“Non esiste solo un’economia, ma anche una letteratura sommersa”, con queste parole inizia un articolo di Claudio Magris pubblicato qualche mese fa sul Corriere della Sera intitolato “In difesa degli scrittori sommersi”.
“C’è un’Italia che scrive a ritmo serrato – continua Magris – che produce un mare di letteratura inedita e destinata all’inedito, non meno significativa del mare di carta stampata”.
Magris riceve circa 15-20 libri a settimana, 800 l’anno, da aspiranti scrittori in attesa di un suo giudizio, o raccomandazione, sui loro manoscritti.
Secondo il celebre scrittore triestino non si può conoscere a fondo la letteratura di un paese senza aver letto un buon numero di testi inediti. Talvolta, il valore letterario di queste opere, supera quello di molti libri pubblicati. Più che vero, ma un discorso di questo genere rischia di creare pericolose conseguenze. Come si può valutare il valore letterario di un’opera? Partiamo dal presupposto che la qualità di un libro è soggettiva. Anche un testo considerato un grande classico può non piacere a tutti. Sicuramente un giusto criterio non sono le vendite e nemmeno il fatto che un libro sia pubblicato. Al giorno d’oggi tutti possono pubblicare. Al di là della cosiddetta vanity press (editoria a pagamento) grazie ai siti di printing on demand con pochi euro si manda in stampa il proprio lavoro con risultati drammatici. Chiariamo una cosa: io sono totalmente contrario alla democratizzazione della letteratura contemporanea. Tutti sono liberi di scrivere, per carità, ma non tutti possono e devono pubblicare. Uno dei grandi drammi dell’editoria italiana è la sovrapproduzione del mercato editoriale. Escono ogni giorno quasi trecento libri e gran parte sono illeggibili. Pieni di refusi, storie zoppicanti, impaginazioni sbagliate, libri di scarsa qualità. Oggi, anche grazie al digitale, chiunque si sente in diritto di pubblicare un libro. Non conta se non c’è stato editing, se e’ stato rifiutato da decine di editori: la mamma e il migliore amico hanno detto che è un capolavoro!
E gli editori? Gli editori contribuiscono a questo mal costume mandando in stampa testi per nulla meritevoli con scarsa cura del “prodotto libro”.
Capisco, ma non condivido, quanto scritto dal più grande scrittore italiano contemporaneo, Claudio Magris. “Se la letteratura inedita è meglio di quella pubblicata” rischia di essere un boomerang che legittimi le migliaia (milioni?) di italiani che ancora non sono rusciti a pubblicare un libro ma che hanno un testo nel cassetto.
Difendiamo la letteratura e i libri editi e pubblicati da chi ancora crede nell’editoria di progetto e nella forza del catalogo.
Francesco Giubilei
TWITTER: @francescogiub