Tra Foglio e Panorama, passando per l’Infedele di Lerner, Pietrangelo Buttafuoco nelle ultime settimane non ha risparmiato anatemi, avvisi e colte censure sulla Sicilia: prima, durante e dopo i pasti dell’ultima campagna elettorale.
Dopo aver magnificato Raffaele Lombardo scomodando l’uomo sciasciano “di tenace concetto”, poi consegna l’ex Presidente della Regione Sicilia alle patrie “fogne del potere del Lombardismo e del Cuffarismo”. Da Trombettiere (e Vate) del regime siciliano a Fustigatore: ma un utile aforisma di Churchill che abita negli archivi della storia, attende lo scrittore a braccia aperte.
“Lombardo non riesce manco a scegliersi i Trombettieri” esclamò una volta ai microfoni di Radio Radicale lo scrittore Alfio Caruso nel commentare le formidabili piroette di Pietrangelo Buttafuoco. Chi abbia scelto chi, ancora non sapremmo dire. Certo è che Buttafuoco si è lasciato (e si lascia andare) ad entusiasmi mica male “endorsando” di-volta-in-volta i soggetti con impareggiabili doti adulatorie ed annettendoli persino, come nel caso di Lombardo, a personaggi pescati dal variegato pantheon letterario: Sciascia incluso. “Caro Franco Battiato, ancora non sai in che pasticcio ti sei cacciato” è l’ultima perla scritta dallo scrittore via Panorama e indirizzata all’assessore alle Meccaniche Celesti di Crocetta, sul processo di “cucinottizzazione” che ha pervaso la gestione della cultura finora alimentato dalla ex giunta regionale di Lombardo. Se da un lato lo scrittore ha avuto una acrobatica attitudine a sposare i suoi riferimenti (prima endorsa Raffaele Lombardo, poi firma l’appello a favore di Claudio Fava, poi piroetta su Nello Musumeci) ora è sull’incolto terreno del prodotto culturale, foraggiato a go-go con tanto di finanziamenti dalla Regione Sicilia, che Buttafuoco lancia critiche e avvertimenti. Tutto sommato, una volta tanto, lo ha fatto con alcuni ragionevoli argomenti che, opportunamente visti dal generoso bancomat di Palazzo D’orleans che “legge” solo determinate bande magnetiche, demoliscono la battuta sulla cultura-panino resa celebre da Tremonti. Se Buttafuoco comunque fosse un software sarebbe alla versione 15.01 beta: se si tiene conto dei suoi cambi di entusiamo.
E’ a cominciare dal 2005 in poi che il Buttafuoco comincia a suonare le fanfare. Il 2005 è un anno chiave per l’entusiasta scrittore-giornalista. Fu un anno particolare. Si andava a votare per il rinnovo del consiglio comunale di Catania. Quella tornata lì venne classificata come un test elettorale nazionale che portò persino Berlusconi nella città di Vitaliano Brancati ed inviati di prestigio come Aldo Cazzullo a raccontarla. Dopo aver ereditato da Cuffaro un posto da parlamentare europeo (era il primo dei non eletti e Totò dovette dimettersi per incompatibilità con la carica di Presidente della Regione Sicilia), l’allora presidente della Provincia etnea Raffaele Lombardo si rilancia in campo lasciando l’Udc per fondare il Movimento Per le Autonomie che di lì ad un tot di anni, continuerà a segnare fino ai giorni nostri il governo delle cose sicule piazzando letteralmente un franchising di quattro liste in quelle “comunali”. Quelle elezioni che tributarono un successo elettorale a Lombardo, iniziarono la polverizzazione del Pdl ex 61-a-0 in nome di una neo-autonomia o persino di neo-milazzismo. Buttafuoco rimase fulminato non sulla strada di Damasco ma su quella di Grammichele (località dell’entroterra catanese che ha dato i natali al leader dell’Mpa). Peccato però che Buttafuoco non si rese conto che già, la stessa operazione di partenza del 2005 proposta da Lombardo in nome di una “rivoluzione”, non fece altro che far riconquistare agli elettori il sindaco di una delle città più indebitate d’Europa: Umberto Scapagnini medico personale di Berlusconi e creatore del leggendario elisir. Ad onor di cronaca non furono in pochi a rimanerne affascinati, chi-più-chi-meno, dal fenomeno Lombardo: e Buttafuoco si ritrovò in buona compagnia. Da Lerner ad Emanuele Macaluso arrivando fino ad un Massimo D’Alema che nel 2005, uscendo da un forum dell’Aspen tenuto nella straordinaria cornice di Monreale, ai cronisti additò il fenomeno Lombardo come “clientelismo protettivo”. Le cose poi sono andate come sono andate in Sicilia e la cronaca fatta sta lì impietosa fino ad aver indotto alcuni a rimpiangere il passato, Trombettiere incluso: “ogni volta che passo davanti ai cancelli di Rebibbia, a Roma, la casa circondariale dove è detenuto Cuffaro, mi ritrovo a gridare: “Scusa, Totò”.
