La campagna per le primarie si sta svolgendo in un clima politico artefatto perché non prevede il confronto dei tre candidati con un avversario del campo avverso. La battaglia politica elettorale, quella vera, si svolgerà invece con questo protagonista, o questi protagonisti, in campo. Non è una differenza di poco conto.
Oggi i tre candidati se le danno di santa ragione nella presunzione che il vincitore delle primarie sarà il premier del paese. Nella battaglia vera questo risultato sarà incerto. Vorrei che i tre candidati cominciassero a pensare che sarà più che incerto. Per come si sono messe le cose, il ritiro di Berlusconi, ancorché a metà perché è prevista la sua rielezione in una delle camere, apre il campo a una successione che può riordinare il centrodestra. Le primarie del PdL avranno il valore di ridare fiducia al proprio corpo elettorale che sarà chiamato a scegliere l’uomo o la donna a cui simbolicamente sarà affidato lo scettro del comando.
Tuttavia il vincitore o la vincitrice dovrà fare i conti con due situazione diverse. La prima è che il campo del centrodestra sarà ancora a lungo frastagliato e chi vincerà dovrà considerarsi, più che un unto dal Signore, un federatore onesto e diligente. Il secondo è che su tutto si staglierà l’ombra di Monti o di una figura che gli assomigli.
Qui si intreccia la vicenda del centro-destra con quella del centro-sinistra. C’è un’analogia fra oggi e ieri e riguarda l’ottusa certezza di molti esponenti del centro sinistra di aver già vinto le elezioni visto il default dell’avversario. Nascono da qui le ambizioni e il gran discorrere, soprattutto fra i giovani turchi, di ministeri e sottosegretariati. Occhetto, come si sa, perse malgrado avesse più ragioni per essere ottimista visto il clamore delle amministrative che precedettero le politiche. Perse perché sottovalutò Berlusconi, la cui discesa in campo gli apparve segno di sconfitta delle destre più che di travolgente novità, e perse perché non capì che il paese ha una maggioranza conservatrice e che l’anticomunismo, come ricordano gli storici Colarizi e Gervasoni, ha una influenza determinante sullo spirito pubblico da quasi un secolo. Per di più la cultura profonda del paese è ancora ridondante di anatemi e progetti liberisti che fanno il paio con l’accresciuto discredito dello Stato.
Una sinistra che si rispetti, anche una sinistra sui generis come quella di Renzi, dovrebbe fare i conti con queste e altre pulsioni simili. Neppure Renzi può scrollarsi di dosso il passato del campo che vuole guidare e stravolgere. Soprattutto non può immaginare che il campo a noi avverso, come diceva Veltroni, resti fermo a prendere le botte.
Il centrodestra sta diventando un vero cantiere, all’inizio si vedranno solo calcinacci e tanta polvere, strada facendo si comincerà a vedere l’alzarsi dei primi muri maestri. Monti, per di più, non è più assertivo come prima nel negare un suo coinvolgimento nella politica. Bersani e i suoi sono troppo trancianti nel negare un suo nuovo impegno politico in cambio di un confuso progetto di collocazione al Quirinale. La verità è che il centrosinistra, tutto intero, non si sta spostando a sinistra come dicono i suoi critici, anche interni, ma sta perdendo contato con i possibili leader del fronte moderato, tutti: dai centristi a Luca di Montezemolo a Monti. Ecco perché, illudendosi di aver già vinto, sta costruendo la propria sconfitta. Questa volta definitiva.