’altra, si svolge in due tempi di 45 minuti l’uno e con molta semplicità si può giocare dovunque; in piazza, in strada, su un prato, basta avere quattro sassi per fare due porte e un pallone ben gonfio.

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