Quello alla Penisola di Valdés, è il viaggio che in Argentina mi ha più emozionato, forse perché la potenza della natura qui si manifesta in modo molto agrodolce, con un’asprezza e allo stesso tempo una dolcezza, che non può non commuovere. L’oceano aperto, il vento costante, il silenzio degli spazi sconfinati e gli animali in libertà, lasciano una traccia indelebile nell’anima di chi ha la fortuna di visitare questa zona particolare della Patagonia argentina.
Situata lungo la costa atlantica nella Provincia di Chubut, a 1.500 chilometri a sud est di Buenos Aires, la Peninsula Valdés è una riserva naturale di 3.600 ettari, abitata prevalentemente da mammiferi marini. Pinguini, foche, elefanti marini, orche e balene popolano i più di 400 chilometri di estensione costiera di questa terra pianeggiante, solitaria, arida e perennemente tormentata dal vento, dove vivono nandù, guanachi, lepri, armadilli, volpi, 181 specie di uccelli e pochissime persone. La città più vicina, Puerto Madryn, si trova a 90 chilometri di strada sterrata, all’inizio dell’istmo per il quale si accede alla penisola e per il quale si arriva a questo territorio naturale assolutamente unico.
Dichiarata Patrimonio dell’umanità dall’UNESCO nel 1999, la Peninsula Valdes è una delle più importanti riserve di fauna marina e avicola del mondo. La sua principale attrazione risiede nella possibilità di osservare da vicino gli animali, in particolare la balena franca australe, che migra nel golfo della penisola fra Maggio e Dicembre, per l’accoppiamento e il parto. Settembre e Ottobre sono i mesi migliori per godere di questo spettacolo.
Qui le acque sono più calme e più calde che in mare aperto e la quiete della riserva permette alle balene di mettere al mondo i loro piccoli in una quasi totale tranquillità. Dico quasi perché l’avvistamento delle balene è diventato una delle più grandi attrazioni turistiche della zona, seppur questo non sembra costituire per loro una grande preoccupazione. Piuttosto, sembrano quasi al corrente che sia diventato un vantaggio verso la loro salvaguardia.
Da Puerto Pirámides, l’unico centro abitato della zona, che si affaccia a un piccolo porto sulla costa della riserva naturale, partono imbarcazioni che costeggiano il golfo e che portano i turisti a conoscere la fauna marina locale. Ricordo bene la prima volta che sperimentai quest’avventura: la barca venne trainata con delle cime da un trattore sulla spiaggia, riempita di turisti equipaggiati di cerate giallissime e enormi salvagenti, e poi di nuovo lentamente spinta in mare. Se non fosse stato per il freddo e il mare mosso, non sarei più scesa da quell’ingegnosa imbarcazione: solo qualche minuto dopo, a pochi metri da terra, appena al largo, spenti i motori, da dietro la poppa della barca vidi apparire una gigantesca coda scura, argentata, meravigliosa. Era proprio lei: la balena franco australe, di cui tanto avevo sentito parlare, su cui tanto avevo fantasticato dopo aver letto infiniti racconti sulla Patagonia, e che finalmente si mostrava in tutta la sua grandiosità e bellezza proprio davanti ai miei occhi. Questi impressionanti cetacei, che pesano fra le 3 e le 55 tonnellate, e misurano fra i 5 e i 16 metri, sono di indole dolcissima e ogni loro movimento, per vicino che sia, non provoca alcun pericolo alle imbarcazioni, solo qualche innocuo spruzzo. Tra salti spettacolari e movimenti incalzanti, le balene a volte si avvicinano come fossero animali domestici, quasi volessero essere accarezzate.
L’escursione in mare dura circa un’ora ed è un tempo che si vorrebbe prolungare all’infinito perché lo spettacolo delle balene è qualcosa che non si dimentica. Così dal 2003 mi sono iscritta al programma dell’Instituto de Conservaciones de ballenas (www.icb.org.ar), che permette adottare le balene della penisola, e proteggerle così dall’estinzione, una minaccia reale e imminente. Grazie a questo programma le si conosce per nome, una ad una, ed è possibile seguire la loro storia nel tempo. Espuma, la balena che abbiamo adottato noi come “strategia ambientale familiare”, è nata in Península Valdés nel 1994. Il certificato di adozione mostra la sua foto e il suo nome, e negli anni abbiamo ricevuto per posta il registro delle osservazioni fatte sui suoi comportamenti. L’avevamo scelta perché è albina, diversa dalle altre. Ci aveva particolarmente attratti per il suo comportamento umano: ci seguiva ovunque e si avvicinava, come se volesse parlarci. Siamo tornati a trovarla due anni dopo e l’abbiamo ritrovata subito, appena usciti in mare. Sembrava fosse lì ad aspettarci.
Oltre a Puerto Piramides, un altro luogo idoneo all’avvistamento di balene è Punta Ninfas, fuori dalla riserva naturale, meno turistico, ma altrettanto ricco di fauna. Qui, dopo aver percorso 100 chilometri di ruta de ripio (strada ghiaiosa non asfaltata) dall’aeroporto di Trelew, dove arrivano quotidianemente voli diretti da Buenos Aires, si arriva a una lussuosa antica estancia chiamata El Pedral, immersa in 100 ettari di terra patagonica che si affaccia sull’Oceano, dove la convivenza con le balene è parte della quotidianità.
Consiglio questo viaggio a grandi e piccoli, a chi ama la natura, e a chi non le presta particolare attenzione. Difficile, dopo quest’esperienza, lasciare la Patagonia senza un certificato d’adozione in tasca…