Ho inaugurato il mio blog a Linkiesta senza ringraziare (almeno non pubblicamente) chi mi ospita. Lo faccio ora, con più calma. Grazie. Vi spiego in due righe di cosa scrive questo blog. Contronotizia scrive di quasi tutto. Cerca di farlo con cura e onestà intellettuale, portando a galla anche solo un pensiero, un’idea, uno spunto per riflettere. Fatti, persone, sport, inchieste, cronache, idee e avvenimenti di cui si sente parlare poco. Cercherò di farlo con cadenza settimanale, cercando di essere puntuale. Questo post è nato da uno sforzo fisico intenso….
Ho partecipato ieri alla mia prima 10 km. La Deejay Ten. Una maratona per le vie di Milano, con partenza e arrivo al Parco Sempione. Vi confesso che personalmente è stato un traguardo. Dieci chilometri di corsa fatti in un’ora secca. Devo dire che, sebbene molto concentrata su me stessa per non perdere il fiato, ho avuto tempo per pensare. Ho avuto sessanta minuti di forte ossigenazione per pensare a un post. Mi capita spesso quando corro di partorire idee. Lo sforzo fisico prolungato è un ottimo alleato di chi scrive. Quando ho fatto la mia prima presentazione di un libro, l’intero discorso è stato preparato in circa due giri di parco Sempione.
Questa volta qualcosa turbava la mia concentrazione. La prima volta che affronti una corsa di questo tipo sei distratto da tutti gli altri che corrono con te (ed eravamo circa tredicimila), quelli che ti superano, quelli che lasci alle spalle, quelli che per un po’ si affiancano e da cui origli frasi e commenti, e la città. Milano. Ahi ahi, quanto poco calore c’è in questa città! Partiamo dallo scenario: The Day After Tomorrow, eravamo i maratoneti di quel set, una città abbandonata dai suoi cittadini. Perché? Troppo presto? Perché Domenica? Perché non lo sapevano? Ma dove erano tutti?? Solo all’arrivo? Intanto il serpentone umano correva compatto tra vie deserte. Una vecchietta ferma sul ciglio della strada mostrava il proprio disagio mettendo la gambetta secca sulle striscie impraticabili, attaccandosi al braccio del vigile urbano di turno. Ho colto al volo un: “Ma dove vanno tutti questi cretini che non posso neanche più attraversare la strada?”.
Da quello che so e da quello che mi raccontano amici runners che partecipano alle varie maratone di New York, Madrid, Lisbona, Londra, il calore dei cittadini rende vivi e ancora più emozionanti questi eventi. Applausi a ogni incrocio (applausi ancora più forti per coloro che mollano), striscioni, bambini che seguono i corridori per svariati tratti, runners con parrucche e pailletes, insomma, ti senti incoraggiato. Mi sarebbe piaciuto avere una piccola folla di sostenitori anonimi. Fa bene all’ego, al fisico, all’animo. Rafforza la consapevolezza di essere un cittadino. Aumenta l’energia che muove una città. Ci fa sentire uniti. Partecipare per condividere uno spazio, un’emozione.
Io e i tredicimila “cretini”, invece, non avevamo una città a sostenerci, avevamo una città da attraversare e basta. Che peccato. Intanto il mio fiato reggeva e la concentrazione pure. Quando siamo ritornati in zona Sempione ho avuto la soddisfazione di vedere la folla. Almeno lì, all’arrivo. Ho avuto l’emozione di vedere i miei due bimbi dietro le transenne con mio marito (che impugnava goffamente la mia macchina fotografica) in sella alle loro bici. Mi guardavano come fossi un super eroe. Gli occhioni spalancati e liquidi, i sorrisi fieri. Finalmente qualche applauso. Ognuno, però, applaudiva il proprio eroe. Quando mi mancavano pochi metri all’arrivo non so perché, mi è venuto in mente lo scoiattolo sfigato dell’Era Glaciale. La mia ghianda era a pochi metri, e i miei occhi stavano per saltare fuori (proprio come quelli dello scoiattolo).
A me piacciono le domande, e una mi è venuta in mente quando ho fermato il mio Garmin: Ma perché in questa città c’è così poca compartecipazione?