Il rapporto tra Lombardo e Buttafuoco nasce da una amicizia tra lo scrittore e un personaggio “del posto”. Sarà tale Nuccio Molino, catanese portavoce e uomo macchina dell’ex governatore di Grammichele, a presentare personalmente Buttafuoco a Lombardo. Il rapporto tra Molino e Buttafuoco è tale che nel 2006 il Trombettiere scrive di suo pugno una prefazione per “Il movimento per l’Autonomia di Raffaele Lombardo”, l’instant-book biografico realizzato proprio dal portavoce dell’ex presidente siciliano. In quella prefazione già si palesa l’entusiasmo del Trombettiere: “cultore dello stare sottotraccia, Molino è anche un testimone partecipe, volenteroso e fazioso dell’unica stagione interessante dell’attualità politica: l’autonomismo di Raffaele Lombardo”. L’entusiasmo viene subito colto da Raffaele Lombardo che, nel 2007, a Scapagnini “indica” la nomina di Buttafuoco a presidente del Teatro Stabile di Catania. Per infilare quel nome dovettero cacciar via Pippo Baudo che non la prese bene-bene: “Questa storia è il frutto dell’alternanza politica tipica del nostro ordinamento di vita sociale e amministrativa. Viviamo per schemi che risentono purtroppo delle contrapposizioni politiche” disse il Nazionalpopolare nato a Militello Val di Catania, a pochi passi dalla Grammichele lombardiana.
Nel 2009 la fanfara adulatoria del Trombettiere raggiunge il suo apice scomodando Sciascia in uno dei momenti più tragicomici: quando i destini di cronisti-artisti-scrittori-sceneggiatori-all-inclusive, si incrociano e si intervistano a vicenda. E’ Felice Cavallaro a raccogliere un’altra perla adulatoria di Buttafuoco via corrierone con un pezzo-intervista il cui titolo è tutto un programma: “Addio cliché, Lombardo interpreta la Sicilia vera”. Nel lodare il contesto da laboratorio (di pasticceria, semmai) in cui si muoveva Lombardo, Pietrangelo Buttafuoco consegnò alla penna di Cavallaro un paio di annessioni letterarie che faranno storia negli almanacchi delle adulazioni: “in Lombardo manca la stucchevole malinconia dei gattopardi di Tomasi di Lampedusa… Calza meglio la categoria dell’uomo di tenace concetto”. Ora. Premesso che oramai persino Angelino Alfano ha pari-pari preso in prestito la medesima pubblicità comparativa nei riguardi di Marina Berlusconi: non è che poi Fra Diego La Mattina, l’uomo “siciliano di tenace concetto” contemplato da Sciascia in Morte dell’Inquisitore, abbia fatto proprio-proprio una bella fine sia nel romanzo quanto, appunto, nelle doti adulatorie di chi lo scomoda. Ahi-noi: povero Leonardo Nanà Sciascia.
Nel 2010 l’opera del Trombettiere prosegue e si ripropone davanti ad una Lilli Gruber illuminata dalla presenza dei suoi ospiti in una puntata di Otto e Mezzo: Franco Battiato e Pietrangelo Buttafuoco. La confusione sugli attori rivoluzionari e innovatori della politica è ai massimi livelli. Battiato in quella trasmissione aveva appena fatto un endorsement al governatore pugliese (“voterei Vendola in questo momento”), un secondo dopo che la Gruber in studio gli fece notare di aver votato Bersani alle elezioni. Poi arriva il turno di Buttafuoco con un’altra fanfara: “la politica è impazzita ma, malgrado tutto, io credo ci siano delle cose che si stanno muovendo: c’è il caso di Vendola, in Puglia: ma la sorpresa su cui nessuno parla è quella siciliana” con chiaro riferimento al ruolo di Raffaele Tenace Concetto Lombardo.
Via-via si arriva ai giorni nostri, all’ultima campagna elettorale siciliana. Buttafuoco rende omaggio al proprio cognome ed incomincia ad usare la tromba come uno spietato lanciafiamme sia vs Crocetta quanto vs Lombardo. Dopo aver sottoscritto un appello per la candidatura di Claudio Fava, il Trombettiere piroetta nuovamente e appoggia Nello Musumeci scrivendo su Il Foglio de Le Paludi Di Sicilia, “endorsando” tra le righe il candidato che il Pdl aveva piazzato come avversario di Crocetta. Nella palude si leggono gustosi aneddoti come quello che rimanda al comizio siciliano tenuto da Giorgio Almirante e Filippo Anfuso nel 1952, a Castelvetrano, città di Giovanni Gentile. La citazione non è casuale: non foss’altro che l’esponente di Destra Nello Musumumeci, candidato dal Pdl alle ultime elezioni regionali, è l’autore del libro “L’ambasciatore Anfuso: Duce, con voi fino alla morte”. I colti anatemi di Buttafuoco nell’ultimi due mesi sono diversi e assortiti (datevi pure da fare via Google perchè si rischia poi riempirvi di link più di quanto non sia già stato fatto) e sono arrivati pure qui nell’intervista che il Trombettiere ha rilasciato a Giuseppe Falci de Linkiesta.
Ora Buttafuoco mette in guardia Franco (Battiato) che però – a differenza del Trombettiere – almeno si è guardato dal fare endorsement ad personam a politici di vario titolo nei testi delle sue opere. Per carità: scagli la prima pietra chi non si è fatto travolgere da facili entusiasmi nella vita. Tuttavia. Dopo questo meraviglioso repertorio di fanfare, caro Buttafuoco, una domanda sorge spontanea: se persino Pannella dopo alcuni anni ha messo in discussione la leggendaria antropologia abruzzese. sfidando la propria cocciutaggine, nell’ammettere i propri errori su Oscar Luigi Scalfaro: non credi che tra una strombazzata e l’altra, televisiva o scritta che sia, ci possa stare qualche onesta nota autocritica?
Così, per goliardico dispetto, ci si guarda dal citare riferimenti cari a Buttafuoco come “sua eccellenza” ambasciatore della Republica di Salò Filippo Anfuso: un utile aforisma proveniente da una icona della splendida (e non perfida) Albione in questo caso calza a pennello:
“Il rimangiarmi le mie parole non mi ha mai creato l’indigestione”, (Winston Churchill).
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